martedì 30 luglio 2013

Superman, prima di Man of Steel


Giusto per mettere le cose in chiaro:
al cinema Superman ha questo volto














Clark Kent questo

















Lex Luthor invece questa faccia


















E per finire Lois Lane si presenta così


Mi riferisco a Superman di Richard Donner del 1978.

Che, tra gli altri, nel cast presentava Marlon Brando e Glenn Ford, rispettivamente padre “naturale” e padre “putativo” del supereroe.




Insomma Superman di Richard Donner è il  miglior film sul supereroe originario del pianeta Krypton (anche il seguito non è affatto male). E poi Donner, successivamente, avrebbe diretto  I Goonies, tutta la serie di Arma Letale e Lady Hawke (se non li avete ancora visti rimediate al più presto!)


È chiaro perché, allora, Man of Steel/ L'Uomo d'Acciaio, di Zack Snyder non mi sposta di un centimetro?

E vai di colonna sonora!


lunedì 29 luglio 2013

Citazioni Cinematografiche n.3


Lyn Cassady: Era il Dim Mak.
Bob Wilton: Il Dim Mak?
Lyn Cassady: Il Dim Mak. Il palmo tremolante, il tocco della morte; è proibito nell'Esercito Nuova Terra.
Bob Wilton: Che fa il tocco della morte?
Lyn Cassady: Ti uccide Bob, con un tocco.
Bob Wilton: Signore!
Lyn Cassady: Si racconta che Wong Wi Fu, il grande maestro di arti marziali, stava... lottando contro uno, stava per sconfiggerlo. E l'altro gli diede questo leggero... colpetto. Wong lo guardò e il tizio annuì e basta, e fu fatta. Gli aveva dato il tocco della morte. Wong morì .
Bob Wilton: Lì per lì?
Lyn Cassady: No... circa 18 anni dopo. È questa la cosa del Dim Mak, non sai mai quando farà effetto.

(Lyn Cassady/George Clooney e Bob Wilton/Ewan McGregor in “L’uomo che fissa le capre” di Grant Heslov – 2009)


sabato 27 luglio 2013

Didascalis, oltre lounge e chill out


Confesso che quando sento termini come lounge e chillout mi prudono le mani, ovvero scatta in me un certo nervosismo e fastidio. Questo perché, ormai, complice un certo imbarbarimento dei costumi e la dilagante stupidità delle genti che frequenta bar e ristoranti, la musica lounge ed il chillout, persi la loro dignità, vengono di fatto associati ad aperitivi e happy hour.

Smarrita la funzione di accompagnamento delle visioni di film, o di stimolo di sensazioni e momenti di convivialità soft, capita che queste sonorità mi stimolino soltanto la visione di giovani (e meno giovani) uomini e donne che si ingozzano di pizzette, piatti di pasta fredda, insalata di riso (orrore gastronomico!!), olive e capperi ingollando bicchieri ricolmi di beveroni dai colori tanto variegati quanto improbabili. Questi fenomeni da baraccone, che si credono dei veri divi e delle fighe da competizione, si aggirano per street bar e luoghi di ritrovo alla moda pavoneggiandosi con il nuovo I-Phone o sfoggiando pettinature e incarnati da circo Barnum, con in mano bicchieri di varie fogge e rimpinzandosi delle peggio schifezze presenti sui banconi.

Ora il mio biasimo non è rivolto alla corsa alle vivande, poiché, considerando quanto ti chiedono per uno spritz od un negroni, mangiare come se non ci fosse un domani è quantomeno condivisibile, bensì mi colpisce il fatto che i gestori di questi covi di banditi dispensatori di bevande si impegnino anche a scegliere e selezionare la “musica di sottofondo”, come se agli avventori fregasse veramente qualcosa e ci fosse qualcuno, fra i pagliacci che bevono compulsivamente qualunque intruglio dal nome evocativo, veramente in grado di apprezzare i brani e le musiche proposte.

