venerdì 29 giugno 2018

Quaranta anni fa i "Mondiali della Vergogna"


In queste settimane si svolgono i Mondiali di calcio in Russia.
40 anni fa si svolgevano in Argentina. L'Argentina della dittatura militare. I "Mondiali della Vergogna".

Durante i campionati del mondo del 1978 successe di tutto: morte, tortura, desaparecidos, doping, paura, corruzione, bugie. Eppure Argentina ’78 sarà il momento di maggior popolarità della dittatura Videla.



Invito a leggere l'articolo di Piero Trellini pubblicato su Il Post, "I Mondiali della Colpa", che oltre a raccontare la dittatura ci porta a confrontarci con altre, non inferiori, colpe e responsabilità di dirigenti FIFA, giornalisti, uomini di potere e politici.

Dopo aver cliccato sul link se vi va ascoltate e leggete la canzone di Víctor Heredia, "Todavía Cantamos" nella versione proposta da Mercedes Sosa accompagnata intensamente solo dalle percussioni. Canzone dedicata ai "desaparecidos" della "guerra sucia" (1976-1983): il dolore e l'intollerabile assenza si trasformano in memoria, ricerca della verità, speranza in un futuro diverso, senza fame, senza paura e senza pianto.


Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
a pesar de los golpes
que asestó en nuestras vidas
el ingenio del odio,
desterrando al olvido
a nuestros seres queridos.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
que nos digan adónde
han escondido las flores
que aromaron las calles,
persiguiendo un destino
¿Dónde, dónde se han ido?

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
que nos den la esperanza
de saber que es posible
que el jardín se ilumine
con las risas y el canto
de los que amamos tanto.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
por un día distinto,
sin apremios ni ayuno,
sin temor y sin llanto,
porque vuelvan al nido
nuestros seres queridos.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
Todavía soñamos, todavía esperamos...

Víctor Heredia

Versione italiana di Maria Cristina Costantini
ANCORA CANTIAMO

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
nonostante i colpi
che ha inferto alle noste vite
la macchina dell'odio
esiliando nell'oblio
i nostri cari.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
che ci dicano dove
hanno nascosto i fiori
che profumarono le strade
inseguendo un destino
dove, dove sono andati?

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
che ci diano la speranza
di sapere che è possibile
che il giardino si illumini
delle risa e del canto
di coloro che abbiamo amato tanto.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
per un giorno diverso
senza torture né fame
senza paura e senza pianto
perché tornino al nido
i nostri cari.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo.
 

 

mercoledì 27 giugno 2018

Dampyr #219 - Tutto per Amore


L'albo numero 219 di Dampyr, “Tutto per Amore”, parte esattamente da dove si era concluso quello precedente. Il sorprendente colpo di scena finale, con i suoi tratti tragici e angoscianti per quanti sono affezionati alla serie ed ai suoi protagonisti, trova nel corso delle tavole di questo albo una sua risoluzione, tanto lieta e a suo modo consolatoria, quanto portatrice di nuovi stimolati elementi e situazioni che fanno ingolosire per il prosieguo della serie stessa.


L'occasione è buona per sottolineare la peculiarità di una pubblicazione come Dampyr all'interno della Sergio Bonelli Editore. Dampyr si caratterizza come forse unica testata bonelliana di lungo corso a vantare una ricca e mai banale trama orizzontale, in cui non manca ed anzi dona fascino e particolare interesse un “reale invecchiamento” dei suoi protagonisti. Una trama orizzontale che si esalta in quella verticale di ogni numero, che si mostra, albo dopo albo, come pensata attentamente nei suoi meccanismi e snodi fondamentali. Come ad esempio in questa storia, in cui Mauro Boselli, in qualità di soggettista e sceneggiatore, inserisce un serie di elementi e propone nuovi filoni sulla base di “antiche” vicende dampyriane, che promettono di portare novità e sorprese nelle prossime uscite, della serie regolare e delle varie pubblicazioni dedicate ad Harlan e soci.



