lunedì 31 dicembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.283

Chi sono? Sicuri di volerlo sapere? La storia della mia vita non è per i deboli di cuore. Se qualcuno ha detto che era una bella favoletta, se qualcuno vi ha raccontato che ero solo un tizio normale senza una preoccupazione al mondo, quel qualcuno ha mentito. Ma ve l'assicuro: questa, come qualsiasi storia che valga il racconto, è a proposito di una ragazza. Questa ragazza. La ragazza della porta accanto: Mary Jane Watson. La donna che ho amato fin da prima di cominciare ad apprezzare le ragazze. Vorrei potervi dire che sono io quello accanto a lei. 
(Peter Parker/Tobey Maguire in "Spider-Man", di Sam Raimi - 2002) 





sabato 29 dicembre 2018

Dampyr #225 - Gli Orrori di Red Hook

Dopo la scorpacciata di colori dello scorso numero, con “Gli Orrori di Red Hook” si torna al bianco e nero. Paolo Raffaelli su soggetto e sceneggiatura di Mauro Boselli presenta un bel lavoro che punta sulle atmosfere e la resa dei passaggi più orrorifici, con un uso sapiente di neri densi e “pesanti”, che caratterizzano la scrittura. Un posto speciale lo rivestono i Grandi Antichi di Lovecraft, uno dei numi tutelari della testata che qui fa la sua apparizione in più di una tavola, mostrando più di un lato della sua personalità oltre che del suo lavoro.


La continuity della serie è rispettata e subisce una certa accelerazione, nonostante l'impianto essenzialmente classico, per Dampyr, dell'episodio. I nodi, o almeno qualcuno dei principali, si avvicinano sempre più al proverbiale pettine. Al lettore rimane il gusto di scoprire come i protagonisti della testata se la caveranno.

Brooklyn, durante il Proibizionismo. Mentre poliziotti e contrabbandieri d’alcool fanno una gran brutta fine inoltrandosi nei docks abbandonati di fronte alla baia di New York, John Angel, l’enigmatico proprietario dell’esclusivo “Club delle Nuvole”, situato al novantesimo piano del Chrysler Building, fa la conoscenza del paranoico scrittore H. P. Lovecraft e dei suoi vividi, orridi sogni, legati al quartiere dove vive poveramente, Red Hook. Anni dopo, Harlan e Kurjak scopriranno che Lovecraft aveva ragione, che innominabili culti si svolgevano davvero nelle viscere di Red Hook, e che, oggi, i seguaci di Kuen Yuin sono tornati! (da sergiobonelli.it)


giovedì 27 dicembre 2018

L'Anima e la Vita secondo Tarkovskij


Paul Signac, Al Tempo dell'Armonia - 1893-95


L'anima è assetata di armonia, mentre la vita, invece, è disarmonica.
(Andrej Arsen’evic Tarkovskij) 






martedì 25 dicembre 2018

lunedì 24 dicembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.282

Sindaco: Come sarà orrendo il nostro Natale!  
Jack Skeletron: No! Sarà gioioso!  
Sindaco: Oh, come sarà gioioso il nostro Natale...
(Sindaco e Jack Skeletron in "Nightmare Before Christmas", di Henry Selick - 1993) 




domenica 23 dicembre 2018

Regali di Natale




REGALI DI NATALE

Per Natale ti faccio i seguenti regali due punti
caramelle svizzere per quando hai la tosse forte da far paura
che non mangerai mai
filtri per quando fumi che butterai dalla finestra
un bicchiere piccolo per bere di meno figuriamoci
dei gettoni per telefonarmi una sera da un bar
una bugia di terracotta per quando avremo buio
una piccola spada perché sei il mio amore pericoloso
e poi anche un pezzetto di me quale vuoi?