Recentemente, vinta una certa personale reticenza, ho avuto l’occasione di ascoltare in Rete i brani che compongono l’album “Enjoy My Wrong Shoes“, ad opera del progetto Didascalis. Mi era stato proposto come un’opera chill-out e come tale mi sono apprestato ad ascoltare i 13 brani che lo compongono. Sembrava dovesse risolversi tutto in un omaggio ai Depeche Mode (in simpatica coincidenza con il tour italiano) ed in una serie di cover, più o meno riuscite, di famosi brani della band inglese.


Ma la sorpresa era dietro l’angolo! Dimentichiamo il chill-out da struscio del venerdì. Le versioni proposte sono accattivanti e gradevoli all’ascolto, anche ripetuto e senza l’intervento di alcool o altre sostanze. Viene creato un interessante intreccio di sonorità, che stimolano una sensazione di piacevolezza.

Spesso, nel caso di omaggi e cover, si oscilla fra buona tecnica, che tenta di imitare l’originale, e velleitari tentativi di “riscrivere” le canzoni. Nel primo caso, se tutto va bene, si viene intrattenuti e si gode nel sentire brani conosciuti e riproposti con “mestiere” e con onestà, nella seconda possibilità sovente ci si infastidisce ed il malumore ci rovina la serata.
L’album “Enjoy My Wrong Shoes“ invece tenta una terza via: le canzoni si vestono di un taglio completamente nuovo, reso personale da chi esegue i brani, con suoni accattivanti che si mescolano per donarsi all’ascolto. Impossibile dimenticare gli originali, per carità, ma abbandonando fondamentalismi e ricerca di purezza a tutti i costi, l’ascolto ne guadagna e ci si sorprende, positivamente, di gran parte delle scelte.

Chi scrive non è propriamente un fan dei Depeche Mode, ma conosce pressoché tutti i brani della track list (tra cui è compreso un interessante inedito originale a firma Didascalis), questo principalmente a causa di una adolescenza e gioventù onnivora ed un po’ disperata. 

Enjoy The Silence” e “Walking In My Shoes“, per rimanere fra i cavalli di battaglia, ad esempio vengono reinventati, se non stravolti, per divenire “altro” dalla loro versione originale, in modo gradevole, che ripaga dell’ascolto. In particolare il secondo brano viene presentato in due versioni: quella a me più gradita è la traccia 12 (la più lunga) dove accordi e sonorità sono talmente lontani dalla versione “classica” da guadagnarsi vita autonoma.

Persino in brani più “semplici” la voce e gli strumentisti fanno alla grande il loro lavoro: mi riferisco a It’s No Good, che beneficia di un arricchimento e di un lavoro di rielaborazione che esalta quello che, nei fatti, è un pezzo tanto amato quanto “povero”.


I pezzi che più ho apprezzato sono quelli in cui la voce di Davide Marani (questo il nome che si cela dietro Didascalis) è accompagnata da tromba, contrabbasso o sassofono, passando da suggestioni jazz a elementi swing che solleticano la fantasia. Mi ha convinto meno la seconda voce, femminile.

L’omaggio, dichiarato, è completo e si risolve in un atto d’amore, quasi come fosse un obbligo di riconoscenza da parte di chi ammette di essere cresciuto, tanto come uomo che come artista, attraverso la musica dei Depeche Mode. Ma lo fa non ricalcando, bensì rielaborando una eredità e facendola vivere di una nuova vita, con rispetto ma anche con la libertà e la consapevolezza di chi sa coniugare tecnica e sentimento


Insomma Enjoy My Wrong Shoes“, quarto album a firma Didascalis, ammorbidisce o sottolinea i brani originali, esaltandone alcuni pregi o, di contro, abbandonando la versione dei Depeche Mode per farli divenire nuova creazione con nuove firme. Estetismi sonori qua è la rischiano di appesantire l’ascolto, ma non è obbligatorio ascoltare i brani in un’unica sequenza, anzi il mio consiglio è di scomporre la track list a proprio costume ed uso.

Questo basterà per fare di me un appassionato di suoni soft, tra elettronica e richiami a bossa nova e jazzy music? Non credo, ma sarebbe un peccato se questi brani finissero per fare solo da sottofondo ad eccessi etilici di strappone ipertruccate, playboy in tono minore, ragazzine con ego ingiustificabile o figli di papà maniaci di palestra e centri abbronzatura!

