lunedì 29 dicembre 2014

Citazioni Cinematografiche n. 77


"Non so, penso che gli uomini siano più romantici rispetto alle donne: quando ci sposiamo, lo facciamo con quella giusta; resistiamo per tutto il cammino, perché, quando conosciamo quella giusta, pensiamo che saremmo degli idioti, se non la sposassimo, è così meravigliosa! Invece, sembra che le ragazze debbano scegliere l'opzione migliore: conosco ragazze che si sposano un ragazzo solo perché ha un buon lavoro. Sprecano tutta la vita alla ricerca del principe azzurro, ma finiscono per sposare chi ha un buon lavoro e se ne resterà lì!"  
(Dean/Ryan Gosling in “Blue Valentine”, di Derek Cianfrance – 2010)



sabato 27 dicembre 2014

Rosa fortunata

Raymond Leech, "Only a dream away"

Vanne, o rosa fortunata, 

a posar di Nice in petto 
ed ognun sarà costretto 
la tua sorte invidiar. 
Oh, se in te potessi anch'io 
transformarmi un sol momento; 
non avria più bel contento 
questo core a sospirar. 
Ma tu inchini dispettosa, 
bella rosa impallidita, 
la tua fronte scolorita 
dallo sdegno e dal dolor. 
Bella rosa, è destinata 
ad entrambi un'ugual sorte; 
là trovar dobbiam la morte, 
tu d'invidia ed io d'amor.


("Vanne, o rosa fortunata" di anonimo)


lunedì 22 dicembre 2014

Citazioni Cinematografiche n. 76

“Qualcuno mi sta tirando verso il basso... Lo sento anche se non lo vedo. Però non ho paura, ci sono già passato. È uguale a quando mi hanno sparato sulla 104esima Strada... Non mi portate in ospedale, in quelle cazzo di corsie d'emergenza non c'è protezione, qualche bastardo ti viene a far fuori a mezzanotte quando di guardia c'è solo un infermiere cinese rincoglionito. Oh, guarda come si preoccupano questi qua... Perché? Per un portoricano come me è già tanto essere campato fino a questa età. La maggior parte dei miei compagni c'ha rimesso la pelle da anni... State tranquilli, ho un cuore che non molla mai. Non sono ancora pronto a fare fagotto.”

(Carlito Brigante/Al Pacino in “Carlito’s Way", di Brian De Palma - 1993)



