mercoledì 28 ottobre 2015

La Grande Guerra # 12

I PROTAGONISTI

ARMANDO DIAZ


"Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12

La guerra contro l'
Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una czeco slovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita.
La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.
Nella pianura,
 S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.
L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.
Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Diaz ".


Nasce a Napoli da una famiglia di militari e magistrati. Compie gli studi all’Accademia Militare di Torino e fa rapidamente carriera nell’esercito. Dopo l’esperienza della guerra in Libia, dove è comandante di un reggimento, diviene segretario prima del generale Pollio, capo si stato maggiore dell’esercito e successivamente di Cadorna, subentrato a Pollio.
Nel 1915 è al comando del XXIII corpo d’armata sul Carso, distinguendosi per perizia e intelligenza di direzione. Dimostra notevoli capacità professionali e costante impegno ad ottenere il massimo dei risultati con il minimo delle perdite. Pone particolare attenzione per le esigenze dei soldati, convinto che si debba comandare più con il cuore che con la forza.
In seguito a queste sue convinzioni ed attitudini, dopo la sconfitta di Caporetto sostituisce Cadorna nel comando supremo e si rivela l’uomo giusto al posto giusto nella fase finale della guerra. Prudente e sereno, alla inflessibile volontà offensiva del predecessore sostituisce umana comprensione per gli orrori della guerra, attenzione per i soldati e capacità di collaborare con le forze politiche. Elementi, questi, che lo condurranno alla vittoria e lo renderanno una figura molto popolare.



Ipse Dixit # 111


lunedì 26 ottobre 2015

Citazioni Cinematografiche n. 120


Marion Steiner: L'amore fa male, forse?
Bernard Granger: Sì, l'amore fa male. Come un grande avvoltoio plana sopra di noi, si immobilizza e ci minaccia. Ma la minaccia può essere anche promessa di gioia. Sei bella, Hélèna, così bella che guardarti è una sofferenza.
Marion Steiner: Ieri dicevate che era una gioia.
Bernard Granger: È una gioia e una sofferenza.

(Marion Steiner/Catherine Deneuve e Bernard Granger/Gérard Depardieu in “L’Ultimo Metrò” di François Truffaut – 1980)



domenica 25 ottobre 2015

Foglie gialle


Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate?
Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?

(Trilussa)


venerdì 23 ottobre 2015

Luna # 7


Inno alla luna

O luna, tu che illumini ogni sera il tempo del sonno,
dove il sogno prende il sopravvento sulla realtà,
dove le ombre cancellano la luce,
illumina anche il mio cuore, perennemente dolente.
O spicchio di luce, che illumini i baci e le carezze dei giovani innamorati,
rischiara il loro cammino,
perché, confusi dal loro sentimento, non vedono l’irto sentiero
dove si imprimono i loro inesperti passi.
O notte, portatrice di effimere illusioni,
il tuo manto stellato possa avvolgere le mie parole
e consegnarle al vento, affinché possa essere mio messaggero.

(Giacomo Leopardi)





lunedì 19 ottobre 2015

Citazioni Cinematografiche n. 119


“L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali.
La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza.
Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell'ombra grigia di un'esistenza grama.
I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l'autorità, l'abilità o l'intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque.
Dunque, dottore, ha capito? Caporali si nasce, non si diventa: a qualunque ceto essi appartengano, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso: hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi, pensano tutti alla stessa maniera.”


(Totò Esposito/Totò in “Siamo Uomini o Caporali?”, di Camillo Mastrocinque - 1955 )




domenica 18 ottobre 2015

Mattino d'Autunno



Mattino d’Autunno

Un pallido sole che scotta
come se avesse la febbre
e fa sternutire quando
la gioia d’esser giovani
e di passeggiare di mattina
per i viali quasi deserti
è al colmo, illumina l’erba
bagnata e la facciata rosa
di un palazzo. Tutto è gioviale
buongiorno e sereno, raffreddore
e mezza stagione. E Goethe
in mezzo alla piazza sorride
.

(Attilio Bertolucci)


venerdì 16 ottobre 2015

Giallo, Noir & Thriller/27


Titolo: Süden – Il caso dell’oste scomparso
Autore: Friedrich Ani
Traduttore: Emilia Benghi
Editore: Emons:

Il protagonista di un romanzo di solito compone una buona parte del romanzo stesso, decretandone la fortuna o, viceversa, affossandone le possibilità di essere letto, apprezzato e diffuso, magari anche solo attraverso il “passaparola”.

