lunedì 30 settembre 2013

Citazioni Cinematografiche n.12


Antonius Block: Chi sei tu?
Morte: Sono la morte.
Antonius: Sei venuta a prendermi?
Morte: È già da molto che ti cammino a fianco.
Antonius: Me n'ero accorto.

(Antonius Block/Max von Sydow e la Morte/Bengt Ekerot in “Il Settimo Sigillo”, di Ingmar Bergman - 1957)


domenica 29 settembre 2013

L'Arte secondo Tarkovskij



"L’arte si rivolge a tutti nella speranza di essere, prima di tutto, sentita, di suscitare uno sconvolgimento emotivo."

Andrej Arsen’evic Tarkovskij




venerdì 27 settembre 2013

Dove c’è Barilla c’è casa. Ma non per i gay



Dove c’è Barilla c’è casa. Ma non per i gay


«Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri».

Guido Barilla a La zanzara, su Radio24, 25 settembre 2013


Incuriosito dalla polemica e dalle discussioni che si sono generate mi sono informato sulla questione Barilla. Ovvero le dichiarazioni  radiofoniche di Guido Barilla, di cui ho riportato l’estratto più significativo.

Personalmente ritengo che sia sacrosanto, ovvio, che un’azienda possa scegliere come e con quali testimonial o simboli pubblicizzare i propri prodotti. Fossero anche spot con gattini sperduti sotto la pioggia, una bambina asiatica che mangia spaghetti e (forse) si integra con una famiglia italiana, un noto calciatore brasiliano od un sexy attore spagnolo che parla con una gallina e così via. 


Va bene anche una improbabile colazione in mezzo ad un campo di grano o in mulino di alto design con il sole splendente, alto e a picco anche se è solo mattina presto.  Accetto (con qualche riserva) anche una famiglia di quattro persone con la madre perfettamente truccata e con la messa in piega, il padre rasato di fresco e vestito di tutto punto che sorride amabile ai figli (maschio e femmina) pettinati, puliti, biondi, senza brufoli o apparecchio ai denti che ridono felici all’idea di andare a scuola e via di fantasia.


È questione di marketing, di pubblicità, di promozione di un marchio, di un brand, di un prodotto, anche di una idea di consumatore. Probabilmente alla Barilla studiano bene le pubblicità e sanno come muoversi, a chi rivolgersi, quali sono i consumatori a cui vogliono arrivare e che magari si aspettano tali messaggi. Tutto bene, ok, se si vende si va avanti, l’azienda lavora e crea lavoro e siamo felici che un marchio italiano faccia fortuna anche all’estero.

Allora dove sta l’inghippo? Dov’è che il meccanismo crea un inciampo e perché le dichiarazioni del Barilla urtano anche me, che, tra le altre cose, so poco di pubblicità, guardo con parsimonia la televisione (senza farne motivo di orgoglio) e mangio relativamente poca pasta e pressoché per niente merendine o fette biscottate (del sexy attore di cui sopra)?

Lasciamo da parte, almeno per ora, il fatto che all’interno della Barilla potrebbero lavorare, e quindi contribuire alla fortuna dell’azienda, uomini e donne omosessuali, parenti ed amici di omosessuali, persone “sensibili” ai temi dei diritti civili, poiché se il Guido Barilla ritiene opportuno non tenerne conto sono affari suoi (“in casa degli altri” si sa… “questa è casa mia e qui comando io” e vai di luoghi comuni). Sorvoliamo sul fatto che l’illustre imprenditore, di fatto, rischia anche di arrecarsi un danno, di minare (magari solo in parte) le sorti dell’azienda, perché è molto probabile, quantomeno possibile, che nelle famiglie felici e tradizionali delle campagne Barilla si riconoscessero perfino alcuni appartenenti a famiglie gay: il sistema di valori e principi, la legittima aspirazione alla serenità, alla condivisione, la ricerca di un’intimità affettiva familiare, anche solo il desiderio di bere un caffèlatte e ingozzarsi (sorridenti ed in armonia) di biscotti e merendine, e tante altre belle cose non cambiano in base all’orientamento/identità sessuale (omofobi e intolleranti vari se ne facciano una ragione). D’altronde, è evidente, quelle delle pubblicità sono famiglie proiettive, non ritratti puntuali, precisi dell’attuale società italiana, che è andata molto cambiando dai tempi in cui un piccolo mugnaio bianco sfornava deliziosi tegolini per la sua bella Clementina.