Vivian Lamarque 


giovedì 20 dicembre 2018

Il Governo dell'Onestà

Solo poche settimane fa parlavo con un simpatizzante del M5S che si diceva entusiasta del fatto che di lì a breve il Governo avrebbe approvato il Ddl Anticorruzione. Sosteneva che sarebbe stato l'ulteriore prova della efficacia e onestà dell'esecutivo M5S-Lega. Ovviamente tralasciava, nella sua considerazione, quanto contenuto fra le righe del decreto che, riferendosi al ponte Morandi di Genova, permetteva, di fatto, un condono edilizio e legittimava l'inquinamento ambientale. Ma tant'è, il suo entusiasmo era tale da risultare quasi contagioso.
Oggi, con il Ddl compilato, oltre alla condivisibile (per carità!) stretta sui corrotti, noto come si facciano passare due norme con una loro perversa specificità: una consente agli enti locali di assegnare direttamente lavori e servizi ad imprese e soggetti, senza necessità di indire gare d'appalto, fino al limite di un importo di 200.000 euro; l'altra dichiara non necessario presentare certificazione antimafia, ovvero prova che imprese e soggetti non siano mafiosi o connessi con le mafie, per servizi e lavori in affido fino al limite di 150.000 euro.
Magari esagero, ma a me pare evidente quanto questo sia un regalo, o quantomeno un grande favore al malaffare, alla criminalità organizzata, alle Mafie. Questo da un Governo che per bocca del suo Ministro dell'Interno, nonché Vice Presidente del Consiglio e del suo Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, sosteneva che avrebbe sconfitto le Mafie in pochi mesi, al massimo in pochi anni!


martedì 18 dicembre 2018

Meteorologia. E come mai?



- Che cos'altro insegna?
- Greco, latino, navigazione oceanica a vela.
- E la gente viene qui a impararla?
- Non più tanto.
- È sbalorditivo quanta gente ci sia al giorno d'oggi che insegna, - dissi. - C'è un insegnante per persona. Tutti quelli che conosco sono o insegnanti o allievi. Secondo lei che cosa significa?
Dunlop rivolse lo sguardo verso la porta di un armadio. - Insegna qualcos'altro? - chiesi.
- Meteorologia.
- Meteorologia. E come mai?
- La morte di mia madre ha avuto su di me un effetto tremendo. Sono letteralmente entrato in crisi, ho perduto la fede in Dio. Ero inconsolabile, mi sono chiuso completamente in me stesso. Poi un giorno ho visto per caso le previsioni del tempo alla T.V. Un giovane dinamico, con una bacchetta luccicante, stava in piedi davanti a una foto multicolore, ripresa dal satellite, e dava le previsioni per i cinque giorni successivi. Ero lì ipnotizzato dalla sua sicurezza di sé e dalla sua bravura. Sembrava quasi che un messaggio venisse trasmesso dal satellite meteorologico attraverso quel giovanotto fino a me, che ero lì seduto nel mio sedile di tela. Quindi mi sono rivolto alla meteorologia per averne conforto.
(Don DeLillo in "Rumore Bianco", (tr. Mario Biondi, Pironti; Einaudi, 1999)

lunedì 17 dicembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.281

Vi credevate una squadra? No, siamo una mistura chimica che produce il caos. Siamo... pronti ad esplodere! 
(Bruce Banner/Mark Ruffalo in "The Avengers", di Joss Whedon - 2012)



venerdì 14 dicembre 2018

Giallo, Noir & Thriller/61



Titolo: Il Predicatore
Autore: Camilla Läckberg
Traduttore: Laura Cangemi
Editore: Marsilio – 2010


Secondo capitolo per la coppia Erica Falck e Patrik Hedström che, dopo “La Principessa di Ghiaccio” (richiamato anche nella copertina fin troppo simile), si trovano alle prese con altri omicidi a interrompere la straordinariamente calda estate della cittadina di Fjallbäcka.

Il Predicatore” si presenta come un romanzo maggiormente complesso del precedente, con qualche immagine veramente d'impatto ed un potenziale giallo-thriller che fa ben sperare. La trama d'indagine e gli elementi drammatici sono ben presentati e stimolano la lettura, per cui la parte “gialla” è apprezzabile e di buon livello. Di contro lo spazio all'elemento “rosa”, ovvero la vita insieme di Erica incinta e Patrik, le loro disavventure con parenti e amici, appesantisce la lettura, si dilunga per troppe pagine ed alla fine risulta irritante.