Questa è la principale considerazione che ho fatto alla fine della lettura di “Süden – Il caso dell’oste scomparso”, di Friedrich Ani.
Il buon Tabor Süden è un ex poliziotto che si occupava di persone scomparse e di uno scomparso viene chiamato ad occuparsi, una volta assunto da una piccola agenzia di investigazione a Monaco di Baviera, città dove dopo tanti anni è ritornato. Chi deve cercare? Un oste che da due anni non fornisce più notizie su di sé, dopo aver abbandonato moglie e attività, ma allo stesso tempo è sulle tracce di suo padre, che non vede da quando era ragazzino e di cui è convinto di aver da poco ricevuto una strana telefonata.
 
Monaco di Baviera
Due indagini, insomma, una privata ed una professionale, condotte non solo parallelamente ma anche con le stesse modalità. Ovvero girovagando per la città, spesso in preda ai fumi dell’alcol, parlando con pressoché chiunque anche solo lontanamente possa fornirgli informazioni, perdendo tempo fra osterie, bar, ristoranti e bicchieri di birra e grappa svuotati ad una discreta velocità ad ogni ora del giorno e della notte e per di più andando a letto con una delle testimoni più attendibili appena dopo aver iniziato quello che sembra solo un simulacro di interrogatorio.

Un protagonista che in più di una pagina può risultare sgradevole e quindi stimolare antipatia, meditando anche di abbandonare la lettura di questo comunque intrigante giallo-noir. Questo perché se invece si riesce a prendere in simpatia questo ex poliziotto di mezza età, in sovrappeso e con evidenti problemi con l’alcol, il testo rivela una personalità interessante, che indaga con le parole ed i silenzi, attraverso una umanità che lo rende vicino al lettore, con una insolita e nascosta delicatezza unita ad un certo intuito e capacità di ascoltare e “conoscere” le persone.
 
Sylt

Così fra la Monaco già ricordata ed una remota isola delle Frisoni orientali, sul mare del nord, fra dune, onde e le immancabili bevute, Tabor Süden viene a capo dell’indagine, per un giallo che non ha morti, inseguimenti o sparatorie ma che parla al lettore e lo fa entrare in relazione con un personaggio che, in fondo, anche se non si riesce ad amare, quantomeno merita un po’ della nostra simpatia.

Immedesimazione totale, forte empatia, lunghi silenzi capaci di far emergere la verità. E nessun cellulare. Questo è lo stile di Tabor Süden, questi i suoi strumenti. Sulla cinquantina, tenace e introverso, Süden è stato un bravo poliziotto diversi anni fa, specializzato nel ritrovamento di persone scomparse. Ora una misteriosa telefonata del padre che non vede da 35 anni, lo riporta a Monaco, sua città natale. Ma Süden torna anche per il lavoro che gli viene meglio: il segugio. Ingaggiato da una piccola agenzia privata, si ritrova su un caso particolarmente tosto, un uomo sparito da quattro anni e dato ormai per morto, l’oste di un locale bavarese gestito assieme alla moglie. La pista seguita porterà l’ex commissario a Sylt, l’isola più a nord della Germania, luogo di gran fascino intriso di brezza e salsedine, profumo di aringhe e donne, dove a Süden si rivelerà una profonda verità: nessuno è quello che appare, soprattutto agli occhi di chi ti sta più vicino. (da ibs.it)



giovedì 15 ottobre 2015

Henning Mankell


La settimana scorsa è morto Henning Mankell, scrittore svedese da molti conosciuto per i suoi romanzi giallo-polizieschi.
Effettivamente una porzione importante dell’opera di Mankell è costituita da una serie di libri che costituiscono la “saga” di Kurt Wallander, commissario della polizia di Ystad, nel sud della Svezia, nella regione della Scania.

Il commissario Wallander continua a rimanere uno dei personaggi meglio riusciti e riconoscibili nel panorama della letteratura di genere, con la sua umanità, la tristezza e la sensibilità che lo contraddistinguono e lo hanno reso vicino ai lettori e caro ai più.

La serie è composta da 12 romanzi, in Italia pubblicati tutti dall’editore Marsilio (trad. Giorgio Puleo), ad eccezione di uno proposto dalla Mondadori (trad. Carmen Giorgetti Cima).

Li propongo inizialmente in ordine cronologico di pubblicazione e di auspicabile lettura, successivamente in base alla personale preferenza.

-         Assassino senza volto;
-         I cani di Riga;
-         La leonessa bianca;
-         L’uomo che sorrideva;
-         La falsa pista;
-         La quinta donna;
-         Delitto di mezza estate;
-         Muro di fuoco;
-         Piramide;
-         Prima del gelo;
-         L’uomo inquieto;
-         La mano.