Allora è il “noi siamo per la famiglia tradizionale” che mi crea imbarazzo.
È un’opinione legittima, per carità. Ma è un’opinione personale del proprietario, espressa con un atteggiamento greve e con poca grazia, anzi brutalmente, poiché non credo che fosse legittimato a parlare a nome di tutti i dipendenti della Barilla, tantomeno incaricato di esporre un marchio accanto ad opinioni strettamente personali.

Allora, noi chi?

Non c’è scelta di mercato o strategia aziendale, bensì mera posizione ideologica. Espressa, con scarsa lungimiranza, identificandola con il marchio che porta il nome del padrone di una importante azienda italiana. Il Barilla compie una scelta, da cui nasce un principio che non è inclusivo, ma è esclusivo. Allora non più “dove c’è Barilla c’è casa” o “c’è amore”, bensì, per bocca del suo sventurato padrone, questa azienda, nei pensieri di molti, “tifa” esclusivamente “per la famiglia tradizionale”, cosa che esclude e potrebbe anche dare fastidio a chi non ne fa parte.


Ma, a pensarci bene, anche questo potrebbe starci, in questi cupi e difficili tempi, dove omofobia ed intolleranza ce ne fanno vedere e vivere di ogni colore, dove il ritenere che la questione omosessuale sia un tema di civiltà che riguarda tutti, non solo gay ed il mondo LGBT, automaticamente ti fa entrare nella categoria “frocio e amico dei froci”, fine sillogismo tipico della destra nostrana.

No, quello che veramente mi fa uscire di testa è il passaggio “Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”!

Caro Barilla, Cara Barilla,
come le “scelte” e la “vita” delle persone omosessuali possono infastidirvi?
Perché le loro “scelte”, anche quella di non consumare la vostra pasta, devono essere descritte come potenzialmente fastidiose rispetto alla “norma” eterosessuale?

Vi rendete conto che questo alimenta, tra le altre cose, quell’atteggiamento per cui una minoranza, per vivere in pace o esser degna di essere parte della società civile, deve rimanere ai margini, “tenere un basso profilo”, persino dimostrare di avere una moralità maggiore rispetto al popolo dei “normali”? Vi accorgete che le frasi pronunciate durante una trasmissione radiofonica e diffuse in lungo ed in largo, sostengono l’idea che ai gay sia “permesso” vivere in Italia ma senza eguale dignità giuridica?

Certo, poi se non ci piace, possiamo sempre cambiar paese, pardon, marca di pasta.










Ogni tanto tutti impazziamo

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giovedì 26 settembre 2013

Gardenie


Da bambino una volta sono stato su quel fiume. C’era un punto del fiume – non ricordo bene – credo fosse una piantagione di gardenie, o comunque una piantagione di fiori… adesso è in stato di incuria e pieno di erbacce, ma almeno per cinque miglia sembrava che il paradiso fosse sceso sulla terra sotto forma di gardenie.

Marlon Brando in “Apocalypse Now”, di Francis Ford Coppola – 1979.




martedì 24 settembre 2013

La Pazienza del Destino – Le Storie n. 12


La Pazienza del Destino – Le Storie n. 12

Chi ha la pazienza (ed il tempo) di visitare questo mio spazio avrà notato che apprezzo le opere di Edward Hopper. Pertanto non poteva non emozionarmi la copertina del numero 12 de “Le Storie”, serie della Sergio Bonelli Editore che non posso fare a meno di acquistare e leggere e conseguentemente consigliare.