Camilla Läckberg evidentemente sceglie di mescolare l'elemento thriller e l'indagine vera e propria con lunghi passaggi dedicati ai dettagli ed elementi della vita di tutti i giorni. Il successo che ha avuto sembrerebbe dargli ragione, ma mi pongo la domanda sul genere di lettori che veramente apprezzano tale impostazione. Probabilmente la scrittrice riesce così ad allargare ancora di più al pubblico femminile un genere che tendenzialmente sembrerebbe più maschile. Personalmente dopo questo romanzo ho interrotto la lettura della serie, che temevo non incontrasse più i miei gusti.

Mi piace quando si dedica attenzione alle psicologie dei personaggi, quando si fa crescere accanto all'indagine poliziesca vera e propria una vena di approfondimento sociale e finanche uno studio sul privato che diviene pubblico-politico, ma in questo romanzo sembra che ci si provi senza però riuscire a svilupparne gli elementi in profondità. Manca un certo respiro che ampli la vicenda dal “particolare” al “generale”, come in altri romanzi di altri autori ho potuto apprezzare. Inoltre se lo stile scelto finisce per poi risolversi in tanti, troppo particolari che poi non sempre vengono sviluppati, mi sento un po' deluso.

Ulteriori due elementi che mi hanno stimolato più perplessità che soddisfazione sono che la protagonista Erica Falck di fatto protagonista non lo è, ridotta a poco più che riempitivo di una storia in cui l'indagine viene condotta, peraltro senza brillare per competenza o astuzia, dal compagno di vita, e l'espediente narrativo (trucco?) di interrompere i capitoli o singole scene appena emerge un dettaglio od un’informazione importante. Questa strategia, figlia degenere di quanto si trovava nei feuilleton/romanzi d'appendice ottocenteschi, magari usata in alcuni momenti chiave crea suspense, ma alla lunga irrita il lettore che sono e rischia di appesantire il racconto, allungando ed annacquando il tutto. 


Da più di vent'anni una dolorosa faida lacera la famiglia Hult: Ephraim, il predicatore che infiammava le folle promettendo guarigione e salvezza, ha lasciato ai suoi discendenti un'eredità molto controversa. Il peso del sospetto continua a gravare su un ramo del clan, coinvolto suo malgrado nella sparizione di due ragazze risalente a molti anni prima. Una vicenda che nel delizioso paesino di Fjallbacka, sulla costa occidentale della Svezia invasa dai turisti per la bella stagione, torna a essere sulla bocca di tutti dopo l'omicidio di una giovane donna, quando in una splendida gola naturale, sotto quel corpo martoriato, la polizia scopre anche i resti di due scheletri. (da ibs.it)

venerdì 7 dicembre 2018

Dampyr #224 - Il Santo venuto dall'Irlanda



Il Santo venuto dall'Irlanda, numero 224 di Dampyr, ha ben più di una particolarità da godere. È a colori nonostante non sia un albo “a cifra tonda” o celebrativo nel senso più tradizionale in casa Bonelli, è ambientato a Lucca proprio nel periodo di Lucca Comics, ci disegnano quattro fra i più noti ed apprezzati artisti che prestano chine e matite alla serie ed inoltre ospita alcune splendide illustrazioni di nove rappresentanti dell’Artist Playground che si sviluppa ogni anno nell’Area Performance di Lucca.




Scritto da Mauro Boselli, il numero ha inoltre il merito di fondere folklore e leggenda lucchesi con due delle principali linee narrative della serie, facendo incontrare San Frediano, monaco irlandese che divenne vescovo della città, con Taliesin (il dampyr medievale) e facendo ripercuotere gli eventi di tale connubio nella continuity che vede impegnati Harlan e soci.



Emozionanti sia i disegni degli “ospiti” che le tavole del fumetto, anche se
Genzianella, Cropera e Majo, abituati a regalarci ricchi tratteggi, toni di grigio e contrasti di luci e ombre, sembrano un po' penalizzati dal pur splendido ed intenso colore, come se l'intensità del loro tratto fosse poco adatta a tale apporto, al contrario dei disegni di Rubini, il cui segno è esaltato dalla colorazione.





