sabato 30 luglio 2016

Il Mare



Il Mare

“Mosca - Suchumi”
attraverso i  monti di volata.
Già si parlava
di mare.
Già nello scompartimento accanto i tirocinanti
Mettevano da parte
e scacchi
e carte.
Si accalcava nei corridoi chi andava a ritemprarsi,
guardava fuori:
“Presto si vedrà il mare! ”.
Alcuni,
afferrati i compagni per le spalle,
i propri incontri col mare
raccontavano.
Riguardo a me,
in appartamenti e musei
esso in cornice pendeva, sotto vetro.
Nei quadri solo io lo avevo visto
e dai libri soltanto lo conoscevo.

E di nuovo i compagni toccavo con la mano,
e nelle mie domande
ero insistente.
“Dite, sarà presto?…
E ditemi, com’è? ”.
“Pazienta ancora,
tra poco lo vedrai da te…”.
Ecco, uno strappo
e il treno è nell’immenso,
e di colpo non c’è più niente al mondo:
scomparso tutto intorno –
e solo il mare;
tutto acquietato,
e solo il suo rumore…

Improvviso un ricordo:
con me fu pure osì.
Ecco, lo stesso sentimento,
ma più forte,
quando già chiamava amore
e di febbre ardeva,
ma solo dai libri io lo conoscevo.

Rimproverando amore per la trascuratezza,
assediavo gli amici di domande:
“Dite, sarà presto?…
Ma ditemi, com’è?”.
“Pazienta ancora
e proverai da te…”.
E così come adesso
in questi istanti
resi azzurri dal mare,
scomparso tutto –
e solo lei al mondo;
tutto acquietato –
solo le sue parole…

(Evgenij Evtušenko  - trad. Evelina Pascucci)


 

giovedì 28 luglio 2016

Le Storie #46 - Illusioni


Da un po’ troppo tempo non mi soffermo a commentare gli albi de “Le Storie”, una collana che a mio parere merita sempre attenzione e con storie che molto spesso meritano di essere lette e gustate.

Torno a parlarne in occasione dell’uscita del numero 46 “Illusioni”, ottimamente sceneggiato da Fabrizio Accatino, dove faccio la conoscenza dei disegni di Giampiero Wallnofer.

Una storia di formazione ed una storia d’amore, senza spingere troppo su quest’ultimo aspetto, che ci fa vivere le vicende di quello che viene ricordato come uno dei più grandi illusionisti visti all’opera in Europa. Dalla Praga degli albori del novecento alla Londra che sta per assistere gli orrori della Prima Guerra Mondiale, ci viene presentata la vicenda umana, la storia di vita e professionale di Janek Bělka, prima giovane orfano boemo e poi grande e apprezzato artista che viene addirittura chiamato ad esibirsi alla corte inglese, alla presenza di re Giorgio V.



La sceneggiatura è ben scandita in parti, perfettamente godibili nella loro semplicità ma profonda efficacia e dall’ottimo risultato narrativo ed espositivo. Un piccolo romanzo di formazione che gode della buona rappresentazione degli scenari cittadini e degli interni rappresentati da Wallnofer, che fa uso di tratti marcati e netti, i quali però mi sembrano un po’ meno efficaci quando si tratta di disegnare i volti ed i corpi dei protagonisti, che Accatino descrive e connota con grande maestria, fin dalla loro prima entrata in scena. Di contro l’uso dello spazio delle tavole e la scelta fatta in tema di “gabbie” mi piace.
I tempi drammaturgici sono pressoché perfetti ed i due principali colpi di scena, entrambi fondamentali per la storia, sono veramente tali ed hanno il pregio di chiamare il lettore al dipanarsi della trama. Quello centrale è la chiave di una vicenda che deve svilupparsi in una emozionante e coinvolgente seconda parte che si chiude con l’ultimo, avvincente e sorprendente numero di illusionismo che si risolve nel colpo di scena risolutivo e conclusivo.

Una gran bella lettura in questo periodo in cui le notizie dal mondo e le ben più trascurabili miserie personali occupano la mente ed i cuori.
Potrei quasi consigliare l’acquisto di questo “Illusioni”, numero 46 della collana “Le Storie”, anche solo per una lettura vacanziera.