sabato 20 dicembre 2014

Lettera a Babbo Natale


-         Ciao Adriano!
-         Salve. Ci conosciamo?
-         Oh sì, anche se è da molto che non abbiamo occasione di parlarci.
-         Mi perdoni, ma io non mi ricordo di lei.
-         Non ti preoccupare, non mi offendo. Mi capita spesso.
-         Prego?
-         Mi capita spesso che una volta diventati grandi non vi rivolgiate più a me.
-         Senta, ma è sicuro che ci conosciamo?
-      Certo! Io non mi sono dimenticato di te, anzi, in un certo senso ti seguo da sempre.
-         Mi sta facendo paura.
-         No, non devi avere paura. Io ti conosco fin da quando eri un bambino.
-         Lei è la mia coscienza?
-         Ma che coscienza! Quella è roba da preti e psicologi!
-         Ma allora lei chi è?
-         Davvero non mi riconosci?
-         Mah, non so. È vestito in modo strano.
-         Quindi chi sono?
-         Non lo so. Uno squilibrato che ha voglia di importunare la gente?
-         Ma dai! Non riconosci il costume? Sono Babbo Natale!
-         Babbo Natale?
-         Sveglia! Non guardi la tv, la pubblicità?
-      Ma io pensavo che quell’immagine, costume rosso, berretta con ciuffo e barba lunga bianca fosse un’invenzione della Coca-Cola!
-       La solita propaganda della stampa di sinistra. Questo è il mio autentico abbigliamento, ed io ho sempre portato la barba lunga!
-         Ah ecco! Bene, cosa posso fare per lei?
-         Dammi del tu!
-         Sicuro?
-         Certo!
-         Senti, hai mai pensato di cambiare stile di vita?
-         E perché mai?
-         Vedi, vivi al Circolo Polare Artico, un posto isolato. Magari ti annoi.
-       Scherzi! E dove lo trovo un altro lavoro come il mio? Non faccio una mazza 11 mesi all’anno. Poi verso la fine di novembre mi faccio vedere un po’ in giro, giusto per stuzzicare i bambini, e da vero capitalista faccio lavorare quei fessi degli elfi. In fondo sono il capo, lavoro una notte all’anno e divento l’idolo di tutti.
-         In effetti.
-         Ma torniamo a noi, anzi a te. È da molto che non mi scrivi una letterina!
-         Sì, è vero.
-         Sarebbe ora che ricominciassi.
-         Ma senti, visto che sei qui, non posso chiedere direttamente a te?
-         È quantomeno inusuale!
-      Certo, perché invece fermarmi per la strada e farmi fare la figura dello sciroccato che parla con uno travestito da Babbo Natale è procedura comune!
-         Non sono travestito da Babbo Natale. Io sono Babbo Natale! Esisto!
-         Ehi, nonno, non ti scaldare e non tirarmi fuori assunti filosofici da quattro soldi!
-         Certo che voi se non tirate fuori Brecht!
-         Ma quale Brecht! La sua era l’Opera da TRE soldi!
-         Ecco vedi? La solita superiorità della sinistra! Vi credete migliori di tutti.
-         Ma che stai dicendo, quale superiorità!
-         Vabbè lascia stare, so io, so.
-         Ma che sai? Ma che vuoi?
-         Stai calmino bello, che ci metto un attimo a tirarti sotto con la slitta!
-         Insomma, perché mi hai fermato?
-         Volevo farti esprimere un desiderio per Natale!
-         Ma di solito non sono tre i desideri?
-         Sono Babbo Natale, non il genio della lampada e tu non mi sembri proprio Aladino!
-         Quindi un solo desiderio, un solo regalo?
-         Esattamente! Vedi che non sei così scemo come sembri?
-         D’accordo. Voglio un drago! Lo desideravo tanto da piccolo!
-         Ma Adriano! Qualcosa di reale, non una cosa fantastica, non una chimera!
-         Va bene, allora un lavoro sicuro e dignitosamente retribuito.
-     Di che colore il drago?


giovedì 18 dicembre 2014

Piove


“Piove sul giusto e piove anche sull’ingiusto; ma sul giusto di più, perché l’ingiusto gli ruba l’ombrello.”

Lord Bowen


lunedì 15 dicembre 2014

Citazioni Cinematografiche n. 75

Berlino: qui sono straniera e tuttavia è tutto così familiare. In ogni caso non ci si può perdere: s'arriva sempre al muro.

(Marion/Solveig Dommartin in “Il Cielo sopra Berlino”, di Wim Wenders - 1987)



venerdì 12 dicembre 2014

giovedì 11 dicembre 2014

La Grande Guerra # 6

I PROTAGONISTI 

GUGLIELMO II


Nato nel 1859, di formazione calvinista, il futuro imperatore studia diritto pubblico all’università di Bonn e apprende la disciplina militare a Postdam. L’handicap ad un braccio, causato dalla poliomielite, lascia un profondo segno sul suo carattere.


Diviene Guglielmo II di Prussia e Germania nel 1888, quando sale al trono. Risulta un convinto assertore della necessità per la Germania di ristabilire un regime interno autoritario, tramite il recupero dell’autorità regale, nonché di una maggiore forza militare e navale. Per la sua concezione dell’autorità come potere assoluto di origine divina si scontra con il cancelliere Bismarck, costringendolo alle dimissioni nel 1890. Il Kaiser vuole occuparsi personalmente di politica estera, il risultato è, di fatto, l’isolamento politico della Germania nei confronti di Russia e Gran Bretagna.

