lunedì 31 ottobre 2016

Citazioni Cinematografiche n. 172


Mortillaro: Tutti che vogliono andare a scuola: beduini che vogliono fare i medici, beduini che vogliono fare i professori! E ditelo, voi volete un mondo senza beduini!
Vivaldi: Mortillà, tu non devi bere, che poi i beduini sono ottime persone. Sei un razzista.
Mortillaro: Eccolo là, ha parlato il difensore dei beduini. Beduini, accomodatevi!

(Mortillaro/Roberto Nobile e Vivaldi/Silvio Orlando in “La Scuola”, di Daniele Luchetti - 1995)



venerdì 28 ottobre 2016

Julieta (2016)


Grazie ad una rassegna in corso presso uno storico cinema di provincia, a breve distanza da dove abito, ho “recuperato” la visione dell’ultimo film di Pedro Almodóvar, “Julieta”.
Il regista spagnolo, in coincidenza con la maturità, probabilmente ha inteso cambiare decisamente registro, non tanto lo stile, optando per un ritmo ed uno sguardo meno vivace, più lento e maggiormente distaccato, anche se il distacco infine risulta solo parziale.
Il soggetto è ispirato da tre racconti di Alice Munro, scrittrice canadese che ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura nel 2013.

L’interesse per l’universo femminile, che tanto ha contraddistinto la produzione di Almodóvar, è sempre presente e vivo, elegante e a tratti seducente, ma più freddo, con il rischio di rappresentare qualcosa di non pienamente risolto, ovvero la vicenda umana di una donna che da anni, inspiegabilmente, non vede e non ha alcun contatto con la giovane figlia, in un film che a sua volta sembra non risolversi, non svolgersi e non partire definitivamente.
Più quadri e immagini, sapientemente girati e con una fotografia molto curata, che presentano, più che rappresentare ed illustrare. 
In sé non sarebbe un limite, potrebbe anzi risultare una scelta vincente, considerando anche che la musica proposta per accompagnare le immagini svolge bene il proprio ruolo, ma le attrici scelte per il ruolo di protagonista non convincono e con la loro prova, di fatto, non solo non aggiungono, ma in alcuni momenti addirittura depotenziano quanto viene rappresentato. Esattamente il contrario di quanto accaduto in buona parte degli altri film girati da Almodóvar. 
Apprezzabile che la stessa donna, interpretata da Adriana Ugarte in età giovanile e da Emma Suarèz nella maturità, in qualche modo illustri il passaggio dal cinema “da movida” della prima produzione e gli ultimi anni cinematografici di don Pedro.

I riferimenti cinefili abbondano e probabilmente solo in un film sostanzialmente sobrio e rigoroso, con tratti crepuscolari come questo avrebbero trovato degno ruolo, ma rimane una certa perplessità, dovuta al desiderio dello spettatore di farsi coinvolgere.
Rimane l’abilità del regista, il suo sguardo lucido ed intenso, ma quello che sarebbe potuto essere un thriller, o un dramma, oppure una efficace rappresentazione del dolore, rimane troppo sospeso e non entusiasma.

Ci sono scene dove lo spettatore rimane colpito ed affascinato dalle scelte registiche (una intrigante ellissi temporale agita grazie ad un asciugamano), ma sono in numero inferiore rispetto a quelle in cui, viceversa, prende il sopravvento un pizzico di delusione, di rammarico, per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato.
La possibilità che fra qualche anno “Julieta” possa essere rivisto e rivalutato all’interno della produzione dello spagnolo rimane, anche perché non posso escludere che trovarsi di fronte ad un film solo in parte “almodovariano” abbia limitato la mia capacità di giudizio.



lunedì 24 ottobre 2016

Citazioni Cinematografiche n. 171

“Sono venuto a morire con te. O a vivere. Morire non è cosa difficile per gente come noi; vivere è difficile, quando la propria gente è stata massacrata e distrutta. I governi non vivono insieme, gli uomini sì. I governi non mantengono la parola e non combattono lealmente, io invece sono venuto per offrire a te la scelta e per avere una proposta. Sono venuto per dirti che, come sono pronto a combattere, così sono pronto a vivere in pace.”

(Josey Wales/Clint Eastwood in “Il Texano dagli occhi di ghiaccio”, di Clint Eastwood - 1976)



sabato 22 ottobre 2016

La Storia


«La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui».


Eugenio Montale, La storia, da Satura (1971)


giovedì 20 ottobre 2016

Le Storie #48 – Notturno Newyorkese


Un omaggio all’hard-boiled o un abile esercizio di metanarrazione?
Un’opera narrativa infarcita di cliché di genere o un tributo al genere stesso?
Probabilmente ogni lettore di “Notturno Newyorkese” avrà, se lo desidera, la sua risposta e la sua reazione al numero 48 della serie “Le Storie”.