 

“La Pazienza del Destino”, infatti, presenta una rivisitazione, da parte del sempre apprezzabile Aldo Di Gennaro, del famoso Nighthawks, quale copertina più che azzeccata ed adatta ad introdurci nelle atmosfere hard-boiled dell’albo in edicola questo mese.

Storia, sceneggiatura, dialoghi e passaggi narrativi sono quelli classici di un noir vecchio stampo, con tutte le caratteristiche e gli stereotipi ben presenti e chiari. Niente di veramente originale, tutta va come ci si aspetta che vada, per una lettura che si svolge piacevolmente accattivante e soddisfa le aspettative di chi ritrova una trama e personaggi già centinaia di volte incontrati. Già questo è un elemento da sottolineare, poiché tale totale aderenza ad uno stile, ad un genere così fortemente connotato, è, sostanzialmente, una novità all’interno di una serie che ha fatto della commistione di stili e stilemi, di generi e caratteri, un marchio ed una precipua caratteristica. 

Gli albi scorsi presentavano una compresenza di generi e di stili di composizione dei dialoghi, così come le trame ed i disegni ne venivano chiaramente influenzati, così che si faceva fatica ad “incasellare” un albo all’interno di un filone, a dare un’etichetta ad una storia narrata. Avventura, introspezione, ricostruzione storica, cronaca, fantascienza e realtà venivano mescolati, ed al lettore rimaneva il gusto di “scoprire” riferimenti e rimandi, oltre naturalmente al piacere della lettura, mai banale o scontata.

 

Questa aderenza ad un genere, il noir hard-boiled nello specifico, potrebbe risultare un rischio, allora, ma Paola Barbato gioca con i protagonisti, con Douglas Monroe in particolare, per regalarci, ad un certo punto, quando ormai pensiamo di aver capito come tutto andrà a finire, una variazione clamorosa, un “colpo di scena” che si dipana per le ultime 30 tavole circa e che sovverte l’intera storia fin lì narrata, donando nuova luce sulle vicende presentate e facendole vedere da un altro punto di vista.

 

Sopra tutto e tutti è Douglas Monroe (un riconoscibilissimo Humphrey Bogart), che è il vero motore della storia, capace di “accendere e spegnere” le luci su di sé e gli altri personaggi. Pertanto gli stereotipi, le situazioni ormai arcinote, i caratteri al limite del banale sono funzionali a creare un’atmosfera ed un clima che facciano da sfondo alla figura di questo detective apparentemente senza morale e quasi senza una vera e chiara connotazione, a tratti antipatico e irritante nella sua dissonante indagine privata.

 

La conclusione dell’albo è invece un’epifania, un momento in cui tutto va al suo posto, pur rischiando di appesantire la lettura, rischio che viene evitato grazie a quanto seminato fino a quel momento ed alla bravura della sceneggiatrice.

 

Un’ultima annotazione sui disegni di Giovanni Freghieri, che ben illustrano e sottolineano la trama e gli eventi, anche se, a mio parere, seppur avvicinandosi all’ottimo, stonano leggermente con l’atmosfera ed il clima che dialoghi e sceneggiatura creano.

 

In sostanza uno dei migliori albi di questa collana, anche perché si differenzia da molti che l’hanno preceduto, sotto il profilo della composizione e della presentazione. 

 


lunedì 23 settembre 2013

Citazioni Cinematografiche n.11


"Allora, io non ti voglio prendere per il culo, okay? Non me ne frega un beneamato cazzo di quello che sai, di quello che non sai. Tanto ti torturo lo stesso. Comunque sia, non per avere informazioni. Il fatto è che mi diverte torturare uno sbirro. Puoi dire quello che vuoi, tanto non mi fa nessun effetto. Tutto quello che puoi fare è invocare una morte rapida... Cosa che tanto non otterrai".