-         1. Assassino senza volto;
-         2. La leonessa bianca;
-         3. La quinta donna;
-         4. Delitto di mezza estate;
-         5. La falsa pista;
-         6. L’uomo che sorrideva;
-         7. L’uomo inquieto;
-         8. Muro di fuoco,
-         9. I cani di Riga;
-         10. La mano;
-         11. Piramide;
-         12. Prima del gelo.


Il commissario Kurt Wallander ed i libri sulle sue indagini e la sua vita hanno dato ispirato film e serie TV, in una delle quali a prestargli volto e tutto il resto è Kenneth Branagh, sicuramente in modo suggestivo ed elegante, anche se l’attore svedese che lo ha impersonato in una pressoché parallela serie televisiva è quello che maggiormente ha incontrato l’idea e l’immagine che me ne sono fatto io durante la lettura degli episodi raccontati.



lunedì 12 ottobre 2015

Citazioni Cinematografiche n. 118


“Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale.”
(Marco Pagot-Porco Rosso in “Porco Rosso” di Hayao Miyazaki - 1992)



sabato 10 ottobre 2015

Dylan Dog #349 - La morta non dimentica


Il soggetto e sceneggiatura di Paola Barbato ed i disegni di Bruno Brindisi producono un albo che mi piace, anche perché secondo la mia lettura riesce a rispettare sia le basi del personaggio Dylan Dog e del suo mondo narrativo che le caratteristiche tipiche dell’evoluzione e adeguamento su cui tanto è stato scritto.

Nel numero 349 “La morta non dimentica” la quotidianità di Dylan e di Groucho è la base della narrazione, che presenta elementi “classici” come il rapporto fra i due e l’indagine da svolgere, ma che all'interno degli stessi introduce novità e variazioni e conferma quelle fin qui introdotte, come il nuovo ruolo di Bloch e di Jenkins, le figure dell'ispettore Carpenter e di Rania Rakim di Scotland Yard.


Elementi narrativi e metanarrativi (forse addirittura metaforici!) ci presentano l’indagatore dell’incubo alle prese, nuovamente, con la morte e la sua rappresentazione, anche fisica e descrittiva sotto la forma della tassidermia, ossia la tecnica per la conservazione di corpi, più sbrigativamente conosciuta come imbalsamazione.


Proprio una figura esperta di tale pratica viene introdotta in quest’albo. Personaggio che risulta efficace e intrigante, pur non avendo ricevuto molto spazio, ma che spero di poter incontrare nuovamente nei prossimi mesi, anche se per il momento risulta “essere ospite di sua Maestà la Regina”, ovvero è in carcere.


L’accoppiata Barbato/Brindisi si presenta ancora in buona forma, per una storia discretamente sviluppata, con buoni elementi di sceneggiatura che, oltre a caratterizzare e dare adeguato spazio ai personaggi, reintroducono una vecchia conoscenza di Dylan costretta a non morire, la disturbata Nora Cuthbert (albo 338), prodotto di una famiglia violenta e disfunzionale, che dona pepe e sostanza alla vicenda. Potrà divenire una riconoscibile e intrigante antagonista per il nostro eroe, che qui rischia grosso? L’idea non mi dispiacerebbe, anche perché una delle cose che sto maggiormente apprezzando di questo “nuovo corso”, a cui comunque ho rimproverato qualcosa, è lo spessore dei caratteri femminili, sempre più dotati di loro ruolo, spazio e profondità.

Oltre a questa attenzione ai personaggi “La morta non dimentica” ci offre disegni efficaci, nuovamente in grado di soddisfare l’elemento visivo e di coniugare sostanza ed estetica.



Due clienti molto speciali si presentano alla porta dell’Indagatore dell’Incubo: sono l’ex-ispettore Bloch e il fido Jenkins, che intendono ricorrere a Dylan per far luce sulla misteriosa ricomparsa di un uomo appena deceduto a Wickedford… A Londra, intanto, Carpenter è alle prese con il caso dei manichini: morti, privati delle interiora, che tornano a camminare tra i vivi… Dietro tutto ciò, una vecchia conoscenza: Nora Cuthbert. (da sergiobonelli.it)

giovedì 8 ottobre 2015

Cinema anni 90


Negli anni 90 la mia personale biografia si è molto arricchita: sono passato dalle scuole medie alle superiori (peggiorando notevolmente il mio rapporto con lo studio), ho miseramente interrotto la mia comunque non promettente carriera di sportivo, sono andato in vacanza senza genitori o educatori vari, mi sono iscritto all'università in una cittadina marchigiana che si fa definire “ducale” e di conseguenza mi sono allontanato dalla famiglia. Durante quel decennio ho vissuto un sacco di esperienze, di cui ancora porto i segni sul fisico e nell'anima, ma ne sono uscito vivo, tutto sommato combinando meno disastri di quelli di cui mi sarei reso protagonista nei periodi successivi.

