lunedì 26 agosto 2013

Citazioni Cinematografiche n.7


"Potevo ucciderli tutti, potevo uccidere anche te. In città sei tu la legge, qui sono io. Lascia perdere. Lasciami stare o scateno una guerra che non te la sogni neppure. Lasciami stare, lasciami stare".

(Rambo/Sylvester Stallone in Rambo, di Ted Kotcheff - 1982)


domenica 25 agosto 2013

Prima


Prima di non aver più bisogno di puntare la sveglia per andare al lavoro;
Prima di perdersi nel reparto pappe e pannolini al supermercato;
Prima che il pavimento della cucina dopo ogni pasto apparisse come un quadro di Pollock;
Prima che dormire fino alle 8 la domenica mattina sembrasse una conquista;
Prima di pensare con terrore ad un pomeriggio di pioggia;
Prima di sudare dentro una sala parto insieme a lei che urla e manda accidenti a te e all’ostetrica;
Prima che bisognasse evitare di tirare lo sciacquone dopo le 22;
Prima che vedere un film in TV, per intero, diventasse un’impresa degna di essere narrata ad amici e parenti;
Prima di fare due lavatrici al giorno;
Prima che per una breve passeggiata bisognasse caricarsi come muli;
Prima di riuscire a distinguere tra sei tipi di latte in polvere;
Prima di augurare le peggio disgrazie a chi sbatte il portone d’ingresso;
Prima che ci si scambiasse occhiatacce ad ogni starnuto o colpo di tosse;
Prima che sulle sue labbra fiorissero parolacce come margherite a primavera;
Prima che lei ti vietasse di pronunciare qualsiasi parolaccia (che loro le imparano!);
Prima di fissare con odio chi ti porta in casa giocattoli sonori;
Prima di maledire i progettisti dei seggiolini auto;
Prima che passare una giornata fuori casa comportasse caricare l’auto come se si traslocasse;
Prima di passare intere notti passeggiando avanti e indietro;
Prima di interrogarsi sull’applicazione ai Barbapapà dei concetti di massa e volume;
Prima di mandare a quel paese la tata Lucia;
Prima di odiare lo yogurt alla fragola (che quello ai frutti di bosco ti ha sempre fatto schifo!);
Prima di non riuscire a vedere una partita per intero, fosse anche la finale di Champions;
Prima di pensare che se i preti fanno un gran parlare di miracolo della vita perché non li fanno loro i figli;
Prima di commuoversi per un sorriso od una faccia buffa;
Prima di guardare con sufficienza chi elargisce consigli sulla nanna;
Prima di evitare di ascoltare chi ti racconta la propria esperienza di genitore;
Prima di scoprirsi violentemente intollerante ai luoghi comuni ed alle frasi fatte sui bambini ed il cibo;
Prima di raccontare fino alla nausea I Tre Porcellini e Il Brutto Anatroccolo;
Prima di detestare le supermamme che “non so come faccio a trovare il tempo”;
Prima di mangiare avanzi una sera sì e l’altra pure;

Prima di tutto questo,
che senso aveva la mia vita?





sabato 24 agosto 2013

Superpoteri

I superpoteri che vorrei
1.  Prevedere il futuro e poter puntare cifre che non ho su tutti gli eventi sportivi;
2.     Memoria da Hard Disk inesauribile;
3.     Bere birra come se non ci fosse un domani e sentirmi bene;
4.     Vedere attraverso i vestiti delle donne;
5.     Teletrasporto.

Ecco a questo punto lancio un appello!

Governi, Fondazioni e privati investono milioni in qualsiasi stronzata esistente, nelle peggio cazzate che gli vengono in mente, nelle ricerche più inutili del mondo. Investite in un cazzo di teletrasporto.