Enjoy My Wrong Shoes“: prodotto, arrangiato, suonato, cantato e concepito da Davide Marani.

Collaborano: Valentino Bianchi sax soprano; Francesca ‘Frensy’ Castorri vocals e backing vocals; Gionata Costa violoncello; Andrea ‘Andy G’ Guerrini trumpet, muted trumpet e brass section; Mauro Mosciatti chitarra elettrica.


venerdì 26 luglio 2013

Nemici


Mi sono seduto lungo il fiume ed ho aspettato per un po’…
Poi mi sono alzato e me ne sono andato a casa.

I miei nemici godono di ottima salute!

mercoledì 24 luglio 2013

Film sul cibo o in cui si mangia... molto




La grande abbuffata
Il pranzo di Babette
Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante
Pomodori verdi fritti
Big Night

Ricette d’amore
Ratatouille

Una cena quasi perfetta

JULIE & JULIA

SOUL KITCHEN

Festen
La cena
Pranzo di ferragosto

Un’ottima annata

Super size me

Mangiare bere Uomo donna

SIDEWAYS
Tampopo
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato
Chocolat
Mangiare bere uomo donna
Per incanto o per delizia

Soul Food - I sapori della vita

Mildred Pierce
Chef
Storie di cucina - Kitchen Stories
La mia cena con André

Ricette d'amore

Waitress - Ricette d'amore

Una cena quasi perfetta


 



lunedì 22 luglio 2013

Citazioni Cinematografiche n.2


Ho sempre sognato di incontrare una ragazza spigliata, gentile, dall'aspetto gradevole, che non mi trovasse troppo repellente. Io le chiederei di sposarmi, e vivremmo felici e contenti per tutta la vita. Tra i miei genitori ha funzionato, a parte il divorzio e tutto il resto”

(Tom/James Fleet in Quattro matrimoni e un funerale, di Mike Newell - 1994)


sabato 20 luglio 2013

Dieci indagini per Martin Beck


«È il padre di tutti noi, il vero fondatore del crime scandinavo»: con queste parole Jo Nesbø ha definito Per Wahlöö, scrittore, giornalista e traduttore svedese, scomparso nel 1975.
Wahlöö esordì come scrittore negli anni Cinquanta, conquistando già con i suoi primi romanzi il pubblico scandinavo. La fama internazionale, però, arrivò più tardi. Dopo aver incontrato Maj Sjöwall, più giovane di dieci anni, che lavorava nella casa editrice Esselte. Se ne innamorò e nacque una relazione che durò fino alla morte di Wahlöö e che fu l’inizio di un sodalizio artistico incredibilmente proficuo

Nel 1965 la coppia diede alle stampe Roseanna, che inaugurava le indagini di quello che sarebbe diventato uno dei più famosi detective della letteratura scandinava, Martin Beck. Le vicende di Martin Beck andranno avanti fino all’ultima indagine, Terroristi, arrivata dieci anni (e dieci libri) più tardi. 

La caratteristica peculiare dei romanzi di Wahlöö e Sjowall, è la fortissima valenza politica, l’attenzione ai temi e questioni sociali della Svezia e dell’Europa di quegli anni. Elemento che sarà ripreso, dagli anni 90 in poi, da gran parte degli autori scandinavi di thriller, gialli e noir. Henning Mankell fra i maggiormente degni di nota, con la serie del commissario Wallander.


I due autori furono abilissimi nella creazione di intrecci, a volte sorprendenti, a volte più semplici, sia pieni di suspense che “ordinari”, ma soprattutto riuscirono a trasformare la letteratura di genere in un potentissimo strumento di critica alla gestione dello Stato, creando un perfetto equilibrio, come prima di loro nessuno aveva fatto, tra giallo e romanzo sociale.