Come se non bastasse, ai disegni abbiamo Corrado Roi, di cui ricordo con grande emozione un Maxi Dampyr di circa 5 anni fa, “Il Collezionista”.
Roi, lasciato libero di esprimersi all'interno di una solida ed appassionante sceneggiatura, spazia da tavole con una griglia definita ad altre più libere, realizzando anche alcune splash page, dimostrando la propria impressionante bravura e la non comune capacità di rappresentare, senza mai tradire il proprio stile ed anzi mettendolo al servizio della serie, ambienti e creature tipicamente dampyriane. Viene da augurarsi che torni presto a donare il suo segno cupo, graffiato ed elegantemente sporco agli albi del Dampyr.


Un avversario imprevedibile, una disperata vendetta, una fuga nel sogno... Qual è la verità? I nostri eroi la scopriranno alla fine di una lunga caccia! (da sergiobonelli.it)



lunedì 25 giugno 2018

Citazioni Cinematografiche n.256

Eva: Siamo troppo diversi.
Bianca: Come Pc e Mac.
Peppe: Oh, e l'uomo cosa sarebbe?
Eva: L'uomo è PC, ovvio. Costa poco, si becca i virus e può fare al massimo una cosa alla volta.
Bianca: E le donne sono Mac: intuitive, veloci, eleganti.
Cosimo: Costano un botto, e sono compatibili solo fra di loro.
Bianca: Sì, ma creano dipendenza!

(Eva/Kasia Smutniak, Bianca/Alba Rohrwacher e Cosimo/Edoardo Leo in "Perfetti Sconosciuti", di Paolo Genovese - 2016) 







venerdì 22 giugno 2018

Giallo, Noir & Thriller/55



Titolo: Tu sei il prossimo
Autore: Stefano Tura
Editore: Fazi - 2014



Incuriosito dall'ambientazione del thriller, la Romagna ed in particolare Cesenatico (la città dove vivo ed i cui luoghi sono ben riconoscibili), ho acquistato e letto “Tu sei il prossimo”, di Stefano Tura, fino ad ora a me noto solo come volto televisivo.
Tura infatti, bolognese di nascita, è stato a lungo nella redazione del TG regionale dell'Emilia-Romagna, anche in veste di conduttore, per poi divenire inviato RAI in varie zone di guerra. Al momento è corrispondente RAI a Londra. La sua conoscenza del giornalismo, italiano e britannico, nonché di vari altri aspetti del mestiere oltre che della zona costiera romagnola, è stata efficacemente utilizzata in questo romanzo dalla scrittura diretta e scorrevole, a volte opportunamente secca in capitoli brevi.



Il rapimento di una bambina inglese a Cesenatico è lo stratagemma utilizzato per rappresentare una serie di personaggi, di indagini e inchieste, dal ritmo serrato e coinvolgente, in una intrigante lotta contro il tempo, che farà emergere più di una verità sconvolgente e inconfessabile, in cui violenza e omertà sono gli unici aspetti visibili.

Convincente è la rappresentazione dei due personaggi principali, un italiano ed un inglese, entrambi poliziotti, dal passato non facile, a cui piace lavorare da soli, prendendosi libertà di ogni tipo. Inoltre il confronto fra due distinte modalità di fare giornalismo, quella italiana e quella britannica, dona ulteriore gusto e apre altre vie, percorse da Stefano Tura con intelligenza narrativa e stile di scrittura efficace.

Tu sei il prossimo” è un romanzo che può conquistare anche i lettori occasionali, che magari stimolati dal periodo estivo e dall'ambientazione vacanziera potrebbero sceglierlo come prossima lettura.