A tutti serve un teletrasporto!


giovedì 22 agosto 2013

L'Uomo Ideale



Ragazza Y: Descrivi il tuo uomo ideale!
Ragazza Z: dunque, è taciturno e misterioso… un po’ ombroso…
Ragazza Y: e poi?
Ragazza Z: sa cantare e suona benissimo l’organo… e lo fa da solo, immerso nei suoi pensieri.
Ragazza Y: cioè, vuoi dirmi che il tuo uomo ideale è il fantasma dell’opera?
Ragazza Z: …, forse?



mercoledì 21 agosto 2013

Dampyr 161 - Mal di Luna


Una storia più che piacevole, per niente banale, con poche pretese (nel senso buono dell’espressione) e che riesce a coniugare intrattenimento, robusta sceneggiatura, ottimi disegni e riferimenti storici e culturali molto ben presentati e approfonditi.

Ce n’è abbastanza per esultare e invitare amici e parenti a festeggiare. Se poi questa storia viene pubblicata subito dopo un albospeciale che ci è veramente piaciuto, sotto tutti gli aspetti, allora non se ne può fare a meno di parlare.

“Mal di Luna”, n.161 di Dampyr, è un albo sufficientemente classico all’interno di questa serie, una combinazione accattivante di horror, azione, folklore e attenzione all’umanità del protagonista e di chi incontra.

La sceneggiatura di Mauro Boselli riesce ad usare, con intelligenza e coerenza, tutti, o quasi, gli elementi che hanno fatto la fortuna di Dampyr, nel rispetto di quanto proposto in precedenza e recuperando quanto, in letteratura e nel cinema, è stato proposto in tema di licantropi e affini.


Nel fare questo, in mano al lettore finisce una storia ben costruita, serrata, con pochi ed efficaci colpi di scena, azione quanto basta e misurati approfondimenti, tutti utili nell’economia del racconto.

I disegni di Luca Rossi sono perfetti per l’albo e probabilmente questo disegnatore è quello che preferisco su Dampyr.




martedì 20 agosto 2013

Eva dorme... ed io non mi sento tanto bene


Tempo fa ho letto “Eva dorme”, di Francesca Melandri, edizione Oscar Mondadori.

È, di fatto, un romanzo sull’Alto Adige. Con il “pretesto” di raccontare una commovente e coinvolgente storia d’amore, si passano in rassegna le tormentate vicende dell’Alto Adige, dalla Prima Guerra Mondiale fino agli anni settanta.

Francesca Melandri, con quest’opera, ha scritto un libro composto da due libri in uno: uno è una storia d’amore e sentimenti familiari che riguardano la protagonista, Gerda, e la sua bambina Eva. L’altro è una accurata e avvincente ricostruzione delle vicende che hanno riguardato l’integrazione dell’Alto Adige in Italia, e che fanno da sfondo alla storia di Gerda, con la figura di Silvius Maniago sopra tutte.

Le parti migliori del romanzo sono quelle propriamente di “ricostruzione” della storia di questa terra, poiché l’autrice, mettendo a frutto la sua lunga esperienza come sceneggiatrice televisiva e la sua biografia, ci propone capitoli interi talmente accattivanti e ben presentati da far vivere al lettore episodi storici e momenti di “vita vera”. Il racconto in queste parti è un libro di storia, un romanzo e un’inchiesta giornalistica, insieme, che non stanca e tiene incollato il lettore alle pagine.


Di contro, la parte “contemporanea” del romanzo è meno accattivante, un po’ stereotipata e a tratti stucchevole. Il lungo viaggio che la protagonista Eva, ormai adulta, compie dall’Alto Adige alla Calabria, pur presentando alcune interessanti riflessioni e spunti di interesse, soffre proprio della figura di Eva stessa.

Io mi chiedo perché mai, all’interno di un romanzo comunque gradevole e degno di nota, non banale e anzi stimolante, debba per forza essere presente una figura femminile come quella di Eva.

Eva, divenuta donna, è una libera professionista, che si “guadagna il pane” organizzando feste e ricevimenti, buffet ed eventi per ricchi, ditte, aziende e altri soggetti la cui esistenza è a dir poco a me fastidiosa. È insomma una versione nobile di un misto fra una PR ed una Event Planner, così presa da soddisfare i desideri ed i capricci di gente che, nel migliore dei casi, non sa cosa vuole ma solo ciò che non vuole, non si intende di nulla ma pretende di essere considerata “sofisticata” ed “esperta intenditrice” di qualcosa (vino, cibo, dessert, superalcolici, arte, filatelia, numismatica o chissà che diavolo altro vada per la maggiore in un certo momento).