Romanzo dopo romanzo, seguiamo la vita e la carriera di Martin Beck e dei suoi colleghi, in servizio a Stoccolma. Martin Beck nei primi romanzi è un infelice marito e padre di due teenager, successivamente sarà un uomo divorziato, che ottiene diverse promozioni, apparentemente con suo rammarico. Inizia la sua carriera come ispettore per poi diventare ispettore capo, attraverso indagini che lo coinvolgono e lo modificano nel carattere e nel fisico, accompagnandosi a colleghi che stima ed altri che detesta, presentando al lettore la sua professionalità e la sua umanità, nei momenti bui ed in quelli più lieti, passando anche per un grave ferimento che lo porta in pericolo di vita.
Gli autori Per Wahlöö e Maj Sjöwall sono considerati tra i fondatori del “poliziesco procedurale” ed ancora oggi sono leggibili e godibili. Questo se risulta chiaro che non ci si deve aspettare una serie di “cacce all’uomo” tutte azione ed inseguimenti, trame elaborate e serie infinite di personaggi che fanno a gara a rubarsi la scena. In questi romanzi si “tocca” e ci si confronta con la quotidiana fatica di investigatori e poliziotti, con l’apparente normalità di delitti e morti che in molti casi non balzano all’onore della cronaca, con l’impegno di uomini e donne che fanno il loro dovere, quello che ritengono sia giusto fare, o semplicemente vivono come possono vivere altri uomini ed altre donne, alle prese con le loro private questioni.

Cosa affascina quindi di questa serie, resa molto bene dall’ottimo lavoro di traduzione dallo svedese da parte di Renato Zatti? Tutto questo e la presa di coscienza di Martin Beck che, un’avventura dopo l’altra, diviene una persona conosciuta, vicina, quasi un amico od un discreto vicino di casa verso cui proviamo sincera simpatia ed affetto, nei suoi limiti e difetti, nelle sue avversioni e passioni e nella capacità di fare i conti con se stesso e con la società in cui vive. La narrazione è molto realistica, ogni capitolo di ogni romanzo (scritto alternativamente da Wahlöö e dalla Sjowall ) presenta azione e freschezza o momenti di riflessione e meditazione, sulla procedura investigativa e su ciò che gli accade intorno. Non mancano momenti di azione, ma i colpi di scena non sono il fulcro della narrazione, non sono espedienti o soluzioni per attrarre il lettore, bensì calibrati e dosati per far sì che si inseriscano al meglio nella trama.

La coppia di scrittori svedesi, ed il personaggio da loro proposto, non ama la ricerca fine a se stessa delle atmosfere, di esotiche suggestioni lontane dalla realtà, bensì predilige una certa asciuttezza stilistica e la proposizione di fatti concreti.

Il realismo e l’indagine sociale, in alcuni episodi, effettivamente appesantisce un po’ la narrazione, ma non pregiudica il gusto della lettura, poiché comunque i 10 romanzi sono tutti apprezzabili e soddisfacenti, ovviamente date le premesse di cui sopra (si parla sempre di romanzi svedesi di ormai 50 anni fa per i primi episodi!). Inoltre alcuni dei temi toccati dagli autori, come ad esempio i metodi brutali delle forze dell’ordine o le aberrazioni di un capitalismo cieco ed arrogante, la dittatura del denaro e le difficoltà sociali, sono di stringente attualità.

In Italia, dopo la Garzanti che aveva interrotto la serie negli anni 70, tutti i 10 romanzi della serie sono pubblicati da Sellerio, che però ha commesso il “delitto” di riproporli non rispettando la cronologia originale di pubblicazione. Ora però, a serie conclusa, chi si avvicini a Martin Beck ed alla polizia svedese anni 60 e 70, con le sue trasformazioni e le modifiche sociali e culturali a cui è andata incontro, può godere, se vuole, a leggerli “in fila”.
Di seguito i titoli della serie in ordine cronologico (e di auspicabile lettura):
Roseanna 
L'uomo che andò in fumo
L'uomo al balcone
Il poliziotto che ride
L'autopompa fantasma
Omicidio al Savoy
L'uomo sul tetto
La camera chiusa
Un assassino di troppo
Terroristi

giovedì 18 luglio 2013

Long Wei numero 2



Due giorni fa è uscito ed ho letto il numero 2 di Long Wei, la nuova serie pubblicata da  Editoriale AUREA.
L’impressione positiva avuta dal numero 1 è non solo confermata ma si aggiunge qualcosa di più che fa ben sperare. Il livello qualitativo di storie e disegni è incoraggiante e la speranza è che si attesti su quanto ammirato in questo numero (pretendere di più è forse eccessivo, ma chissà…).