La scomparsa di Leah Martins, una bambina inglese di cinque anni che si trovava in vacanza con la sua famiglia in una tranquilla cittadina della costa romagnola, mette in subbuglio tutta la riviera a pochi giorni dall'apertura della stagione turistica. La polizia fatica a gestire le ricerche che si rivelano ben presto più complesse del previsto e conducono direttamente in Inghilterra, nell'oscuro ambiente da cui proviene la famiglia della bambina. L'ispettore Alvaro Gerace non ha dubbi. La piccola è stata rapita. Dello stesso avviso il giornalista Luca Rambaldi che decide di aiutare il poliziotto. Ma perché in Italia? E chi l'ha sequestrata? Dall'altra parte della Manica l'investigatore di Scotland Yard, Peter McBride, ha due soli obiettivi: riscattare la sua infanzia trascorsa in una gang di Manchester e riportare a casa la bambina. La sua è un'indagine non autorizzata. E mentre tutti i possibili testimoni vengono man mano eliminati barbaramente, le due inchieste, e i loro protagonisti, si incrociano in una lunga scia di sangue.

mercoledì 20 giugno 2018

E invece no



L'Uomo Nero 
testo di Dario Brunori

Hai notato l'uomo nero
Spesso ha un debole per i cani
Pubblica foto coi suoi bambini
Vestito in abiti militari
Hai notato che spesso dice
Che noi siamo troppo buoni
E che a esser tolleranti poi
Si passa per coglioni.

Hai notato che gli argomenti
Sono sempre piu o meno quelli
Rubano, sporcano, puzzano e allora
Olio di ricino e manganelli.
Hai notato che parla ancora
Di razza pura, di razza ariana
Ma poi spesso è un po' meno ortodosso
Quando si tratta di una puttana.

E tu, tu che pensavi
Che fosse tutta acqua passata
Che questa tragica misera storia
Non si sarebbe più ripetuta
Tu che credevi nel progresso
E nei sorrisi di Mandela
Tu che pensavi che dopo l'inverno sarebbe arrivata una primavera
E invece no
E invece no

Hai notato che l'uomo nero spesso ha un debole per la casa
A casa nostra, a casa loro
Tutta una vita casa e lavoro
Ed è un maniaco della famiglia
Soprattutto quella cristiana
Per cui ama il prossimo tuo
Solo carne di razza italiana.

Ed hai notato che l'uomo nero
Semina anche nel mio cervello
Quando piuttosto che aprire la porta
La chiudo a chiave col chiavistello
Quando ho temuto per la mia vita
Seduto su un autobus di Milano
Solo perché un ragazzino arabo
Si è messo a pregare dicendo il corano.

E tu, tu che pensavi
Che fosse tutta acqua passata
Che questa tragica misera storia
Non si sarebbe più ripetuta
Tu che credevi nel progresso
E nei sorrisi di Mandela
Tu che pensavi che dopo l'inverno sarebbe arrivata una primavera
E invece no
E invece no.

E io, io che pensavo
Che fosse tutto una passeggiata
Che bastasse cantare canzoni
Per dare al mondo una sistemata
Io che sorseggio l'ennesimo amaro
seduto a un tavolo sui Navigli
Pensando in fondo va tutto bene
Mi basta solo non fare figli
E invece no
E invece no

E io, io che pensavo
Che fosse tutto una passeggiata
Che bastasse cantare canzoni
Per dare al mondo una sistemata
Io che sorseggio l'ennesimo amaro
seduto a un tavolo sui Navigli
Pensando in fondo va tutto bene
Mi basta solo non fare figli
E invece no
E invece no

Mi interessa in particolare la parte finale del testo. Prima è molto chiaro e condivisibile, ma tutto sommato già sentito in passato, nonostante una genuina autenticità ed originalità, oltre che tristemente attuale.
Il "salto" si attua quando l'ascoltatore viene in un certo modo invitato a guardare a sè, piuttosto che all'uomo nero del titolo. Sai, vedi, ne sei consapevole, ma cosa fai, realmente? Sei a bere un amaro, l'ennesimo, guardi e non fai niente, pensando che basti non fare figli per essere a posto. E Invece NO!