Eva non è sposata, non desidera legami, è indipendente (qualunque cosa voglia dire), ha un amante da diverso tempo, ovvero un uomo sposato che la raggiunge in ogni dove, in base ai loro impegni e a come riesce a “liberarsi” del suo matrimonio. Viaggi intercontinentali, alberghi e residenze di lusso sono l’habitat “naturale” di Eva, le cui “preoccupazioni” maggiori sono smaltire il jet lag, affrontare nuovi corteggiatori, soddisfare i capricci ed i desideri dei danarosi clienti, spendere le esorbitanti cifre che le vengono corrisposte per il suo lavoro (sempre “naturalmente” eseguito con grande soddisfazione sua e dei committenti) ed incontrare l’amante.

Eva è “ovviamente” bellissima, alta, con un fisico da modella, colta, sempre ben vestita e truccata, con gusto e secondo la moda “alta” del momento.


Ma perché in molti romanzi e sceneggiature proposteci negli ultimi anni, le figure femminili protagoniste devono essere così stereotipate? Perché devono essere così “scontate”e “prevedibili”, al limite dell’omologazione e della pedissequa riproposizione? Mi risulta fastidioso e irritante ritrovarmi di fronte una figura come questa, talmente simile a decine di altre, da rischiare, seriamente, di perdere qualsiasi connotazione e ruolo. Una figura come questa, come quella di Eva, simpatica neanche quando dorme (come recita il titolo), mi rende sgradevole la lettura e la trovo anche un po’ offensiva nei confronti di molte donne, vere, che risultano interessanti e stimolanti anche senza assomigliare per nulla a questa artefatta figura femminile, “libera”, ovviamente realizzata, soddisfatta di sé e fintamente in grado di bastare a se stessa (definizione cara a molte giovani donne!).

Allora a questo punto autori e sceneggiatori farebbero meglio a faticare di meno, impegnarsi poco nella creazione e presentazione di nuovi personaggi e caratteri, poiché basterebbe, semplicemente, prendere una qualsiasi protagonista di “Sex and the City” (sono ben quattro!) e posizionarla nel proprio romanzo o sceneggiatura, anche senza cambiarle nome, così l’effetto “riconoscibilità” sarebbe più facilmente perseguibile!


Ho incontrato molte figure femminili nei romanzi che ho letto, positive o negative, esempi di virtù o di dissolutezza e vizio, donne semplici oppure eroine fuori dal comune, capaci di andare oltre le proprie personali vicende per impersonare un ideale oppure esempio di vita “ordinaria” e perciò vicine a chi legge, indipendentemente da epoche e mode. Quando chi scrive intercetta “l’umano” che c’è in ognuno di noi, riesce a rappresentare pulsioni e sentimenti, emozioni e psiche di chi, quotidianamente, vive e soffre, gioisce e ama, ci parla e si avvicina a noi e noi ai loro personaggi, anche se le parole sulla carta sono state pensate ed ordinate decine o centinaia di anni prima.

Pertanto questo romanzo è occasione, per me, di esprimere, oltre ad un evidente fastidio, anche il dispiacere di assistere ad una omologazione di caratteri e personaggi, femminili in questo caso (ma anche la figura dell’amante è abbastanza avvilente), che, a mio parere, risultano, dopo un po’, poco interessanti e noiose e che rischiano di perdere sapore e appeal, contrariamente alle intenzioni degli autori. Mai come in questo caso diverrebbe segno di originalità “inventare” e proporre un personaggio femminile il più lontano possibile da certi caratteri e schemi, perciò originale e capace di “sorprendere” il lettore.