Mi sbilancio ad affermare che autore e disegnatori, con una certa libertà di espressione, numerosi richiami e rimandi alla cultura pop, cinematografica e letteraria, ed un pizzico di comunque giustificata voglia di distanziarsi da altre produzioni nel mondo del fumetto, ci propongono svariate idee, anche se non proprio tutte (ancora) del tutto sviluppate, azione a profusione, dialoghi accattivanti e realistici, a cavallo fra dramma e humor.
Questo mio entusiasmo è dettato dal trovarsi di fronte a svariate trovate e scelte “registiche”, di scrittura e di resa grafica capaci di tenere incollati alle pagine della storia. Non c’è uno stucchevole gioco al rialzo, o a chi “la spara più grossa”, ma bensì una meditata scelta di intrattenere e divertire, senza nascondere i chiari riferimenti a film e situazioni più che conosciute e per cui “familiari”.

Su Long Wei non troviamo, fino ad ora, eccessi o fastidiose stilizzazioni e irritanti cliché, bensì elementi conosciuti e proposti con un certo rispetto nei confronti del lettore, che li riconosce e li accetta con piacere. Siamo di fronte ad un non eroe, in pratica un ragazzo cinese, attore fallito, che viene in Italia per cercare un’opportunità, come molti suoi connazionali. Si trova a vivere nella Chinatown milanese, location invero curiosa, anche se non ancora del tutto riconoscibile e che meriterebbe di essere ulteriormente utilizzata e caratterizzata (comunque meglio qui che nel numero 1).

Long Wei al momento è una serie pop, nel senso più positivo dell’espressione, e quindi attinge a una serie di elementi ed ingredienti codificati. La sua forza sta, o starebbe, stiamo a vedere nel prossimo futuro, nel pescare a piene mani da più settori e zone espressive, con l’auspicabile obiettivo di arricchire ulteriormente trama e sceneggiature.
 
Le tavole, i disegni, sono più che godibili e perfettamente in linea con la sceneggiatura, perfette nell’accompagnare l’azione ed i momenti di raccordo, in equilibrio tra tradizione italiana, gusto vagamente manga e suggestioni underground. Il tratto di Gianluca Maconi è un po’ impreciso, irruento e quindi opportunamente dinamico e non ha timore di osare, di spingersi più in là dell’ordinario (da applausi la sequenza di apertura dell’albo, senza dialoghi, uno dei migliori “piani sequenza” che si possano desiderare). I puristi probabilmente non apprezzerebbero tale libertà e “incuranza”, ma la sceneggiatura di Diego Cajelli sembra richiedere proprio questo. Si avverte una certa energia e la lettura ne giova.


Siamo solo al secondo numero, per cui eventuali imperfezioni possono ancora essere ovviate e magari superate, se non giustificate, dal prosieguo della serie, ma la notizia che ci sia questa serie che mi aspetta in edicola mi aiuta a sopportare questi “tempi cupi”.

Appunto finale sulla carta utilizzata per gli albi: è indegna, capisco la necessità di tenere basso il prezzo, ma la carta fa poco più che schifo, con l’inchiostro che si spande e che attraversa la pagina. Cadute come questa possono allontanare diversi potenziali lettori!


mercoledì 17 luglio 2013

Egoismo

Questa notte, ascoltando i “Notturni” di Chopin, eseguiti da Arrau, ho ripensato a questa riflessione:

“Certo, ognuno di noi ha i suoi doveri e i suoi dispiaceri, e sa benissimo che presto o tardi, finché continua a vivere, dovrà affrontare grandi dolori: si spiega, dunque, che ciascuno badi al proprio particolare e non si preoccupi troppo di ciò che non lo ferisce direttamente: non si può, entro certi limiti, non perdonare l’egoismo umano.”

(Mario Soldati – ah! il Mundial, Sellerio editore 2008)

lunedì 15 luglio 2013

Citazioni Cinematografiche n.1



Si sente tranquillo signore? Si sta divertendo? Non per farmi gli affari suoi, ma quando un bianco se ne sta su un marciapede di Harlem con un cartello che dice "io odio i negracci", o ha delle serie motivazioni personali, o ha il cervello incrostato di fuliggine!