(mr Blonde/Michael Madsen in “Le Iene”, di Quentin Tarantino – 1991)


venerdì 20 settembre 2013

Dragonero - L'Uccisore di draghi


Dragonero # 1-4

Con il numero in edicola questo mese si conclude la prima, lunga, storia di Dragonero, serie fantasy della Sergio Bonelli Editore.

L’esordio di Dragonero, attraverso quattro albi, è stato positivo da un punto di vista della qualità degli albi e della storia, ben scritta, sceneggiata e disegnata, nonostante qualche inevitabile “leggerezza” dal punto di vista della resa grafica e della composizione dei dialoghi. Su questo punto teniamo presente che una storia in quattro albi, della Sergio Bonelli, è composta da un numero considerevole di tavole, che vengono disegnate e rifinite in un tempo molto lungo, per cui disegnatore e sceneggiatore/creatore dei dialoghi a volte faticano a mantenere sempre lo stesso livello e garantire perfetta continuità.


Ricordiamo che si tratta di un esordio per la serie regolare, non per il personaggio, Ian Aranill, ed i suoi compagni, poiché il “romanzo a fumetti” omonimo uscì nel 2007 (un’era geologica fa nel mondo in cui viviamo! ed anche nel mondo delle “nuvole parlanti”), pertanto sarebbe difficile esprimere un’opinione o anche solo semplici impressioni senza tenerne conto, specie per chi, come me, si era abbastanza esaltato per quel corposo e avvincente albo, dal sapore epico ed avventuroso, che solo in parte ho ritrovato in questi primi numeri.

Intendiamoci, sono senza dubbio un estimatore del lavoro svolto da Luca Enoch, Stefano Vietti e, per quanto riguarda i disegni, da Giuseppe Matteoni e Luca Malisan, per cui soggetto e sceneggiatura, curati e ben resi, sono sicuramente soddisfacenti e la parte grafica, anche tenendo conto come già detto della notevole quantità di tavole, è più che gradevole, con alcuni passaggi veramente mirabili (paesaggi ed interni della fortezza della Nera Signora soprattutto).


Pertanto il livello è buono, in alcuni momenti tende al buonissimo, ma sono ancora alla ricerca di una vera e propria caratterizzazione dei personaggi e del mondo di Dragonero, che per ora non è all’altezza di quanto mostrato nel 2007. Alcune ridondanze nei dialoghi e nelle situazioni hanno appesantito la lettura, un po’ di superficialità nel presentare e far uscire di scena personaggi e la relativa fretta nel concludere scontri e “resa dei conti” mi hanno lasciato perplesso, ma ho fiducia nel prosieguo della saga, più per fiducia in Enoch, poiché ho il timore che Vietti possa cedere alla tentazione di introdurre sottotemi e saghe parallele (come fatto in Nathan Never per intenderci).


Le basi sono un incontro fra classico e tradizionale (impero, città libere, razze in conflitto fra loro, gruppo eterogeneo di protagonisti) e una certa attenzione alle peculiarità più moderne (steampunk, ottima interazione fra i protagonisti, approfondimenti personali e tematiche ecologico-moderniste ad esempio).


Rimane comunque che il mondo di Dragonero trasmette fascino e ha tratti veramente coinvolgenti, presenta aspetti peculiari e grandi potenzialità che, se ben utilizzate e caratterizzate, potrebbero donare ai lettori soddisfazioni e ore di emozioni. Inoltre la presenza di una tecnologia che richiama decisamente il genere steampunk e l'uso maturo della magia sono elementi più che positivi della serie

lunedì 16 settembre 2013

Citazioni Cinematografiche n.10



Buongiorno brigadiere, come vede, si lavicchia!

(Dante Cruciali/Totò in “I Soliti Ignoti", di Mario Monicelli - 1958)

sabato 14 settembre 2013

C'è un amore...