Durante il conflitto le sue decisioni in campo militare si limitano alla scelta dei comandanti supremi, ai quali, come nel caso di Ludendorff, concede ampi margini politici. Al momento del crollo militare della Germania, la sua abdicazione viene posta come condizione per l’armistizio. Nel novembre del 1918 si rifugia a Doorm, in Olanda, dove vivrà in un appartato esilio, fino al 1941, anno della sua morte.

martedì 9 dicembre 2014

Malinconia # 6

Andrea Ferrucci - Malinconia
Malinconia, Ninfa gentile,
la vita mia consacro a te;
i tuoi piaceri chi tiene a vile,
ai piacer veri nato non è.
Fonti e colline chiesi agli Dei;
m'udiro alfine, pago io vivrò,
né mai quel fonte co' desir miei,
né mai quel monte trapasserò.

"Malinconia, Ninfa gentile"
di Ippolito Pindemonte (1753-1828)





lunedì 8 dicembre 2014

Citazioni Cinematografiche n. 74

“In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi, e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e coi denti, per un centimetro. Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta.”

(Tony D’Amato/Al Pacino in “Ogni Maledetta Domenica”, di Oliver Stone - 1999)



sabato 6 dicembre 2014

Ti piace? Dipende, chi l'ha detto?

by Santiago Solìs
A volte provo una certa nostalgia per gli anni universitari.
Non tanto per le serate concluse a gare di rutti o quelle che si prolungavano fino all’alba nello sforzo di guadagnarsi almeno un bacio della bella di turno, bensì per le occasioni di confronto e discussione che, “magicamente”, nascevano da semplici frasi o banali e trascurabili eventi quotidiani.

Ad esempio, mi ricordo, una sera, il giorno dopo aver visto al cinema l’ultimo film di Stanley Kubrick, “Eyes Wide Shut”, mi “scappò” di dire che la musica finale era un valzer di Dmitrij Šostakovič. La reazione, peraltro non necessaria, non si fece attendere: “chi è ‘sto sciostakovic? Un altro dei tuoi russi del cazzo?”, “un comunista?”.

Ora, per completezza di informazione, il pezzo in questione era il valzer n.2 della Suite per Orchestra di Varietà (Jazz Suite n.2). Vi assicuro che da parte mia non vi era intenzione di esibire cultura musicale (comunque povera), tantomeno di mostrarmi capace di pronunciare nomi slavi, comunque questo generò una tanto inutile, quanto lunga, estenuante e a tratti fastidiosa, discussione sul valore di opere d’arte, letterarie o comunque dell’ingegno ed intelletto a prescindere dall’autore/creatore delle suddette.

Il buon Dmitrij Dmitrievič Šostakovič, del quale mentre scrivo ascolto la Sonata per viola e piano opera 147, era effettivamente nato russo e fu per tutta la vita un sostenitore degli ideali rivoluzionari dell’ottobre 1917. Molto semplicisticamente questo farebbe di lui un “comunista”, nonostante i molti problemi che ebbe con Stalin e le relative condanne subite. Ebbene questo, a parere del mio interlocutore di allora (che la Ragione ed il Buon Senso lo abbiano accolto tra le loro braccia), influenzerebbe in modo decisivo il giudizio sulla sua opera. Poiché un compositore sovietico, convinto dei fondamenti della rivoluzione bolscevica e, dopo la morte di Stalin, uno dei maggiori artisti e rappresentanti della Cultura e dell’Arte di quello che era “L’Impero del Male”, non poteva essere apprezzato e presentato come un buon modello.
A stigmatizzare tale cretinata basterebbe ben poco, ma comunque sottolineo come Šostakovič fu membro del Consiglio Internazionale dell’UNESCO, nota organizzazione comunista e sovversiva, con particolare delega alla Musica.
Dmitrij Dmitrievič Šostakovič
Quindi perché tutto ciò? In buona sostanza per evidenziare come sia ancora attuale il rischio che alcuni si facciano influenzare, ed influenzino a loro volta, nell’apprezzamento di composizioni, film, libri e altro, dalla posizione dell’autore in merito ad argomenti quali la politica, il suo eventuale sostegno ad ideali o temi, la legittima simpatia o antipatia per leader, capi di stato o religiosi ed affini.