lunedì 18 giugno 2018

Citazioni Cinematografiche n.255

Ok Ted, presta attenzione, io farò due mucchietti qui sul bancone, un mucchietto è già tuo, e l'altro mucchietto potrebbe diventare tuo. Devi capire che noi la scommessa la faremo in ogni caso, che tu ci stia oppure no. Vuoi che sia tu a tenere l'accetta o... una cameriera messicana, o... un barbone che prendiamo dalla strada? Potrà comprare molta zuppa con quel mucchietto... Shh... È una corsa contro il tempo, Ecco... ora ho... ho... Ho perso il conto, quanto è quel mucchietto? 600. Ok. Ted sai quanto ci mette un americano medio a contare fino a 600? Attento può essere una fregatura. No signore. Circa un minuto meno che contare fino a... 700. Vedi Ted, la vita è piena di un miliardo di piccole esperienze, alcune non servono a niente, sono da dimenticare per sempre e quindi tu le dimentichi, altre esperienze invece puoi ricordarle per il resto dei tuoi giorni... 800. Ora, dal momento che ciò che ti proponiamo è così... Inusuale... Così fuori dalla norma... Ci puoi scommettere che quella di questa sera sarà una di quelle esperienze che restano. Allora Ted, visto che sarai costretto a ricordartela per tutta la vita devi solo decidere quale sarà il ricordo che avrai. Dunque, vuoi ricordarti per i prossimi quarant'anni, decennio più decennio meno, che oggi hai rifiutato mille dollari per un secondo di lavoro, oppure che oggi hai guadagnato mille dollari per un solo secondo di lavoro? 
(Chester Rush/Quentin Tarantino e Ted/Tim Roth in "Four Rooms", di registi vari - 1995)



venerdì 15 giugno 2018

Le Storie #68 - Ucciderò Madiba


In Sudafrica nel 1990 fu liberato Nelson Mandela, nel 1991 smise di essere in vigore l'apartheid, la politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca, il 27 aprile 1994 si tennero le prime elezioni democratiche con suffragio esteso a tutte le etnie e successivamente il già citato Mandela venne eletto presidente.

Da questi brevi cenni di storia si può notare come la mia adolescenza fu attraversata anche da questi eventi di rilevanza mondiale, portandomi ad interessarmi al Sudafrica ben prima che vi si svolgessero i campionati mondiali di calcio.

Pertanto l'albo numero 68 de “Le Storie” “Ucciderò Madiba” mi ha coinvolto ed anche emozionato.
La vicenda si svolge nel pieno degli anni controversi della segregazione razziale, con protagonista un anziano signore nero che sembra non avere voglia di schierarsi, intento a vivere la sua vita di rassegnazione ed accettazione, segnata dal dolore per la perdita del figlio.


La sceneggiatrice Gabriella Contu riesce, in una prova eccellente di scrittura, che verte su tematiche che facilmente potrebbero far cadere in banalità e retorica, a presentare un albo che si distingue per intelligenza espositiva e impegno sociale unito ad un certo gusto per la narrazione e la ricostruzione ambientale e politica. Oltre al quadro storico e sociale del Sudafrica degli anni Sessanta si nota una notevole sensibilità nel ricostruire le dinamiche interpersonali all'epoca dell'apartheid, in una storia coinvolgente. Buoni i disegni di Giuseppe Baiguera, che in più tavole non hanno quasi bisogno di dialoghi o didascalie.


Ucciderò Madiba riesce molto bene in quello che è un segno distintivo della testata antologica Bonelli, ovvero presentare e raccontare, all’interno di fatti storici (anche solo verosimili) le vicende di persone comuni, spesso segnate in maniera evidente e duratura dagli eventi.


Sudafrica, 1963. Lo spregevole regime razzista dell’apartheid opprime la popolazione nativa, esclusa da ogni posizione di potere, ridotta in miseria, disprezzata e asservita dai bianchi… La lotta per la libertà è costata un figlio al vecchio Moses e lui ora dice di voler solo “vivere tranquillo” e che i combattenti non sono che “terroristi”. Cerca di nascondersi dalla realtà perché sconfitto dal dolore e dalla paura, ma presto dovrà fare una scelta, la più importante della sua vita: dovrà scegliere da che parte stare. (da sergiobonelli.it)