“…
C’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a sapertelo spiegare che filosofo sarei
…” 
(Gli Spietati - Baustelle)

venerdì 13 settembre 2013

Dampyr 162 - Il Figlio di Joan


Accingendomi a scrivere le mie impressioni sull’albo n.162 di Dampyr, “Il Figlio di Joan”, non posso fare a meno di organizzare il “discorso” su due livelli.

In pratica, se si considera l’albo come storia a sé, indipendentemente dalla continuity, il giudizio è poco più che “discreto”. Intendiamoci, i disegni sono godibili e alcune tavole veramente ben fatte, le scene di azione sono ben orchestrate ed organizzate, pur mancando un po’ di sana tensione, la trama offre spunti di interesse e via così, ma proprio tutti questi elementi, comunque positivi, vengono sacrificati dalla foliazione ridotta. Ovvero questa storia sarebbe stata ottima se sviluppata su due albi, in modo tale da approfondire e arricchire caratterizzazione dei personaggi, della situazione e della vicenda in generale. Nello specifico la conclusione dell’albo si presenta come un po’ affrettata e troppo semplice, in barba a quanto visto nei primi tre quarti delle tavole, dove comunque si perde l’occasione di approfondire e presentare i caratteri del nuovo personaggio presentato, tra l’altro una demonessa niente male (!) al servizio di Nergal, e di tutti gli altri protagonisti della “scuderia” richiamati per l’occasione.


Ecco, forse il limite più evidente de “Il Figlio di Joan” è nel mettere, come si dice, troppa carne al fuoco, ovvero la sceneggiatura è complessa e ricca, ma non sufficientemente resa sulle tavole, come si è detto in numero troppo esiguo rispetto alle evidenti necessità. Sono dell’idea che quando si hanno molte, buone, idee e le si voglia, per forza, inserire tutte in un solo albo, non si offra un buon servizio alla storia, che ne risulta così limitata nelle potenzialità della trama, e non si faccia un favore al lettore che, a mio parere, deve avere anche il tempo di gustarsi gli eventi ed eventualmente “accogliere” gli eventi narrati.

D’altro canto se, inoltre, si considera questo numero 162, all’interno dell’intera serie regolare di Dampyr, il giudizio non può che essere più che positivo, pur con qualche motivo di attesa e un leggero senso di sospensione critica. Ovvero succede un sacco di roba che non potrà che, fortemente, influenzare il prosieguo della serie.

Come prima e più intrigante novità, c’è l’esistenza di un nuovo Dampyr! È vero che è solo un bambino, ma chissà se (e quando) scoprirà avere poteri o particolari doti. Inoltre il nostro Harlan si ritrova a fronteggiare, in un colpo solo, le potenze infernali ed addirittura il redivivo e pericoloso Erlik Khan, nientemeno che un fedele alleato di Draka, uccidendo Kagyr e provocando il rientro nei giochi di Samael.

Da non sottovalutare inoltre le nuove, pericolose, minacce all’Equilibrio.


Tutto questo fa ben sperare per i prossimi mesi e magari anni, poiché non sono eventi da poco. Ragione questa per essere contenti di quest’albo, che si presenta come portatore ed antesignano di prossimi, interessanti ed affascinanti sviluppi. La serie di Dampyr si presenta come viva e stimolante, non solo occasione di belle storie singole (come quella del mese scorso), ma anche prossima ad impegnarsi in saghe o comunque vicende di ampio respiro, con la speranza che complessità delle trame, disegni e personaggi presentati (vecchi e nuovi) possano approfittare di degni ed ampi spazi.