(Zeus/Samuel L. Jackson rivolto a John McClane/Bruce Willis in Die Hard-Duri a morire di John McTiernan –1995)


domenica 14 luglio 2013

Ogni lunedì... per iniziare insieme la settimana!

Da domani mattina inizio un appuntamento settimanale. Potrei definirla, in modo un po’ ambizioso, una rubrica. Forse sarebbe troppo, per cui mi limito a presentare l’appuntamento.

Si chiama CITAZIONI CINEMATOGRAFICHE!
Mi rendo conto di non essere particolarmente originale, ma la semplicità mi è sembrata la strada migliore.

In pratica ogni lunedì mattina inserirò un breve post con una citazione da un film che ho ovviamente visto ("ça va sans dire"), ma non necessariamente piaciuto, anche se so già che privilegerò i miei gusti, passioni e “pallini”.

L’intenzione è di essere puntuale, lo prometto. La speranza è che vi piaccia e vi inviti a tornare su questo blog almeno una volta alla settimana. Credo possa essere un motivo sufficiente per “frequentarmi” e magari un modo simpatico per iniziare la settimana, in particolare per chi ricomincia a lavorare dopo il fine settimana.

Vi aspetto! Stay Tuned!


sabato 13 luglio 2013

Dragonero n.2


È uscito il n.2 di Dragonero, la serie fantasy creata da Luca Enoch e Stefano Vietti per Sergio Bonelli Editore.
L’ho letto e confermo le buone impressioni espresse a proposito del n.1.
I disegni di Giuseppe Mattoni, che firma anche la copertina, sono molto belli, puliti ed essenziali senza essere banali e sottolineano efficacemente una sceneggiatura accattivante e divertente, dove gli eventi procedono con giusta velocità e qualche pausa utile per entrare ancora meglio nel mondo di Ian “uccisore di draghi”.

È la seconda parte di una storia in quattro uscite, pertanto ora ci si aspetta ancora più azione e che la vicenda decolli definitivamente. Interessanti le caratterizzazioni dei personaggi e delle etnie e razze, come nella tradizione fantasy, con un occhio al classico ed un rimando alle nuove frontiere della narrativa di genere.

Le aspettative per Dragonero sono alte e potrebbero inficiare il giudizio su una serie che, al momento, si presenta “popolare” nel senso più positivo dell’espressione. Ovvero godibile da un pubblico potenzialmente vario e vasto, con una narrazione che richiama l’avventura classica e di buona leggibilità, intrattenendo senza grosse pretese ma neanche cadendo nel ripetitivo e nel banale.

Acquisterò sicuramente almeno i prossimi due albi.  
Quantomeno per sapere come si conclude la missione che Ian ed i suoi compagni hanno intrapreso!

venerdì 12 luglio 2013

Fare la Spesa... da SOLO!

 


La prima volta che siamo andati al supermercato insieme, la madre dei miei impegnativi figli ed io, per fare la spesa “seria”, non quelle toccata e fuga da morosini ai primi pomeriggi insieme (che ti emoziona pensare che dopo si mangerà insieme qualche schifezza precotta che tanto il fine ultimo è “limonare” sul divano di casa dei suoi) mi è venuto mal di testa, provavo vertigini, nausea, senso di smarrimento e ansia da luogo aperto/chiuso.

Tanto che per anni sono stato esentato da tale prova (ed i miei nervi hanno avuto modo di riprendersi), lasciandomi esclusivamente l’acquisto di poche cose per la giornata, o anche solo per un singolo pasto. Quelle occasioni sono passeggiate di salute, anche perché scelgo, con grande astuzia e strategia, i market meno frequentati del territorio, dove l’assortimento di alimenti e collaterali è talmente esiguo e selezionato che non ci si può confondere ed al massimo, se ti viene voglia di parlare, lo puoi fare solo con mono porzioni di lasagne o scadenti buste di fetente formaggio grattugiato.