Tra passato e presente, tra l’Irlanda e la Toscana, seguiamo le gesta del principe ramingo Finnian, destinato a diventare vescovo di Lucca con il nome di Frediano. Al suo fianco ha il dampyr Taliesin, che lo aiuta nella lotta contro la Maestra della Notte Vanth. Molti secoli dopo, Harlan, Kurjak e Tesla si troveranno a riallacciare le fila di quella storia in un drammatico confronto nei sotterranei di Lucca. Tredici diversi disegnatori per una storia sospesa tra realtà e fantasia! (da sergiobonelli.it)

martedì 4 dicembre 2018

Captain America, al cinema con la Marvel



Captain America all'interno del progetto in fasi della Marvel e del Marvel Cinematic Universe è giustamente uno dei personaggi principali. Compare in diversi film della serie, dando il suo contributo in termini di azione, pensiero e spettacolarità. Si intende con alcuni Avengers, con altri è spesso in disaccordo se non addirittura ne contrasta la funzione e le azioni.

Sono alla data attuale tre i film Marvel Cinematic Universe che portano il nome di Captain America nel titolo, pertanto sull'onda dell'entusiasmo di alcune recenti chiacchierate vado a parlarne sinteticamente senza far mancare il per me sempre divertente gioco dei voti.

 Captain America – Il Primo Vendicatore (2011): uscito nelle sale in occasione del 70° anniversario della prima commercializzazione del fumetto a lui ispirato, nonché dell'entrata in guerra degli USA nel secondo conflitto mondiale, quest'opera offre i pregi ed allo stesso tempo i difetti di tale operazione. Con l'idea (la pretesa?) di rimanere fedeli al personaggio cartaceo, sceneggiatori e regista rimangono un po' intrappolati nell'allineamento ai testi originali. Cosa non necessariamente negativa in linea di principio, ma poiché il buon Captain fu creato anche con intenti patriottici, se non proprio per sposare la causa interventista negli USA e con più di qualche risvolto necessariamente militarista se non peggio, probabilmente una maggiore attenzione alla caratterizzazione e conseguente attualizzazione del personaggio sarebbe stata opportuna. Punti di vista, certo, ma scene d'azione a ripetizione, anche se non proprio tutte coordinate ed anzi qualcuna troppo caotica e poco coreografata, uno scudo che vola verso lo spettatore e una serie di buoni sentimenti sparati quasi a caso senza efficace sceneggiatura, non nascondono la natura primigenia della creazione di Captain America, che odorava e anche qui odora di retorica militarista. Non troppo smaccata, ma comunque evidente. Va bene, Captian America è uno dei primissimi personaggi della Marvel, il soldato perfetto e mutante, il difensore degli oppressi contro la barbarie nazista e (anche) le sue deviazioni eugenetiche, per cui se ci si vuole mantenere sostanzialmente fedeli al fumetto, Joe Johnston alla regia ed i suoi collaboratori hanno avuto vita difficile nel riproporlo, di fatto evitando fin troppo la necessità o comunque la possibilità di aggiornarlo, ripulendolo magari della funzione di propaganda pre-bellica americana, allora tutta incentrata sull’arruolamento di giovani reclute deputate a sconfiggere Hitler.

Il cinema ed ancora prima la letteratura statunitense hanno avuto personaggi che minati nel fisico, se non proprio geneticamente tarati, si sono poi rivelati efficaci portatori dei principi fondativi degli USA, divenendo caratteri positivi in toto, al di là di patriottismi funzionali a strategie politico-militari o commerciali di sorta. John Steinbeck con “Uomini e Topi”, il Forrest Gump di Robert Zemeckis, oppure William Faulkner nel suo “L'Urlo e il Furore”, giusto per proporre degli esempi. Ma qui il mingherlino e poco allenato ragazzo di Brooklyn diviene un eroe grazie ad una mutazione genetica indotta, forse l'equivalente “post” di una eugenetica nazista (ho esagerato?), per cui si smarrisce quell'allure democratica e di sani principi. Detto questo ne esce un protagonista fin troppo piatto, ma alle prese con un antagonista direttamente equiparabile e proporzionale. Sul confronto fra i due la sceneggiatura avrebbe potuto insistere meglio e con maggiore cura, facendolo divenire non solo uno scontro fisico, ma anche di visioni, di principi, di valori, così da rendere il film più degno di essere visto. 