Un lettore, e spettatore televisivo, come me, ne ha le scatole piene di “Samantha, Carrie, Miranda e Charlotte” (giusto per fare un esempio), personaggi che hanno avuto una loro dimensione, originalità e motivazione a metà degli anni 90, ma che ormai hanno fatto il loro tempo e che, sappiatelo, hanno comunque avuto una loro evoluzione nel corso degli anni e delle “stagioni” proposte. Certi caratteri sono ormai la caricatura di se stessi, talmente stucchevoli e deprimenti da rovinare anche il buono che ci potrebbe essere in un romanzo od una sceneggiatura. Ormai che anche ministri della Repubblica hanno uno spessore ed una rettitudine etica e morale da personaggi di serie televisive di dubbio valore, presentare personaggi femminili come quello di Eva allontana lettori e ne offende le capacità critiche e di analisi. Abbiamo bisogno non tanto di “spessore” o “impegno”, come si diceva un tempo, bensì di qualcosa che ci stimoli e ci faccia piacere incontrare e ricordare con un pizzico di nostalgia e di gusto, che ci renda anche orgogliosi di aver fatto incrociare il nostro cammino con figure di donne che ci soddisfino e ci accompagnino nei nostri giorni.


Io avverto dolore e fastidio quasi fisico quando incontro colleghe e altre donne che invece sembrano l’ennesima brutta copia di personaggi come Eva. Non posso fare a meno di chiedermi se sia la letteratura a rappresentare una realtà ed una condizione, oppure ormai la “barbarie” e lo scadimento etico e morale sia talmente radicato che le serie televisive e prodotti analoghi hanno “gioco facile” ad influenzare usi e costumi e a “dettare la linea” nelle nostre misere vite. Cosa è accaduto fino ad ora? Ci sono possibilità di invertire la rotta? Il timore è che anche chi ricopre posizioni tali da poter intervenire sia ormai nella melma ed anzi abbia contribuito a crearla, pensando di trarne vantaggio (e saremmo di fronte a individui con almeno un po’ di spessore), oppure semplicemente ritenendo che la realtà migliore sia questa, con gli opportuni spazi per esibizionismi e meschinità da happy hour.




lunedì 19 agosto 2013

Citazioni Cinematografiche n.6


“Tu, colui che catturò una stella cadente, o uomo senz'animo, il tuo cuore è una mia proprietà!”

(Howl/Strega delle Lande in “Il Castello errante di Howl, di Hayao Miyazaki -2004)


domenica 18 agosto 2013

Il Lungo Inverno - Le Storie 11


Il lungo Inverno, numero 11 della collana “Le Storie”.


Mi sto appassionando sempre più a questa collana, che ritengo di gran lunga la migliore attualmente pubblicata dalla Sergio Bonelli Editore.

Potrei sbrigarmela con poche parole, ovvero “fatevi un favore, leggete Il Lungo Inverno”, poiché quest’albo, come quello precedente ed altri giunti in edicola nei mesi scorsi, propone qualcosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile leggere ed ammirare in una serie a fumetti “genuinamente popolare”.

Ovvero qualità e approfondimento in una grande, bella, intensa storia. Narrazione lenta ma serrata, indagine nell’animo umano, spessore e profondità nel presentare, anche per brevi tratti e poche immagini, caratteri umani e situazioni. Dialoghi e “voce off” opportunamente composti e dosati, disegni, opera di Francesco Ripoli, talmente lontani dallo standard Bonelli che, sorprendentemente, si inseriscono benissimo in questa serie, comunicano e suscitano emozioni ed illustrano un albo ottimamente sceneggiato da Giovanni Di Gregorio (lo stesso del Maxi Dampyr n.5“Il Collezionista”).


Come nel precedente albo, “Nobody”, al centro della storia c’è un non eroe, Lars Svensson, un uomo senza particolari doti o qualità, che è protagonista di un viaggio. Un viaggio non verso od in un luogo fisico, ma nella sua mente ed in quella di altri personaggi che incontra e di cui inconsapevolmente condivide il destino. L’elemento che in quest’albo, nel precedente e forse in almeno un altro della serie, al centro delle vicende narrate ci sia un essere umano “ai margini”, senza meriti o virtù, senza specifiche capacità o impegnato in particolari eroismi, connota decisamente una scelta editoriale che, a mio parere, merita apprezzamenti, anche solo per il “coraggio” di essere portata avanti da una casa editrice molto classica e spesso giustamente accusata di immobilismo, se non di staticità editoriale ed artistica.