mercoledì 13 giugno 2018

Così sono i giorni



Nelle nostre stanze di giovedì c'è odore di pomodoro, di domenica c'è odore di oca arrosto e ogni lunedì di bucato. Così sono i giorni: quello rosso, quello grasso e quello insaponato. Inoltre vi sono i giorni dietro la porta di vetro; o in particolare un unico giorno di fresco, di seta e di legno di sandalo. La luce là dentro è filtrata, delicata, argentea e placida; fuliggine, tempesta, rumore e moscerini non entrano là dentro come nelle altre stanze. Eppure è separata solo da una porta a vetri; ma è come se ci fossero venti porte di bronzo, o come un ponte che non finisce mai, o come un fiume con un traghetto malsicuro da riva a riva.

(da “Danze Macabre”, “Generazioni”, di Rainer Maria Rilke, trad. Mauro Ponzi)


lunedì 11 giugno 2018

Citazioni Cinematografiche n.254

Giurato n. 11: Che razza di uomo è lei? Lei è stato qui e ha votato colpevole come tutti gli altri soltanto perché ha dei biglietti per una partita di baseball che le bruciano in tasca. E ora cambia il suo voto perché dice che ne ha abbastanza delle chiacchiere che si fanno qui.
Giurato n. 7: Mi ascolti, amico...
Giurato n. 11: Si può sapere chi le dà il diritto di scherzare in questo modo con la vita di un suo simile? Non le importa che...
Giurato n. 7: Un momento! Lei non può parlarmi così!
Giurato n. 11: E invece è così che le parlo! Se lei vuole votare innocente, lo faccia perché è convinto che quell'uomo è innocente, non perché è stanco. E se non lo crede innocente, allora voti in quel senso. Insomma, abbia il coraggio di dire veramente quello che pensa.

(Giurato n.11/George Veskovec e Giurato n.7/Jack Warden in "La Parola ai Giurati", di Sidney Lumet - 1957) 



giovedì 7 giugno 2018

L'inizio, in quanto ciò che vi è di più grande



L'inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, ma ci sta di fronte. L'inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che è sul punto di accadere

(Martin Heidegger)




martedì 5 giugno 2018

Il "nostro" vicino Totoro, tra magico e reale

A. è un uomo che si avvicina ai 40 anni, fin da bambino tifa per una squadra di calcio del nord Italia. Questa squadra in pratica ha dovuto attendere che mezza serie A venisse retrocessa d'ufficio o penalizzata per poter rivincere il campionato, cosa che poi da ormai 10 anni anni non gli riesce più. Si capisce pertanto che A. riceva poche soddisfazioni dal calcio, ma ama i cartoni animati.
Fatalità vuole che, però, anche in fatto di preferenze in merito ad opere d'animazione, A. abbia gusti a dir poco opinabili, a mio vedere fortemente discutibili.
In breve, ad A. non piacciono le opere di Hayao Miyazaki.
Possibile? Sì, addirittura non gli piace “Il mio vicino Totoro”.

Adri, non lo capisco, non so cosa voglia dire. E poi la storia di quelle due bambine, non so, non mi piace!”.
Queste, più o meno, le sue parole.



Pazienza, in fondo ci può stare di avere gusti e preferenze diverse e personali. Però insisto e affermo che anche chi si dichiara non estimatore di Miyazaki, dovrebbe cercare di forzarsi un po' e magari riprovare a vedere le sue opere. Partendo magari da “Il mio vicino Totoro”, che quest'anno compie trent'anni!

Personalmente in compagnia dei miei bambini mi sono goduto svariate volte questa meravigliosa favola, ambientata nella campagna giapponese del secondo dopoguerra, con protagoniste due simpatiche sorelline che fanno la conoscenza di un enorme e sonnacchioso essere peloso che loro nominano Totoro. Cosa fa di quest'opera d'animazione un imprescindibile capolavoro? Lasciando da parte le solite parole e frasi usate per descrivere i lavori del maestro giapponese fondatore dello Studio Ghibli, possiamo affermare che questo film “arriva” con sorprendente facilità sia al pubblico bambino, che a quello fanciullo come a quello adulto. Tocca il cuore di molti e affascina per le sue semplici e fondamentali dinamiche di amicizia, affetto, paura, mistero e per la variante di sentimenti che vengono rappresentati con un ristretto e ben chiaro circolo di personaggi.