C'è da dire che la recitazione di Chris Evans nei panni del Captain non aiuta affatto, come se anche lui fosse rimasto intrappolato nell'operazione, senza riuscire a mettere del suo in un'opera che avrebbe potuto essere di più, non necessariamente migliore, ma con maggiore coraggio una cosa diversa e sicuramente più intrigante.
Voto: 5



Captain America – The Winter Soldier (2014): tre anni dopo la Marvel (con la Disney) ci riprova e per l'occasione cambia regista, scelta alla luce del risultato più che azzeccata, dal momento che i fratelli Russo riescono dove chi li ha preceduti ha fallito. Il nostro Captain, dopo l'avventura con gli Avengers, si ritrova a vivere nel 21° secolo, per cui la già auspicata attualizzazione del personaggio si rende quanto mai urgente e necessaria. Anthony e Joe se ne rendono conto e lo fanno a modo loro, ma anche bene, nonostante l'attore protagonista risenta ancora di una certa fissità e rigidità che in alcune scene depotenzia l'effetto complessivo. 


Al fine di non commettere lo stesso errore di Johnston, a dirla tutta un po' costretto dall'ambientazione anni 40 del primo film e dalla costruzione “solitaria” dell'eroe, i registi mettono ben a frutto la sceneggiatura, che prevede due validi supporti al Captain, molto più di comprimari, a cui donano spazio e complessità che loro ben introiettano e sfruttano. Natasha Romanoff (Vedova Nera) e Falcon donano possibilità e valide soluzioni all'azione come anche all'approfondimento, permettendo persino al Captain di essere meno monolitico (anche nell'espressione) e più complesso, con dubbi, riflessioni e domande che ne consentono una certa evoluzione e maturazione, sia come individuo che come membro degli Avengers. Il fatto poi che l'antagonista, il Soldato d'Inverno appunto, sia il suo più grande amico di gioventù, quella vera, e che ci sia del marcio nello SHIELD, dona ulteriore gusto a quello che risulta un buon thriller di spionaggio travestito da film di supereroi.

Gli effetti speciali, gli inseguimenti e le esplosioni sono ben coordinate e coreografate, si amalgamano bene non solo tra loro (efficaci le coppie simmetriche, tra cui una che vede coinvolto Fury/Samuel L. Jackson) ma anche con le parti meno fisiche e più dialogate, sebbene queste in alcuni punti rischino eccessiva verbosità. Il buon Captain si guarda allo specchio e riflesso in ciò che dicono e fanno alleati e nemici, dando così spazio ad una maggiore complessità, che permette di patire un po' meno la recitazione di Chris Evans. 
Quest'ultimo funziona meglio se supportato dalle acrobazie di una apprezzabile Scarlett Johansson e dall'ironia di Anthony Mackie, valore aggiunto di un'opera che, abbandonate le atmosfere da Stati Uniti baluardo della democrazia e della libertà (fin troppo superate dagli eventi degli ultimi 60 anni), fa tornare la voglia di vedere questi film, che troppo spesso si allontanano dall'essere cinema di qualità per limitarsi ad essere fra quelli che vengono, legittimamente, girati per divenire pop-corn movies da grande incasso.
Voto: 7,5



Captain America: Civil War (2016): terzo film con il nome del Capitano nel titolo, confermata la coppia alla regia e quella alla sceneggiatura, ma qualcosa scricchiola. Nulla di troppo grave, per carità, ci si diverte ed il mix di azione e spruzzata di thriller conferma la validità dell'opera, che però è fin troppo evidente quanto sia legata alla missione di collegare tra loro i film Marvel Cinematic, tirando la volata per i successivi sviluppi del gruppo dei Vendicatori ed i vari spin off che vengono periodicamente sfornati. Ad una prima parte che funziona più che bene, confermando quanto di buono goduto nel precedente, in questo film la seconda frazione diviene un'opera collettiva che a fatica i protagonisti ed i registi riescono a tenere unita, peggiorandone la qualità generale.