Però, da quando siamo affaticati genitori, l’ho dovuta nuovamente accompagnare e lei, nella sua infinità bontà, mi ha sostenuto e confortato durante le fasi più dure, concedendomi anche qualche distrazione (vai a vedere le birre, magari ce n’è qualcuna che ti piace…).

Ho pensato che quella traumatica esperienza fosse ormai superata e lontana, un terribile ricordo, utile solo a comprendere e prendere coscienza dei miei limiti, ma che nessuno mi avrebbe più costretto a vivere!

Ma il peggio è arrivato dopo! Non riesci a capire quale esperienza sia più traumatica fino al giorno in cui ti manda, da SOLO, a fare la spesa.
La spesa “vera”, quella “grossa”, che deve bastare o quantomeno porre le basi per una sopravvivenza mensile!

Accade questo: mi incastra con la tecnica degli OCCHIONI, e poi: “è stata una settimana impegnativa”, “non ho avuto tempo”, “sono stata un po’ di merda”, “devo occuparmi della lavatrice/asciugatrice/lavastoviglie” o di altre robe, o vuole rilassarsi e riposare e tu ti ritrovi, da SOLO, tra banchi e corsie.

L’incarico è: compra pasta, pane, sughi pronti, detersivo, latte, yogurt, delle verdure, “zzxzxxzz”  e “yxxyyxyxy”, o qualcosa del genere, perché già al “vai SOLO” avevo smesso di ascoltare ed ero entrato in una condizione di trasmigrazione del corpo, immaginando me perso all’interno di un ipermercato di una nota catena internazionale.


È così che un uomo maschio si trova accanto a suoi simili, impauriti, pallidi, in ciabatte o infradito, dietro un carrello e davanti ai banchi frigo, che si scrutano, si spiano a vicenda, cercano l’ispirazione, o un modello da seguire, sono alla ricerca di risposte o ti imitano. Come cuccioli pelosi e un po' cresciuti, appena usciti dalla tana e dalla protezione materna, cercano di star vicini, di farsi forza.

Per la pasta ed i sughi pronti vado spedito e sicuro, affidandomi ai colori che ho visto in casa ed alla vicinanza fisica dei prodotti in questione.
Riguardo al latte, No Problema! Basta che sia intero e fresco per lei ed i bambini e “qualunque cosa” per me.
Mi sento ormai sicuro nella mia nuova condizione e con fare baldanzoso procedo fra le corsie, ormai convinto di avere la situazione sotto controllo.
Ma, si sa, appena abbassi la guardia, il nemico ti accerchia e ti assale.

LE VERDURE!! penso non ci sia cosa più rischiosa che chiedere a un uomo (a me) di prendere verdure. MAI COMPRATE. Ma poi scopro che ne esistono di diversi tipi, forme e colori (quasi come in un sex shop) e quindi la soluzione è semplice:
“prendo un kilo di tutto quello che vedo e non potrà di certo lamentarsi!”
Quindi: 
1 kilo di melanzane lunghe,
1 kilo di melanzane tonde,
1 kilo di zucchine verdi,
1 kilo di zucchine bianche,
1 kilo di pomodori,
1 kilo di insalata (un kilo di insalata è difficile da far stare in un sacchetto),
1 kilo di peperoni (rossi o gialli??),
1 kilo di finocchi,
1 kilo di broccoli
.

Com’è facile! Ed io che mi preoccupavo! C’è anche il melone, prendiamone due, uno per me ed uno per lei (le piace tanto!), facciamo pure dei kiwi e qualche banana.
NON POTRÀ CHE ESSERE CONTENTA. Come sono stato bravo!

Le altre donne ti fissano sorridenti, pensando che bravo marito (o chissà cos’altro) tu sia, premuroso, capace, a suo agio in faccende come questa e disponibile ad occuparsi dell’alimentazione tua e della tua famiglia (che deve comprendere qualche decina di parenti di vario grado).

Yeah, ci son pure gli yogurt magri in offerta, prendiamone SEDICI ai gusti più strani tanto scadono ad agosto e ne sono rimasti uno svallo.