Riferimenti cinematografici ce ne sono e riconoscibili (Shining e Shutter Island almeno), così che il lettore risulti comunque accolto nella lettura e accetti di essere “spiazzato” da alcune tavole e passaggi narrativi, che invitano ad una, successiva e più meditata, rilettura.


Una nota per la copertina, opera di Aldo Di Gennaro: una delle migliori della serie e probabilmente fra le più belle uscite nell’ultimo anno.


Da sergiobonellieditore.it: Una banale dermatite, niente di grave… Per curarsi, Lars Svensson si reca in una remota clinica termale, nel gelo eterno della Lapponia. C’è qualcosa di sinistro, però, in quelle stanze buie…  Sparizioni, piccoli misteri e cupe ossessioni tormentano gli ospiti dello stabilimento. Cosa si nasconde dietro la trama impalpabile di questo gioco d’ombre?

sabato 17 agosto 2013

Ci aspettiamo qualcosa


“L’essere umano si aspetta sempre qualcosa dall’avvenire. Ma la sua attesa non è, di solito, passiva. La nostra naturale energia, in tutti i suoi fenomeni, nelle vicende dei rapporti sessuali, come nella conquista di un potere qualsiasi, o nella fatica necessaria a apprendere una scienza, un’arte, un’abilità manuale, ecc., la nostra energia aumenta nella stessa misura in cui viene contrastata, contraddetta, o addirittura conculcata. In altre parole, alla base della massima di Eraclito, troviamo una dialettica: ed ecco appunto ciò che ne costituisce la modernità.

Naturalmente, la dialettica è efficace solo in quanto da esterna, estranea, chiusa in una materialità che sembra non appartenerci, per esempio nella sfortuna, nei fatti che casualmente si oppongono ai nostri desideri, diventa interna, intima, tutta anche nostra: solo in quanto noi, offesi e irritati da un inciampo che troviamo sul nostro cammino, o da un amico che ci contraddice duramente, ci accusa di difetti, errori, inerzia, decidiamo improvvisamente di non offenderci più, proviamo a riflettere sulle sue parole, accettiamo le sue osservazioni, e così, a poco a poco, nel segreto di noi stessi, cominciamo ad aspettarci l’inaspettabile.”


(Mario Soldati – ah! il Mundial, Sellerio editore 2008)

Durango - di Yves Swolfs

venerdì 16 agosto 2013

Long Wei n.3


Terzo appuntamento con Long Wei e conferma delle ottime impressioni avute dai primi due numeri.

“Il Pugno”, numero 3 della serie, presenta un maggior sviluppo della trama e discreti approfondimenti dei personaggi e delle caratteristiche delle vicende proposte. In particolare Vincenzo, il “pard” del protagonista, ci viene proposto meglio e vengono approfondite alcuni sue peculiarità. Inoltre viene introdotto un nuovo personaggio femminile, Ilaria De Falco, che fa ben sperare per il prossimo futuro e che sinceramente mi incuriosisce molto, anche per le possibilità che porta con sé, a livello di trama, situazioni e sviluppo della personalità sua e degli altri attori della serie.

Dialoghi spesso brillanti e accattivanti, solo in parte mutuati dal cinema, ma che presentano invece una loro dimensione e si propongono più aderenti alla “realtà” della vicenda che viene raccontata e più godibili rispetto ad altre serie italiane. Per dirla chiara non ci sono “spiegoni” o scambi di battute al limite del superfluo, quando non propriamente offensivi dell’intelligenza del lettore (deficit di molte serie bonelli, ahimè!).

I disegni sono veramente divertenti, con un tratto sereno e non particolarmente originale accompagnano storia e personaggi verso una conclusione che avrebbe anche potuto essere “stilisticamente classica”, sennonché, le ultime tavole sono da applauso. Omaggio/citazione della grafica dei videogiochi “picchiaduro”, alla Tekken e StreetFighter per intenderci.