Proviamo a procedere con ordine: la base di partenza è il fumetto Civil War di Mark Millar, che prendeva la sua ragione di scontro e divisione fra i membri degli Avengers dagli anni post 11 settembre 2001 (il fumetto è del 2006), con tutto il contesto delle guerre in Afghanista ed Iraq, le conseguenze interne agli USA ed insomma una precisa fase storico-sociale e visione della storia americana (ma non solo, anche se il fumetto su quella si concentrava). Inevitabilmente, ed opportunamente a mio avviso, la versione cinematografica se ne discosta per il respiro più ampio, concedendo purtroppo qualcosa alla comunque possibile ambizione a livello concettuale e culturale. Declinando il tutto sul versante internazionale e non esclusivamente interno, si rinuncia a stringenti riferimenti alla cronaca ed all'attualità, perdendo di vista la Storia e riducendo quello che poteva avere un sapore ed un respiro epico-romantico ad uno scontro tra due primedonne. Due di cui una che lo desidera veramente e con evidente atteggiamento vanesio, ovvero Tony Stark/Iron Man, l'altra che si ritrova ad esserlo quasi suo malgrado, fedele agli ideali fondativi di una nazione e della sua personale missione e ragione di esistenza (o creazione?), quindi Steve Rogers/Captain America. Ma la pecca sta nel motivo e motore dello scontro, che nel corso della vicenda sembra divenire solo ed esclusivamente una storia di lealtà e amicizia da riconquistare: quella dello stesso Steve Rogers col Soldato d’Inverno Bucky Barnes, qui di nuovo col volto di Sebastian Stan, restringendo il dramma ad una pur onorevole motivazione. Così però si abbandona il resto e la visuale ne viene modificata, mettendo in secondo piano i livelli più alti sotto il profilo di ideali e riflessione su Democrazia, Potere e Responsabilità.

Lo sviluppo subisce una cesura dopo una prima promettente frazione, in cui il Soldato d'Inverno svolge al meglio il suo ruolo di motore drammaturgico, a cui segue una fase più collettiva ma allo stesso tempo più caotica e motivo di confusione. Arrivano in modo non propriamente in linea con la drammaturgia Peter Parker/Spider Man e Ant Man, che bruscamente trasformano il film, che stava funzionando bene ma che in seguito mostra qualche limite. Si perde il già accennato sapore epico, vengono mandate alle ortiche varie suggestioni interessanti e si nota come i due registi siano forse maggiormente a loro agio con la declinazione delle gesta superumane su un piano terreno, ovvero interno agli ingranaggi di un potere invisibile e pervasivo (come ottimamente nel film precedente), mentre abbiano difficoltà a dosare gli elementi autoironici e quella audace leggerezza di tocco forse necessari per gestire quella componente smitizzante, parte integrante delle opere Marvel. Facendolo divenire un costoso crossover i fratelli Russo fanno perdere incisività al film, che senza mordente non trova più utili meccanismi di creazione della tensione, smarrisce le sue migliori qualità e si trova costretto a puntare pressoché tutto sul processo di normalizzazione e dilatazione delle scene d'azione, prima fra tutte lo scontro collettivo fra supereroi, di cui disturba non solo la ingiustificata lunghezza ma anche l'ironia poco apprezzabile e fuori contesto (i già citati Spider Man e Ant Man ne sono le principali cause).  
Allora in seguito si privatizza lo scontro, lo si fa divenire un “confronto a due”, per riuscire a far quadrare il cerchio, a recuperare la narrazione che deve continuare per i prossimi sviluppi nei futuri film ed allo stesso tempo chiudersi per quanto riguarda questo episodio/non episodio. L'elemento di disunità che si notava viene sfumato, con un certo mestiere va riconosciuto, ma se il tuo film dura 2 ore e 20 minuti non puoi aspettarti che il pubblico non dia segnale di averlo avvertito.
Voto: 6,5





lunedì 3 dicembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.279

Devi dire a Buddy, che se vedo Glenn Michaels con gli occhiali da sole, glieli calpesto. E forse prima neanche glieli sfilo. 
(Jack Foley/George Clooney in "Out of Sight", di Steven Soderbergh - 1998)