Piccole cose, forse, se paragonate a quanto accaduto in quegli anni nel mondo. In fondo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Guerra del Golfo, Nelson Mandela presidente, il repentino aumento del numero di stati europei, la nascita di Google, la nazionale italiana di calcio che abbandona ai rigori i propri sogni di gloria in tre mondiali consecutivi, sono senza dubbio eventi maggiormente degni di essere ricordati rispetto alle vicissitudini del sottoscritto.

Fra quanto ho potuto sperimentare un posto importante lo occupa la mia frequentazione di sale cinematografiche. Abbandonata in quegli anni, anche se con un pizzico di rammarico, la grande stanza che fungeva da cinema parrocchiale, quel ragazzo ancora imberbe che ero si è fatto ammaliare dal cinema ancora più di prima. Volete mettere quanta emozione nello scegliere il film da vedere e poter selezionare in quale cinema andare? All'inizio degli anni 90 c’erano ancora poche multisala e comunque non vicine a dove vivevo, perciò il gusto era controllare, su un quotidiano o affidandosi alle attualmente ormai vetuste locandine, quali film erano in programmazione, in quali sale e a che ora (rigorosamente proiezione unica dal martedì al venerdì, doppia il sabato sera e pomeridiana solo la domenica). A dire il vero non cambiò nulla per quasi tutto il decennio, almeno per quanto riguarda le mie personali abitudini, poiché, come accennato, spesi i miei anni universitari in una città che non poteva che accogliere piccoli cinema, limitando la mia frequentazione di sale più grandi e dotate di multiprogrammazione alle sporadiche visite ad amici che frequentavano atenei in più prestigiose e grandi città.

Insomma gli anni 90 sono stati per me molto intriganti ed “attivi”. Il cinema non lo è stato da meno, anzi ha aggiunto sapore a quanto vivevo. Penso di poter dire che in quegli anni abbia saputo rinnovarsi, sperimentare ed esprimere la sua potenzialità, riuscendo a rappresentare un periodo e le sue peculiarità storiche e sociali, regalando una serie di film che è corretto definire “cult”.

Film di cui i nati fra i 70 e gli 80 citano ancora le battute a memoria, di cui hanno preso a modello acconciature, abiti o gesti, con i più temerari che ci si basavano sopra tesi di laurea o possibili futuri lavorativi, e che ancora rimpiangono quando scorrono sullo smartphone i titoli ora in programmazione. 

Non posso ricordarli tutti, tantomeno posso aver visto la totalità di quelli usciti nel periodo (vi erano comunque anche parecchie schifezze), quindi ne propongo due per anno, (vale quello di produzione) dal 1990 al 1999, con particolare riguardo al gusto personale e a questioni autobiografiche.

Si parte!

1990
Quei Bravi Ragazzi (Goodfellas) di Martin Scorsese
La Stazione di Sergio Rubini 

1991
Il Silenzio degli Innocenti (The Silence of the Lambs) di Jonathan Demme
Lanterne Rosse di di Zhāng Yìmóu

1992
Malcolm X di Spike Lee
La Moglie del Soldato (The Crying Game) di Neil Jordan

1993
Tre Colori - Film Rosso/Blu/Bianco (trilogia) di Krzysztof Kieslowski
Lezioni di Piano (The Piano) di Jane Campion

1994
Pulp Fiction di Quentin Tarantino
Hong Kong Express di Wong Kar-wai

1995
I Soliti Sospetti (The Usual Suspects) di Bryan Singer
Seven di David Fincher

1996
Trainspotting di Danny Boyle
Il Paziente Inglese (The English Patient) di Anthony Minghella

1997
La Vita è Bella di Roberto Benigni
Febbre a 90° (Fever Pitch) di David Evans

1998
Il Grande Lebowski (The Big Lebowski) di Joel e Ethan Coen
Hana–Bi - Fiori di Fuoco di Takeshi Kitano

1999
Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick
Tutto su mia Madre (Todo sobre mi madre) di Pedro Almodóvar