Rimane certa la padronanza con cui lo sceneggiatore Samuel Marolla gioca con i tratti e gli stilemi dell’hard-boiled, facendo sì che ogni elemento presentato ed utilizzato risulti ben inserito nello sviluppo della trama, esaltata dai disegni dettagliati di Max Avogadro, abile nel presentare con chiarezza grafica ed espositiva volti, sfondi, ambienti e la tipica atmosfera di questa tipologia di narrazione.

Il rischio è che solo gli appassionati, gli estimatori del genere apprezzino il risultato, poiché il colpo di scena su cui si punta fin dalle prime pagine risulta un po’ “telefonato”, dato che è possibile intuirlo già da metà dell’albo, oltre ad essere non propriamente inedito.
Il ricordo e la resa grafica della figura di Cornell Woolrich sono comunque per me motivi sufficienti per apprezzare questo Notturno Newyorkese con la sua pioggia, la colonna sonora, il dolore e la giusta dose di piombo e violenza.

New York, fine anni Trenta. L’aspirante scrittore Jake Russell consuma le sue notti davanti alla macchina per scrivere, alla ricerca di un’idea che lo porti via dalla miseria dei bassifondi. Ma non è l’unico a cercare qualcosa. Sordidi delinquenti gli danno la caccia, forse per ucciderlo, forse perché lui ha con loro un debito… Jake non lo sa, perché – dopo un terribile trauma – la sua memoria si è persa e il suo passato è un enigma senza soluzione…

lunedì 17 ottobre 2016

Citazioni Cinematografiche n. 170

“Se non ti mobiliti per difendere i diritti di qualcuno che in quel momento ne è privato, quando poi intaccheranno i tuoi, nessuno si muoverà per te. E ti ritroverai solo.”

(Harvey Milk/Sean Penn in “Milk”, di Gus Van Sant - 2008)



sabato 15 ottobre 2016

8 Donne e un Mistero (2002)


Un piccolo gioiello del più recente cinema francese, “8 Donne e un Mistero” è una divertente e riuscita commedia noir, che vede protagoniste, come da titolo, 8 attrici impegnate ad interpretare una messinscena molto teatrale, con battute efficaci, scenografia e colori molto accesi, numeri musicali e canzoni che si susseguono ed una trama intelligente ed arguta.
Il regista François Ozon evita i ritmi lenti tipici del cinema d’oltralpe per regalare allo spettatore una vicenda serrata e farcita di sorprese e rivelazioni. I misteri sono più di uno, così come i segreti, alcuni difficilmente confessabili, custoditi dalle otto protagoniste.

Pressoché il meglio che in quegli anni potesse offrire la ottimamente fornita schiera d’attrici francesi, il gruppo al femminile è in gran forma, con una speciale menzione per Catherine Deneuve, Isabelle Huppert e Fanny Ardant.
L’atmosfera retrò, il gioco di utilizzare in modo ironico tabù e cliché, costumi e vezzi della borghesia anni 50, fa divertire e mette l’intera vicenda nella felice condizione di essere goduta fino in fondo e di beneficiare di una recitazione che ammicca al teatrale, utilizzando elementi noir e gialli per stravolgerli con ironia e senso del ludico.

Ci si può vedere più di un riferimento al cinema francese ed hollywoodiano del passato, con l’imbarazzo di passare da Truffaut a Cukor a Hitchcock, sia per l’indagine sul femminile, che per l’ironia evidente, comunque rispettosa di basi e “fondamentali” del mestiere.
I più critici probabilmente storcerebbero il naso di fronte al fatto che il delitto e l’elemento squisitamente giallo tendono a perdere centralità rispetto al resto, ma il resto, appunto, funziona molto bene e sembra proprio che possa bastare.


Non posso evitare di sottolineare il piacere ed il gusto provato ad ascoltare e vedere le protagoniste cantare ed in alcuni casi ballare durante il loro “numero musicale”, che le rappresenta e illustra.
Infatti ognuna delle otto donne è caratterizzata da un brano musicale. Cito quello sensualmente interpretato da Emmanuelle Béart, così come il tema malinconico interpretato dalla Huppert. Inoltre vedere Catherine Deneuve e Fanny Ardant cantare e ballare è un’occasione da non perdere.




Nel bel mezzo di un gelido inverno, in una casa isolata della campagna francese, una famiglia si riunisce per le vacanze. Ma proprio alla vigilia dei festeggiamenti, un tragico imprevisto fa precipitare la situazione: il capofamiglia viene assassinato. L'omicida non può che essere una delle otto donne più vicine alla vittima: la sua potente moglie, la cognata zitella, la suocera tirchia, l'insolente cameriera, la leale governante oppure una delle due giovani e graziose figlie? (da cinematografo.it)

lunedì 10 ottobre 2016

Citazioni Cinematografiche n. 169


Generale Munro: Maggiore, lei è stato selezionato per una missione di estrema importanza...
Korben Dallas: Che missione?
Generale Munro: Salvare il mondo. Partirà subito per Fhloston Paradise, ritirerà quattro pietre dalla cantante Plavalaguna e le porterà qui senza dare nell'occhio. Domande?
Korben Dallas: Sì, una sola... Perché io? Mi sono congedato 6 mesi fa.
Generale Munro: Tre motivi. Uno: come membro dell'unita del'elité delle forze speciali, lei è un'esperto nell'uso delle armi richieste dalla missione. Due: di tutti i membri della sua unità lei è il più decorato.
Korben Dallas: E il terzo?
Generale Munro: Di tutti i membri della sua unità, lei è l'unico ancora vivo!