Se gli adulti giungono dopo poche sequenze a interpretare le dinamiche e la complessità di alcune situazioni, i bambini che si apprestano a vedere le sorelline Satsuki e Mei alle prese con Totoro, la campagna, i giochi e la scuola, a commuoversi per le figure della madre e della nonnina loro vicina di casa, entrano subito nello spirito del film, identificandosi con i personaggi e con le atmosfere della pellicola. 

 

Siamo inoltre di fronte ad una non secondaria raffinatezza visiva e uditiva, rappresentata dai meravigliosi fondali, dalle musiche che accompagnano le immagini, per un’opera perfetta per narrazione e rappresentazione, sobria ed elegante con una grazia ed un equilibrio affascinante, a cui si aggiunge una potente carica emotiva, quasi poesia in movimento.
Ogni spettatore può avere le sue sequenze od immagini preferite, ed il fatto che ne vengano elencate tante e anche fra di loro diverse, a mio parere è segno che l'ora e mezzo scarsa del film è al limite della perfezione, narrativa, visiva, rappresentativa ed evocativa.

Il mio vicino Totoro è in fondo un capolavoro perché al di là della tecnica e dell'equilibrio fra reale e fantastico, fra giapponese ed occidentale, è un film universale, poiché riesce a parlare direttamente ad ogni spettatore, senza filtri o sovrastrutture. Miyazaki con quest'opera ha realizzato una narrazione per immagini e musica, per dialoghi e parole, semplice, lineare, con uno sviluppo narrativo, comprensibile ai grandi e ai piccoli ed emotivamente coinvolgente. Infatti, poco importa se i nomi dei protagonisti e dei luoghi siano strani (ma non impossibili da ricordare e pronunciare, come mi hanno dimostrato i miei bambini), dal momento che quanto messo in scena trascende tempo e spazio, culture e luoghi geografici, per giungere agli occhi ed al cuore di chi si lascia catturare da ciò che abita fra il magico ed il reale, fra la veglia ed il sonno, fra il fanciullesco e l'adulto, con una grazia ed una leggerezza che commuovono.


lunedì 4 giugno 2018

Citazioni Cinematografiche n.253

M: Sono stato sulla luna.
Irma: Davvero? E come l'hai trovata?
M: Molto tranquilla.
Irma: Hai incontrato nessuno?
M: Veramente no. Sai, era domenica.


(M/Markku Peltola e Irma/Kati Outinen in "L'Umo senza Passato", di Aki Kaurismäki - 2002) 



sabato 2 giugno 2018

L'Uomo, attraverso il mondo





Credo che l'uomo collettivo, l'umanità, ossia l'Associazione, debba essere lavoro vitale d'una nuova fede, che starà al cristianesimo, come il cristianesimo al mosaismo; cioè verrà non a distruggerlo, ma a completarlo. Credo che mentre tutte le religioni hanno detto: «Dio è Dio, e Buddha è il suo profeta — e Cristo è il suo profeta — e Maometto è il suo profeta», la religione futura dirà: «Dio è Dio, e l'umanità è il suo profeta.» Quindi, rivelazione, non immediata, ma continua, progressiva, incarnazione divina nell'umanità: santificazione, ma mortalità di tutte le religioni, fasi tutte, secondo il tempo e lo spazio, della grande, vera, una religione, della quale ogni epoca storica svolge un principio, un articolo. La morale si perfezionerà, dacché invece di sancire che l'uomo può salvarsi, malgrado il mondo, e separandosi dal mondo, dirà che l'uomo non si salva se non attraverso il mondo, trasformando il mondo.
(Giuseppe Mazzini, da Lettera a Francesco Dall'Ongaro. Ginevra, 27 maggio 1854 )