 














 
Insomma una serie da seguire con attenzione, coinvolgente, divertente, coraggiosa e intelligentemente innovativa, che riesce a farsi apprezzare e non ha paura di “alzare il tiro”, proponendosi come una bellissima sorpresa nel panorama del fumetto italiano. Già solo questo basterebbe per non perdere l’appuntamento mensile con Long Wei, se poi ci aggiungete che ci sono disegnatori pressoché esordienti, come in questo numero Patrick Macchi, che rendono sulle tavole sceneggiature interessanti e non banali, pur rispettando alcuni classici canoni di scrittura, allora ogni mese bisogna mettere in conto di richiedere all’edicolante o in fumetteria il nuovo episodio di questa serie proposta da Editoriale Aurea.


giovedì 15 agosto 2013

Dampierre e la Rivolta della Vandea


È in edicola il terzo albo della serie Dampierre, edita dalla Editoriale Cosmo.

Dampierre”, creato dal belga Yves Swolfs, è un fumetto storico ben costruito e sceneggiato, che si avvale di disegni molto curati e precise ricostruzioni degli eventi narrati.

Swolfs, tra le altre cose già apprezzato creatore di “Durango” (serie western da avere!) si cimenta negli eventi seguiti alla Rivoluzione Francese, in particolare ci ripropone l’epopea vandeana, uno dei più controversi e sanguinosi episodi del processo rivoluzionario (colpevolmente trascurato nelle nostre scuole).

Protagonista della storia è il giovane palafreniere Julien Dampierre, che, ambizioso e un po’ incosciente, si fa coinvolgere nell’insurrezione controrivoluzionaria della Vandea e prende parte alla guerra civile tra i “blu”, sostenitori del governo repubblicano, e i “bianchi”, fedeli alla Monarchia e alla Chiesa (odioso binomio ancora oggi! ). Grazie a influenti “amicizie” e una buona dose di furbizia ed egoismo, fattosi passare per un nobile, Julien fa carriera nell’esercito vandeano, attirandosi sia le attenzioni di una bellissima, sensuale e perciò pericolosa nobildonna, che l’odio furente dei nemici repubblicani e dei cospiratori presenti tra i sostenitori monarchici.

Ben curato nei disegni, nella sceneggiatura e nei dialoghi, il punto di forza dell’opera risiede in una attenta ricostruzione dei fatti storici tra il 1793 e il 1796, che videro i contadini del Nord Ovest francese, abilmente strumentalizzati da clero, nobili e monarchici, insorgere contro gli obblighi imposti dal nuovo governo rivoluzionario, in procinto di giungere al famoso periodo del Terrore giacobino.

Sono ben delineate le situazioni storico-sociali, tra cui l’insofferenza e l’ostilità dei contadini vandeani, ma non solo, nei confronti della coscrizione obbligatoria e dell’aumento delle tasse, decisi dal governo in carica a Parigi.

L’autore evita comunque un gretto revisionismo e si tiene lontano dal sostenere istinti reazionari, poiché i caratteri ed i personaggi sono molto approfonditi e presentati nella loro interezza, ambiguità e lati oscuri compresi. Infatti Swolfs invece di “appiattire” i personaggi in una semplicistica contrapposizione tra “buoni” e “cattivi”, ci mostra come su entrambi i fronti si succedano complotti, avidità, vendette personali, tradimenti e congiure, cui si aggiungono le divisioni, gli errori strategici e l’insipienza militare e di comando di chi si era eletto a capo di un “popolo” in rivolta, consegnandolo, di fatto, ad un tragico destino e segnando il fallimento dell’insurrezione, nonostante i primi effimeri successi.
Narrazione avvincente, azione, colpi di scena, un po’ di ironia e di erotismo, secondo l’apprezzabile canone delle avventure “di cappa e spada”, ed un approfondimento ed accuratezza notevoli, rendono questa serie veramente interessante e godibile. I disegni dei primi due albi sono dello stesso Yves Swolfs, mentre nel numero 3 si passa a Pierre Legein ed è sempre un bel vedere!

mercoledì 14 agosto 2013

Dialogo in Ufficio



Dialogo in ufficio

Giovane ragazza: Allora? il computer è resuscitato?
Io: Il tuo computer si chiama Lazzaro?
Giovane ragazza: come? no…
Io: ed io non sono Gesù Cristo… quindi, che dici?
Giovane ragazza: stronzo…
Io: allora lo sai come si chiama il tuo cazzo di computer!