Tanto per rimanere a Šostakovič, negli anni in cui Stalin ce l’aveva con lui il compositore veniva considerato, a prescindere dalle sue opere, come un “elemento positivo” da parte degli anticomunisti e degli occidentali. Cosa curiosa e francamente un po’ disturbata e disturbante.

Ebbene la questione può essere delicata e foriera di interpretazioni e problematiche non da poco. Io, da qualche tempo, in modo probabilmente un po’ sbrigativo, sostengo che chi è sufficientemente dotato di intelligenza, educazione, buon gusto e onestà intellettuale (ma anche onestà e correttezza in senso assoluto, giacché di un evasore non mi fido mai), è in grado di riconoscere un’opera di valore e meritevole di attenzione e apprezzamento, o viceversa una schifezza, a prescindere da chi ne sia l’autore. D’altra parte fin troppo danno è stato fatto boicottando od esaltando film, libri, opere teatrali e musicali in base alla “posizione” del loro creatore. Mi ricordo che, sempre durante la mia gioventù, spesso mi imbattevo in individui che, aderenti ad una particolare organizzazione politico-religiosa oppure a partiti e “chiese” varie, invitavano a vedere, leggere o ascoltare una cosa oppure un’altra principalmente perché l’autore, o anche solo l’esecutore, era “uno di loro”, “uno dei nostri”.

Una schifezza è tale e lo rimane anche se è fatta da mio cugino, a cui magari voglio tanto bene e mi invita a vedere la juve a casa sua.
Una cosa bella la dovrei riconoscere ed apprezzare, anche se l’autrice è ciellina e il suo sponsor è quel detestabile soggetto della mia prof di chimica del liceo.
Un film od un libro mi possono piacere o non piacere indipendentemente dal fatto che il regista o l’autore sia un farabutto, oppure un esempio di moralità e correttezza.

Io non credo di poter essere considerato un estimatore del nazionalsocialismo, tantomeno di Adolf Hitler (per quanto, come già esposto, l’individuo sia un efficace argomento per “animare” una serata), però non posso non rimanere estasiato di fronte al film-documentario Olympia ed ammirare il lavoro di Leni Riefenstahl, che lo girò, dedicato alle Olimpiadi estive del 1936. La Riefenstahl era amica di Hitler, in pratica contribuì in maniera efficace ed evidente all’esaltazione degli ideali e suggestioni naziste, ma la sua opera è ancora oggi mirabile. Infatti se in Olympia i protagonisti sono gli atleti (tra cui Jesse Owens), un posto rilievo la regista lo riserva, abilmente, a Hitler in tribuna. Si creava un parallelo tra il vigore dei giovani sportivi ed il capo di un popolo che sulla retorica della potenza aveva impostato la sua politica. Grande tecnica: teleobiettivi e ralenti sono usati senza parsimonia, il controluce esalta momenti e dettagli significativi, si sceglie la luce artificiale per destare emozioni e così via, senza dimenticare il mirabile montaggio e l’uso, enfatico, delle musiche. Olympia allo stesso tempo rispetta ed altera la realtà, offrendo dello sport un ritratto avvincente che segna l’inizio di un filone. Infatti tutte le Olimpiadi successive saranno filmate ed il cinema, secondo modi sempre più sofisticati, mostrerà immagini che non potranno non essere debitrici del film di Leni Riefenstahl.
Leni Riefenstahl