Praga, 1901. Per l’orfano Janek Bělka, divenire illusionista è la sola via d’uscita, il grande sogno che può portarlo via dalla povertà, via dalle strade nebbiose di quella città… È un’ambizione che lo sospingerà lontano, sui palcoscenici del mondo, a stupire un pubblico di nobili e re, fin quando il passato non tornerà a bussare alla sua porta, con rimpianti e domande che chiedono una risposta. Per trovarla, Janek dovrà oltrepassare il confine segreto della sua arte, quello che separa il semplice trucco… dalla vera magia! (da sergiobonelli.it)

lunedì 25 luglio 2016

Citazioni Cinematografiche n. 158

Alcuni dicono che al destino non si comanda, che il destino non è una cosa nostra. Ma io so che non è così. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo.

(Merida in “Ribelle – The Brave”, di Mark Andrews e Brenda Chapman - 2012)




sabato 23 luglio 2016

Dono


La vera felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario: e ciò significa scegliere, impiegare tempo, uscire dai propri binari, pensare l’altro come un soggetto: il contrario della smemoratezza. Di tutto ciò quasi nessuno è più capace. Nel migliore dei casi uno regala ciò che desidererebbe per sé, ma di qualità leggermente inferiore. La decadenza del dono si esprime nella penosa invenzione degli articoli da regalo, che presuppongono già che non si sappia cosa regalare, perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di farlo.

(T.L.W.Adorno, “Minima Moralia” - 1951)







giovedì 21 luglio 2016

lunedì 18 luglio 2016

Citazioni Cinematografiche n. 157

Rebecca: Tu non mi credi?!?
Samuel: No, io...
Rebecca: Tu credi che io sia rimasta incinta alla chetichella, alle tue spalle?
Samuel: No no no... No no...
Rebecca: Credi che io l'abbia fatto di proposito perché non sono su di giri tanto quanto te, Samuel?
Samuel: Sì, sì, sì... E be', è solo che pensavo che... un anticoncezionale avesse un piccolo elemento fondamentale racchiuso in quel "anti". Credevo fosse infallibile.
Rebecca: Sì, be' niente è infallibile. È solo efficace al 97%. C'è scritto nero su bianco sulla confezione.
Samuel: Sì... Efficace al 97%. Perciò il 3% è del tutto maledettamente inefficace, eh? Dovrebbero scrivere questo sulla confezione.

(Rebecca/Julianne Moore e Samuel/Hugh Grant in “Nine Months - Imprevisti d’amore”, di Chris Columbus - 1995)




venerdì 15 luglio 2016

Giallo, Noir & Thriller/32



Titolo: La Banda dei Tre
Autore: Carlo Callegari
Editore: Time Crime Fanucci - 2013

Per omaggiare un genere, celebrarlo, le strade percorribili sono essenzialmente due. La prima consiste nel proporre un’opera che ne contenga gli elementi, le basi e i caratteri rappresentandoli al meglio ed in modo tanto classico ed elegante da rischiare di ritrovarsi con una fotocopia di qualcos’altro, magari ottima, ma che non contenga nulla che le faccia meritare di essere ricordata. La seconda, forse più rischiosa ma a mio parere maggiormente stimolante, è riuscire ad offrire un prodotto che come quello nel primo caso abbia tutto ciò che è proprio di un genere, ma mescoli gli ingredienti in modo originale fino al punto di avere di fronte qualcosa che stravolga stilemi e situazioni, personaggi e ambientazioni. Non mi riferisco ad una semplice parodia, ma a qualcosa di più, che segna un punto a favore dell’artista che la produce.

È questo il caso di Carlo Callegari con “La Banda dei Tre”, per le edizioni Fanucci-Time Crime.
Uno sberleffo divertito e divertente al genere hard-boiled, dove situazioni assurde, ambientazioni metropolitane, caratteri surreali ed elementi noir vengono abilmente shakerati per un romanzo che fa ridere, intrattiene e non si fa mancare situazioni pulp, in una trama che ha tutte le basi di una crime novel che si rispetti.
I toni da commedia e gli ingredienti di una detective story si incontrano e si dosano a vicenda, senza timore di lasciare spazio gli uni agli altri ed anche a situazioni grottesche, fino ad accenni di farsesco che servono per spingere il lettore a godersi ogni pagina. Non manca il sangue, anzi se ne trovano generose dosi, così come le risate.

Fin dai componenti della banda del titolo, improvvisata e legata a fattori contingenti, questi veramente propri del genere, crimine e commedia convivono e si fanno strada in quello che in fondo è un buon noir metropolitano, nel quale l’autore è consapevole di certe esagerazioni e “situazioni limite” che offrono una prospettiva per così dire obliqua su un genere letterario che viene esaltato da una scrittura corrosiva ed ironica, ma anche precisa nei dettagli forti, che cattura il lettore, lo fa anche ridere, senza scivolare nello scherzo o nel rischio del burlesco.
Un romanzo dissacrante, scritto con padronanza e competenza, perciò un apprezzabile esempio all’interno del genere noir, che riesce ad andare oltre l’omaggio, tanto sono curati anche i personaggi secondari e le ambientazioni.