Fa troppo caldo ed il condizionatore è rotto!
Dopo ferragosto cambio lavoro…

lunedì 12 agosto 2013

Citazioni Cinematografiche n.5


Tatuatore: Fare tatuaggi è un'arte!
Cheyenne: Ci hai fatto caso che oggi nessuno lavora e sono tutti artisti?

(Tatuatore e Cheyenne/Sean Penn in “This Must Be The Place”, di Paolo Sorrentino – 2011)

venerdì 9 agosto 2013

Per cosa si lavora...


Si lavora e si fatica per motivi che lasciano completamente indifferenti i celiaci omosessuali...


giovedì 8 agosto 2013

Maxi Dampyr n.5, “Il Collezionista”

“Il Collezionista” – azione, avventura, horror nel multiverso!

 

Poiché (ormai) ex lettore di Dylan Dog non potevo perdermi il Maxi Dampyr n.5, “Il Collezionista”!

Perché?
Perché il disegnatore di quest’albo, edito da Sergio Bonelli editore, è Corrado Roi, che tanto bene ha fatto sulle tavole dell’indagatore dell’incubo e tanto ha riempito le mie serate e notti fin da quando andavo ancora a scuola, dove incontravo Natali, sincero estimatore dello sceneggiatore dylandoghiano Claudio Chiaverotti.

Insomma la storia mi è piaciuta ed i disegni anche, sebbene Harlan Draka, il “nostro” dampyr, in qualche tavola non è proprio subito riconoscibile, ma era così anche in “Tre Vecchie Signore” (n.51) dove Roi è veramente in gran forma.


"Il collezionista", dal punto di vista della sceneggiatura, opera di un capace e sorprendente Giovanni di Gregorio, è una storia affascinante, complessa ma ben presentata, studiata nei minimi dettagli e che riesce ad offrire il meglio dell'universo di questa consigliabile serie, adatta ai lettori di lungo corso come anche ai neofiti di Harlan e soci.

Ci sono i maggiori protagonisti della serie, compresi il “simpatico” Nikolaus ed una sempre piacevole Ann Jurging, oltre ad un classico nemico ben conosciuto e ad un nuovo “cattivo” tanto inquietante quanto irresistibile.

Le prime 100 pagine sembrerebbero una ottima introduzione che potrebbe anche passare per la prima parte di una storia in più albi, ma poi si entra nel vivo, o, meglio, nel “multiverso”, dimensione che ci ha sempre regalato storie di buon livello. Ci sono colpi di scena ben studiati, sequenze horror e momenti di passaggio veramente azzeccati, con quel tanto di approfondimento dei caratteri che stimola ed appassiona alla lettura. Persino gli elementi più propriamente "fantasy" vengono ben gestiti e ben si inseriscono nella trama e nella vicenda presentata.

Il ritmo, ad un certo punto, accelera e poi decelera per riprendere ancora più veloce, donandoci momenti intensi e azione che ci lascia trascurare impegni o propositi di riposo notturno. Ne vale la pena!


Paradossalmente, sebbene sia un albo corposo (292 pagine), almeno una decina di pagine in più avrebbero giovato, poiché la parte finale dell’albo mi è sembrata meno curata ed un po’ troppo “veloce”, con la “soluzione” e relativo epilogo/resa dei conti arrivata troppo improvvisa, ma comunque il giudizio non ne viene influenzato.

Il “cattivo”, quel collezionista che dona il titolo all’albo, era tanto notevole e convincente, dotato di uno “spessore” non così comune, che quasi mi dispiace sapere di non poterlo più incontrare.

Siamo di fronte ad una bella storia, che merita attenzione e l’intera lettura, non solo per i disegni, ma anche per la scrittura capace e solida, da lasciare soddisfatti ed anche fiduciosi per le prossime avventure di Harlan, Kurjak e Tesla. 







mercoledì 7 agosto 2013

Nobody - Le Storie 10


Avventura, Ossessione ed Identità nel numero 10 de "Le Storie" - SergioBonelli Editore

Dopo Il Lato oscuro della Luna (Le Storie n.5), ritroviamo Alessandro Bilotta come sceneggiatore del n.10 della collana Le Storie, edita da Sergio Bonelli Editore.