(Generale Munro/Brion James e Korben Dallas/Bruce Willis in “Il Quinto Elemento”, di Luc Besson - 1997)






venerdì 7 ottobre 2016

Giallo, Noir & Thriller/35


Titolo: Nordest
Autore: Massimo Carlotto e Marco Videtta
Editore: E/O – 2005

Il tema del rapporto/contrasto fra padre e figlio in un romanzo noir, che in modo lucido e spietato rappresenta quanto di marcio, sporco e rivoltante ci fosse in una visione ed in una modalità di vita in una zona geografica ben definita, per quanto già allora se ne vedesse la labilità dei confini.

Il Nord Est di Massimo Carlotto e Marco Videtta presentato nel 2005 fin dal titolo del romanzo, dove l’elemento politico è evidente, pur non inficiando la narrazione, dove la vicenda presentata, l’intreccio e lo sviluppo della trama funzionano molto bene, con un meccanismo ben oliato che dosa gli elementi tipici del genere insieme alla denuncia di quello che, allora come oggi, è uno dei maggiori e più pericolosi laboratori criminali dell’intera Europa.

Il Nord Est, per l’appunto, che ha messo dinamicità e denari al servizio del crimine, del furto, dello sfruttamento ambientale e dei peggiori istinti e figuri. Spesso con il benestare, la complicità di chi quelle zone ha amministrato e di chi facendosene difensore ha finito per usarle a fini personali, propagandistici e per soddisfare misere e private, personali ambizioni, inconfessabili capricci.
Si accennava al confronto fra padri e figli, qui presentato come una aberrante variante del concetto espresso da Thomas Mann ne i Buddenbrook, con i più giovani (la terza generazione) che in realtà invece che dissipare quanto creato e quindi accumulato da chi li ha preceduti, sono intenzionati a scappare con il bottino, alla ricerca edonistica e disillusa di strategie per colmare il vuoto che li definisce, nascosto dietro auto di lusso, vestiti eleganti, ristoranti alla moda e abuso di stimolanti.

L’omicidio da cui tutto parte è tipico della narrazione noir, con la seguente trama che funziona dall’inizio alla fine, con protagonisti tanto ben delineati e caratterizzati da risultare genuinamente antipatici ed odiosi, siano essi “vittime” o “carnefici”. Nessuno si salva in Nordest, dove l’elemento geografico-territoriale ne risulta il vero punto centrale, protagonista collettivo e palesemente sovra umano, con personaggi (tutti!) totalmente colpevoli, palesemente inseriti in un contesto che allo stesso tempo li forma e ne è formato.

Agli autori il merito di una scrittura e di una analisi lucida, rigorosa, impietosa, che in nessun passaggio intende confortare o giustificare.

"Nordest", scritto a quattro mani da Massimo Carlotto e Marco Videtta, racconta un tema antico, il rapporto tra padri e figli, inserito nell'attualità del Nordest italiano. Un territorio ricco e complesso, considerato la locomotiva dell'economia italiana, che oggi sta vivendo una crisi epocale che ha determinato la fuga degli industriali verso Cina e Romania. Ed è proprio l'ambiente delle grandi famiglie industriali quello in cui matura il delitto di una giovane donna prossima al matrimonio. Sullo sfondo il "paese" il nome non ha importanza perché in tutto il Nordest le grandi famiglie sono tutte uguali e il territorio non ha più identità. "Nordest" è un noir che, a partire da un delitto, racconta l'illegalità diffusa che ha permesso di accumulare grandi ricchezze e un sistema economico che non si è mai posto problemi rispetto al saccheggio del territorio. Personaggio principale è Francesco, rampollo della seconda famiglia più ricca del "paese", giovane avvocato dal futuro già scritto che dovrà confrontarsi con il suo ambiente e scegliere tra verità e "normalità". (da ibs.it)




lunedì 3 ottobre 2016

Citazioni Cinematografiche n. 168

Benjamin Trane: Ho sentito dire che un ladro nel Messico oggi può sparire come fumo al vento. È vero?
Nina: Ma il fumo si vede sparire.


(Colonnello Benjamin Trane/Gary Cooper e Nina/Sara Montiel in “Vera Cruz” di Robert Aldrich - 1954)