E trionfante esco dal supermercato, pavoneggiandomi con 15 kili di ROBA, braccio e dito puntato al cielo, come avessi segnato al Bernabeu, sfidando gli altri uomini (che ancora fissano le corsie chiedendosi se davvero ci devono entrare) a far meglio di te.

Poi arrivo a casa
“Ciao! Cosa hai comprato di buono?”
“Tadaaaaaaaaan!!!! Visto che bravo?”
MAQUANTACAZZONEHAIPRESAEADESSODOVROPASSARETUTTOILWEEKENDAGRIGLIAREECUCINAREVERDURACHENONCISTARAMAINELFRIGOECHEANDRAAMALEPERCHECENEPERSFAMAREUNAPOPOLAZIONEINTERAPERUNASETTIMANA?

“Però ho preso anche lo yogurt!”
“È  magro?”
“Era in offerta!”
“È magro?!?”
“Sei proprio bella, ciccia, te l’ho già detto? Ti voglio molto bene.”
 
Anche Batman fa la spesa! Cosa gli dirà Alfred al ritorno a casa? "Riconosca i suoi limiti, signor Wayne!"

mercoledì 10 luglio 2013

A proposito di stipendi


«Nessuna impresa che dipenda, per il suo successo, dal pagare i suoi lavoratori meno di quanto serva loro per vivere ha diritto di sopravvivere in questo Paese»
(Franklin Delano Roosevelt, dal discorso sul National Industrial Recovery Act, 16 giugno 1933)





Certo bisognerebbe ascoltare parole simili pronunciate da qualcuno che ci governa, ma si sa sono impegnati in altro...

Eppure Mario Draghi il concetto, a suo modo e un po' a sorpresa, lo aveva ripreso... clicca qui!

martedì 9 luglio 2013

Giallo, Noir & Thriller/13




Titolo: Finché sarà passata la tua ira
Autore: Åsa Larsson
Traduttore: De Marco Katia
Editore: Marsilio – 2010

Un thriller vero, poiché anche se la vicenda non è difficile da comprendere ed il mistero non è complicatissimo, la suspense è data dalle situazioni, dai momenti di alta tensione, dai collegamenti fatti col passato, in una terra all’estremo nord, affascinante ma che può risultare tanto inospitale quanto accogliente. Scrittura solida, corposa, che risulta scattante in alcuni punti, più descrittiva in altri, in alcuni passaggi perfino meditativa ed evocativa (merito va dato alla traduttrice).


L’idea dello spirito di una delle vittime, che torna e funge da narratore, non è propriamente nuova e del tutto originale, ma sostiene bene il romanzo, dove la descrizione di caratteri e paesaggi, situazioni e vicende non risulta mai pesante o didascalica (a volte gli autori scandinavi tendono ad esserlo).

Ci sono richiami alla Storia della Lapponia e della Svezia in generale durante il secolo scorso, in particolare nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Anche questa non è più una novità, ormai quasi tutti gli autori di quell’area lo fanno, ma la Larsson è brava, riuscendo, tra laghi ghiacciati e neve onnipresente, a celare e svelare le ire presenti e quelle passate.

All’interno della serie inaugurata con “Tempesta Solare” (consigliato!), le due incaricate delle indagini, una coppia eterogenea ma che funziona, il procuratore Rebecka Martinsson e l'ispettrice Anna-Maria Mella, svolgono il loro lavoro e non ci fanno mancare aggiornamenti sulla loro sfera privata e sulla loro quotidianità. Ma questo arricchisce la narrazione e tali elementi hanno una loro funzione ed un loro ruolo nella vicenda, che cattura il lettore e lo coinvolge fino alla fine. Niente colpi di scena a ripetizione, sorprese ad ogni capitolo o ribaltamenti di trama come se piovesse. 
 
Åsa Larsson
Se ci si avvicina a questo libro e a questa autrice sulla scia dell’altro Larsson, ovvero lo Stieg della Millenium Trilogy, bisogna rivolgere le proprie attenzioni altrove. Qui lo stile e la bravura si misurano nella giusta dose e nella scrittura che sa come essere sobria, oppure elegante, veloce o rassicurante quando e quanto occorre, senza trucchi o effetti speciali che non lasciano spazio all’analisi.