A prima vista si cambia genere: dalla “fantascienza” infatti si passa, con Nobody”, ad un’affascinante avventura di mare ambientata nel XIX secolo. In realtà le due storie sono accomunate dal tema del “viaggio”: nello spazio, ma soprattutto mentale di Lloyd ne “Il lato oscuro della Luna”, qui un viaggio per mare, ma pur sempre mentale: un viaggio, per così dire, verso il proprio destino.

Soprattutto inNobody” il protagonista, un marinaio il cui nome stesso è un omaggio ad un eroe dell’antichità (quell’Ulisse-Odisseo che abbiamo imparato a conoscere a scuola), si troverà ad affrontare i propri demoni interiori, oltre alle insidie che sia la natura che l’Uomo gli opporranno.
Una storia in apparenza semplice (eroe-missione-viaggio-imprevisto-conclusione), in realtà ricca e molto articolata, che rappresenta un omaggio all’Avventura ed ai più celebri romanzieri d’avventura dell’Ottocento, dove l’atmosfera e lo stile di narrazione fanno rivivere le ambientazioni di romanzi di questo tipo. Melville, Verne, Salgari, Defoe, Conrad, il nostro “Dino Buzzati” sono gli autori a cui lo sceneggiatore Bilotta si ispira ed inserisce in un’opera che si fa leggere bene, sempre pronta a regalare emozioni e colpi di scena.
Un lungo viaggio per raggiungere un obiettivo (abbastanza classico quanto efficace: ritrovare il proprio amore perduto), dove il percorso e le tappe che si susseguono diventano più importanti dell’arrivo stesso (anche questo un concetto ormai acquisito), un viaggio che è anche metafora sulla vita e sul percorso individuale di ciascuno. Le citazioni presenti nell’albo sono tanto evidenti quanto “sfacciate”, non ultimo il mare, che rappresenta tanto il mezzo con cui raggiungere i nostri obiettivi quanto l’elemento che può limitare le nostre ambizioni, ovvero ciò che tutti noi dobbiamo sconfiggere (potremmo chiamarlo “demone”) per arrivare a ciò che vogliamo.

Eppure le caratteristiche ed i “punti di forza” di quest’opera rischiano di diventare le sue debolezze, gli elementi che influenzano negativamente la lettura ed il giudizio sull’albo, poiché se un lettore non accetta il gioco di citazioni e di riferimenti (o non li coglie) e si “ferma” alla semplice lettura delle avventure di Nobody, come fossero parte di una storia “normale”, allora si perde il gusto della lettura e dell’avventura che ne viene ispirata. Inoltre, come già espresso a proposito di alcuni degli albi precedenti della collana, il numero limitato di pagine sacrifica i segmenti centrali del racconto, che invece potrebbero essere raccontati più dettagliatamente, arricchendo ulteriormente questa storia. Inoltre l’approfondimento psicologico, al limite di un trattamento psicanalitico, tanto pervasiva è la presenza di archetipi, miti, riflessioni sull’identità ed il sogno, potrebbe risultare stucchevole e fuorviante.

Ma poiché chi scrive si esalta delle citazioni e dei rimandi e apprezza molto i disegni di Pietro Vitrano, il giudizio personale non può che essere positivo. 

Il disegnatore contribuisce senza dubbio alla riuscita dell’albo, con tavole molto curate e che contribuiscono a creare la giusta atmosfera per gustare un albo che è un omaggio all’avventura classica, con un certo gusto per il moderno, con colpi di scena e disegni veramente azzeccati, che accompagnano bene la trama e conquistano il lettore. 




Omaggio che si impreziosisce di un’opera di scavo nella complessità umana e di studio dell’animo di un eroe che, come spesso è capitato, rappresenta l'ossessione travolgente e la fuga, materiale e metaforica, da una realtà che si avverte come stretta e soffocante.