Spero che l’esempio sia sufficientemente esplicativo. In pratica non mi va giù che, ancora oggi, qualcuno valuti come sintomo di qualche prurito antisemita ascoltare Wagner, ritenga sconveniente, oppure motivo di simpatia “a priori”, leggere e godere della lingua usata in “Viaggio al termine della notte”, appassionarsi delle opere di Ezra Pound o di Maksim Gor'kij. Ritengo che valore di un’opera e suo autore possano essere distinti. Al riguardo chiamo in causa nientemeno che il premio Nobel Luigi Pirandello, che aderì e mai ruppe con il Partito Nazionale Fascista ed il Fascismo, senza che nelle sue opere ci fosse qualcosa di fascista. Per cui possiamo tranquillamente ascoltare il già ampiamente ricordato Šostakovič, senza per questo rischiare di sentirci bolscevichi, guardare il comunque brutto “Alba Rossa” anche se non siamo filo-americani e nostalgici della Guerra Fredda, leggere Borges anche se andava a cena con Videla e Pinochet, evitare i film di Bellocchio persino se ci definiamo di sinistra e altro ancora.

Luigi Pirandello
Ovviamente detesto quelli che, in virtù di un’appartenenza o di una affiliazione a qualche “club”, politico, religioso o sportivo che sia attribuiscono meriti e valore a qualche autore o artista. Ancora peggiore è la mia opinione su scrittori, giornalisti, cantanti che “giocano” sul conquistare credito e visibilità grazie ad apposite dichiarazioni e prese di posizione su temi, tematiche, accadimenti e opinioni/punti di vista su questioni politico-sociali.


giovedì 4 dicembre 2014

La Grande Guerra # 5

I PROTAGONISTI

FRANCESCO GIUSEPPE


“L’imperatore era un vecchio. Era il più vecchio imperatore del mondo. Intorno a lui girava la morte, girava e mieteva, girava e mieteva. Già l’intero campo era vuoto, e solo lui, come un argenteo stelo dimenticato, stava ancora lì e aspettava. I suoi chiari e duri occhi da anni e anni guardavano spersi in una sperduta lontananza. Il suo cranio era nudo come una duna tondeggiante. Le sue fedine erano bianche come un paio d’ali fatte di neve. Le rughe sul suo viso erano un intrico confuso dove i decenni avevano dimora.”
(Joseph Roth, “La Marcia di Radetzky” – trad. Laura Terreni e Luciano Foà)

Francesco Giuseppe I d’Austria nacque a Vienna nel 1830. Riceve una severa e religiosa educazione. Presta servizio militare in Italia durante i moti del 1848 ed alla fine dello stesso anno viene proclamato Imperatore, in seguito all’abdicazione dello zio Ferdinando ed alla rinuncia al trono del padre, l’arciduca Francesco Carlo.
Espressione degli ambienti militari, inizia un programma di restaurazione dell’autorità imperiale su basi centraliste, ma le sconfitte contro i franco-piemontesi ed i prussiani ridimensionano fra 1859 e 1866 le ambizioni austriache. Nei primi anni del novecento, anche a causa di una serie di lutti che dovette affrontare, si presenta come un gigante stanco, ancorato ad un mondo che non esiste più, dibattuto tra il rapido sviluppo economico e sociale dell'Europa occidentale e la sua concezione ereditaria di monarca per "grazia di Dio", nonché dai suoi doveri di sovrano nei confronti del suo popolo, che era estremamente diverso per lingua, cultura e nazionalità.

Con questo atteggiamento affronta, nel 1914, la guerra, rinunciando ad interferire nella conduzione della stessa. Muore nel 1916, prima di assistere al crollo dell’Impero.

“La gente pensava che Francesco Giuseppe ne sapesse meno di loro perché era tanto più vecchio. Invece ne sapeva forse più di molti. Vedeva tramontare il sole sul suo Impero ma non diceva nulla. Sapeva che sarebbe morto prima di quel tramonto.”

(Joseph Roth, Op. Cit.)

lunedì 1 dicembre 2014

Citazioni Cinematografiche n. 73

“Accendo il mio computer, aspetto con impazienza che si colleghi, vado online e trattengo il respiro finché non sento quelle paroline magiche, "C'è posta per te". Non sento niente, non un suono per le strade di New York, tranne il battito del mio cuore, ho posta da te.”

(Kathleen Kelly/Meg Ryan in “C’è Posta per Te”, di Nora e Delia Ephron – 1998)