Claudio Bambola è un agente della narcotici infiltrato a Padova. Dopo due anni di duro lavoro sta per portare a termine una retata da prima pagina che finalmente gli permetterà di cambiare vita: il sequestro di una partita da venti chili di cocaina purissima. Ma nello scambio della droga si intromette una gang di mafiosi russi, i fratelli Makarovic, e tutti i piani saltano. Durante la sparatoria Bambola uccide uno dei tre fratelli, e per sopravvivere si vedrà costretto a chiedere aiuto alle stesse persone che prima doveva incastrare: Tony Piccolo, un nano spacciatore e pistolero, e Silvano Magagnin detto il Boa, ex tossicodipendente convertitosi ai furti in appartamento e in perenne crisi mistico-religiosa, che diventeranno i suoi nuovi quanto improbabili compagni d'avventura. In un vorticoso susseguirsi di avvenimenti e colpi di scena, la banda dei tre verrà coinvolta in inseguimenti e sparatorie al limite del grottesco, sullo sfondo di una Padova notturna e di confine. (da ibs.it)




lunedì 11 luglio 2016

Citazioni Cinematografiche n. 156

Quando feci l'ingresso in società avevo quindici anni; e io già sapevo che il ruolo a cui ero condannata, vale a dire stare zitta ed obbedire ciecamente, mi dava l'opportunità ideale di ascoltare e di osservare. Non quello che mi dicevano, che non era di nessun interesse, ma tutto quello che la gente cercava di nascondere; ed ho esercitato il "distacco". Imparai a sembrare allegra, mentre sotto la tavola mi piantavo una forchetta nel palmo della mano e finii per diventare una "virtuosa nell'inganno". Non era il piacere che cercavo, era la conoscenza; e consultavo i più rigidi moralisti, per la scienza dell'apparire, i filosofi, per sapere cosa pensare, e i romanzieri, per capire come cavarmela; e alla fine io ho distillato il tutto, in un principio meravigliosamente semplice: "vincere o morire". 

(Marchesa Isabelle de Merteuil/ Glenn Close, in “Le Relazioni Pericolose”, di Stephen Frears - 1988)



venerdì 8 luglio 2016

Io di più non posso darti


Io di più non posso darti.
Non sono che quello che sono.

Ah, come vorrei essere
sabbia, sole, in estate!
Che tu ti distendessi
riposata a riposare.
Che andando via tu mi lasciassi
il tuo corpo, impronta tenera,
tiepida, indimenticabile.
E che con te se ne andasse
sopra di te, il mio bacio lento:
colore,
dalla nuca al tallone,
bruno.

Ah come vorrei essere
vetro, tessuto, legno,
che conserva il suo colore
qui, il suo profumo qui,
ed è nato tremila chilometri lontano!
Essere
la materia che ti piace,
che tocchi tutti i giorni,
che vedi ormai senza guardare
intorno a te, le cose
- collana, profumi, seta antica -
di cui se senti la mancanza
domandi: “Ah, ma dov’è?”

Ah, e come vorrei essere
un’allegria fra tutte,
una sola,
l’allegria della tua allegria!
Un amore, un solo amore:
l’amore di cui ti innamorassi.

Ma
non sono che quello che sono.

(Pedro Salinas – trad. Emma Scoles)






lunedì 4 luglio 2016

Citazioni Cinematografiche n. 155

Sarah: È schizzato forte.
Frank Moses: Credeva di far parte di un progetto segreto del governo per il controllo della mente.
Sarah: Sì, certo...
Frank Moses: È venuto fuori che davvero gli hanno dato dosi giornaliere di LSD per undici anni.
Sarah: Però! Se è così, è un fiore!


(Sarah/Mary-Louise Parker e Frank Moses/Bruce Willis in “RED”, di Robert Schwentke - 2010)



domenica 3 luglio 2016

L'Arte secondo Pablo Picasso


“L'arte non è l'applicazione di un canone di bellezza ma ciò che l'istinto e il cervello elabora dietro ogni canone. Quando si ama una donna non si comincia sicuramente a misurarle gli arti.”

(Pablo Picasso)



venerdì 1 luglio 2016

Il Viaggio




In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare.
(Andrej Arsen’evic Tarkovskij)