Nella rosa
di film candidati alla prossima assegnazione degli Oscar è
presente uno che mi è molto piaciuto. Si tratta di “Storia di
un matrimonio”, con protagonisti Scarlett Johansson e
Adam Driver.
Riguardo
alla prima, per quanto l'abbia apprezzata in alcune sue prove, mi
permaneva l'idea che in fondo avesse una sola espressione modulata
per intensità e durata a seconda delle necessità. Il secondo,
invece, mi era noto solo per quanto mostrato all'interno della saga
di Star Wars, con il suo Kylo Ren non sempre entusiasmante.
Mi sono
trovato di fronte a due emozionanti e convincenti interpretazioni, a
due attori che hanno messo in scena doti e caratteristiche degne di
nota, dando vita ad una sceneggiatura mirabile e in diversi passaggi
vicina alla perfezione. I loro personaggi, due coniugi che dopo
anni di vita insieme decidono di divorziare, arrivano al pubblico ed
al cuore dei caratteri messi in scena, con una attenta ed efficace
regia che ne valorizza e stimola doti, visi, posture, voci e
recitazione. Al loro fianco “vecchie volpi” del cinema
statunitense che sanno svolgere il loro compito mettendosi al
servizio della storia e dei protagonisti.
La sfida
ingaggiata dal regista Noah Baumbach non era affatto facile,
dal momento che i riferimenti diretti sono il bergmaniano “Scene da
un matrimonio” e quel mirabile esempio di Cinema che è ancora oggi
“Kramer vs Kramer”, con i “mostri sacri” Dustin Hoffman e
Meryl Streep. Ebbene “Storia di un matrimonio” riesce ad
essere ben più di una alternativa del primo ed un mero aggiornamento
del secondo, dal momento che cerca ed efficacemente trova una sua
dimensione ed una sua strada.
Tra elementi
classici del genere e trovate originali con una inventiva di cui si
ha un gran bisogno, Baumbach ha esaltato i suoi interpreti mostrando,
con chiarezza ed incisività ma anche con occhio compassionevole, un
matrimonio che finisce per una famiglia che rimane tale, due coniugi
che si dicono addio per accogliersi come amici di una vita. Teatro
nel Teatro, contrapposizioni reali e simboliche, metacomunicazione,
inquadrature sorprendenti e suggestive, contrasti intelligenti nelle
location e dicotomia interno-esterno mi hanno fatto innamorare di
questo film, che scelgo fra i miei preferiti degli ultimi 10 anni.
Lo
spettatore può godersi dialoghi attenti che passano dal brillante al
drammatico, dall'introspettivo al comico che si aggiungono a piani
sequenza coinvolgenti e intensi (almeno uno per protagonista),
con più di un rimando a situazioni tipiche del genere ed alcune
trovate alla Woody Allen, sempre comunque rivisitate e riscritte per
offrire qualcosa di nuovo e diverso. Dimostrazione, questa, che
anche se si parte da canovacci e situazioni note al limite del
cliché, si può fare un grande film quando ci sono inventiva,
talento ed amore per la scrittura e la riscrittura.
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