Le tre Guardiane della Legge hanno un altro piccolo Dampyr da proteggere... Ma la sua esistenza non è un segreto per il granduca infernale Nergal. Un’alleanza si prepara tra i demoni dell’Altra Parte e i Maestri della Notte. Nello scontro su un’isola battuta dalle tempeste, Harlan Draka si troverà davanti inesorabili nemici vecchi e nuovi che si contendono corpo e anima del piccolo Charles Moore... il nuovo Dampyr! (Trama da sergiobonellieditore.it)

martedì 10 settembre 2013

Rimando



Chissà che pensi adesso è stato solo sesso
C'è altro che fra noi dovrà succedere più spesso
E già mi manca l'aria già non so più se voglio
Se tocca a me decidere non riesco a far di meglio

E non so se al tuo risveglio rimango o me la squaglio
Il tempo di una rima tra la brina e la mattina
Per scriver col rossetto allo specchio in fondo al letto
Addio che senza impegno io rinuncio già al tuo regno

Rimando rimando rimando rimando io
Rimando rimando tutto a domani e
Rimando rimando io
Rimando rimando rimando rimando sempre a domani

E piano un'altra volta io chiudo un'altra porta
Di fronte agli imprevisti temo d'essere travolta
Da scelte che non voglio dal rischio di un abbaglio
Sul pianerottolo delle intenzioni non mi sbaglio

Tra fanti già caduti tra principi svaniti
Tra foglie di stagioni già seccate nel diario
Lo so che passan gli anni il tempo ha nuovi inganni
La solitudine mi ronza intorno e faccio danni

Rimando rimando rimando rimando rimando rimando tutto a domani e
Rimando rimando io rimando rimando rimando rimando sempre a domani

Rimando rimando rimando rimando io rimando rimando tutto a domani e
Rimando rimando io rimando rimando rimando rimando sempre a domani

La brina alla mattina caffè con l'aspirina
La libertà di stare sempre sola come prima
La brina alla mattina la rima da bambina
La libertà di stare come prima
La brina alla mattina profumo di benzina
La libertà di stare sempre sola come prima
La brina alla mattina divinità o regina
Di un attimo d'amore tutto torna come prima

 (Rimando - Musica Nuda - Petra Magoni e Ferruccio Spinetti)

lunedì 9 settembre 2013

Citazioni Cinematografiche n.9



Jacob: Qualcuno ha capito quello che succede qui dentro?

Seth: Io l'ho capito. La fuori c'è un branco di vampiri del cazzo che vogliono entrare qui per succhiarci un bel po' di sangue, e questo è tutto. Chiaro e semplice. E non voglio sentir dire da nessuno: "Ma io non ci credo ai vampiri del cazzo!", perché io non ho mai creduto ai vampiri del cazzo, ma credo a quello che vedono i miei occhi e quello che ho visto erano dei vampiri del cazzo. Allora, siamo tutti d'accordo nell'affermare che abbiamo a che fare con dei vampiri del cazzo?

(Jacob/Harvey Keitel e Seth/George Clooney in “Dal Tramonto all’Alba” di Robert Rodriguez- 1996)


sabato 7 settembre 2013

99 giorni fra Los Angeles e Rwanda


99 Giorni


Autori: Matteo Casali (testi), Kristian Donaldson (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics

99 giorni fra Los Angeles e Rwanda.

“Mentre una serie di omicidi fa esplodere la guerra tra le gang di Los Angeles, il detective Antoine Boyd deve affrontare un incubo che conosce fin troppo bene. Insieme alla collega Valeria Torres cercherà di risolvere il mistero del "Macellaio col machete". Il suo passato minaccia però di farlo a pezzi. Antoine infatti non è solo un poliziotto di L.A.: è anche un profugo scampato al genocidio che ebbe luogo in Rwanda nella primavera del 1994. È un uomo che ha visto con i suoi occhi cosa un machete può fare nelle mani di un pazzo. Riuscirà a catturare l'assassino senza perdere l'anima? Se fallirà, Antoine Boyd potrebbe scoprire che i suoi 99 giorni nell'inferno del Rwanda non sono affatto finiti...”.
(sinossi da www.ibs.it)

Sceneggiatura serrata, di derivazione televisiva, con evidenti riferimenti alla Los Angeles di Ellroy, per un albo che si pone a metà strada fra un noir e la puntata di uno dei tanti serial televisivi che provengono dagli Stati Uniti.

Matteo Casali ambienta la storia in una Los Angeles che sembra uscita da un crime drama televisivo (vedete un po’ voi quale…). Nella metropoli descritta da Casali, quindi, il crimine dilaga e sono soprattutto le gang afroamericane dei Crips e dei Bloods a farla da padroni. Antoine Boyd, protagonista del volume, è un detective irreprensibile e ligio alle regole che cerca di svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi.


Il parallelo fra Stati Uniti e Rwanda funziona bene, anche grazie a sapienti flashback, per cui la lotta fra gang richiama lo scontro, e relativo massacro, fra Tutsi e Hutu. Gli Stati Uniti di Casali sono violenti, infami, ingiusti, come il Rwanda, vi è rappresentata una vicenda e schemi che richiamano alla vita vera e vissuta, pertanto la differenza tra la metropoli americana e l’Africa profonda, con le sue baraccopoli, sublima.


Il riferimento ed il parallelo è incarnato da Boyd stesso, profugo sopravvissuto, con tante cicatrici psicologiche ed emotive, ed è esaltato da una feroce denuncia dell’ipocrisia del potere, l’avidità delle corporation, la violenza (innanzitutto psicologica) sui minori, nonché la sotterranea, strisciante corrente di razzismo che impregna ogni ambiente, dalle stazioni di polizia ai network radiofonici che enfatizzano i pregiudizi, fino ai lussuosi uffici dei businessmen, in un certo qual modo più spietati di un Crip o di un Blood, malgrado indossino maschere di rispettabilità.


La trama non è propriamente originale, ma lo è come viene proposta, anche grazie ad una intelligente e stimolante dose di citazioni (letteratura, musica, arte e fatti di cronaca). I disegni di Kristian Donaldson sono più che funzionali alla sceneggiatura, capaci di dare forma e vita ai “fantasmi” di Boyd, con un buon uso del chiaroscuro che accentua la componente tragica della vicenda, accompagnando il ritmo e la lettura dell’albo.


Un buon prodotto, di derivazione statunitense, con un buon sceneggiatore italiano che miscela originalità e convenzioni per darci la possibilità di scendere all’inferno e rimanerne un po’ segnati, almeno sottotraccia, lasciandoci un certo gusto che sa di hard-boiled.


mercoledì 4 settembre 2013

Quando dico le bugie


“Sei ancora più carino quando dici le bugie”
Oppure “non riesci proprio a dire le bugie, ma mi piaci tanto!”
O, che ne so, “ma lo sai che sei proprio adorabile quando cerchi di dire una bugia?”

Cose così, magari anche meno.
Invece io mi devo sentir dire: “ma non sparare cazzate, lo so benissimo che non è vero!”.

La mia vita ha bisogno di un altro sceneggiatore! 


lunedì 2 settembre 2013

Citazioni Cinematografiche n.8




Joey: Richie, io sono qui per fare pace....dimmi che devo fare per mettere le cose a posto.
Richie: Una cosa la potresti fare, credo......potresti morire, Joey.

(Joey Cusack/Tom Stall/Viggo Mortensen e Richie Cusack/William Hurt in “A History of Violence, di David Cronenberg - 2005)

domenica 1 settembre 2013

Ulisse e Penelope



Ulisse: Penelope, amore, vado un attimo a comprare le sigarette!
Penelope: Va bene, caro, ma non fare tardi…
Ulisse: Tranquilla amore!
Penelope: Seeh tranquilla… Non fare che poi ci metti un’ora a tornare a casa!
Ulisse: Ma no, amore… al massimo 10 anni, come al solito! Ah,Ah!
Penelope: Guarda che erano 20!!
Ulisse: Che cagacazzo che sei!
Penelope: Dove sono i Proci?