giovedì 29 ottobre 2020

La gente ama i sogni



"Per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni. Il sogno ci da forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci fa morire. E anche se ci abbandona, le sue ceneri rimangono sempre in fondo al cuore. Fino alla morte." 
(Gatsu - Berserk)

lunedì 26 ottobre 2020

Citazioni Cinematografiche n.378

Prima di cominciare una vendetta, è meglio che scavi due fosse!.

(James Bond/Roger Moore in “Solo per i tuoi occhi”, di John Glen - 1981)







 

sabato 24 ottobre 2020

Giallo, Noir & Thriller/78



Titolo: Ninfa Dormiente

Autore: Ilaria Tuti

Editore: Longanesi 2019

Una compresenza di curiosità ed un pizzico di reticenza ha accompagnato la mia lettura di “Ninfa Dormiente”, opera “seconda” di Ilaria Tuti, dopo “Fiori sopra l'inferno”.

Mi ha fatto piacere conoscere meglio il commissario capo e profiler Teresa Battaglia, di cui vengono chiariti, se non proprio svelati, alcuni avvenimenti del suo passato, nonché entrare maggiormente dentro la malattia che la affligge e con cui sia lei che il lettore si trovano a fare i conti.

Di contro, un po' di fastidio, più che noia, l'ho vissuta leggendo del suo collaboratore, l'ispettore Marini, degli strascichi della sua infanzia non propriamente felice e dei turbamenti che vengono in più pagine spiattellati. In questo caso si attinge a qualcosa di già fin troppo raccontato, per quanto serio e doloroso, ed inoltre si aggiungono i problemi con la (ex) fidanzata, per lo più incinta con lui turbato ed in ambasce alla notizia.

Fortunatamente però si aggiungono in “Ninfa Dormiente” due protagonisti “speciali”, che rendono interessante l'indagine in corso, contribuendovi in modo sostanziale ed originale, donano ulteriore sapore alla narrazione ed a quanto raccontato. Spero che l'autrice ci faccia incontrare ancora con Bianca ed il suo amico a quattro zampe.


La scrittura alterna ritmo e dialoghi da respirare, momenti descrittivi non sempre apprezzabili e indagini dal sapore etnoculturale, queste da me maggiormente apprezzate, poiché presentate in modo garbato ed adatto al contesto narrativo. Se poi si ha avuto la possibilità di frequentare, anche solo da turista, i luoghi descritti, allora è difficile non farsi conquistare.

Da gustare, a mio parere, oltre all'attenzione per i luoghi, anche l'alternanza dei tempi narrati, l'odierno ed il passato, che si sostanzia negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale al confine fra Friuli e Jugoslavia, ora Slovenia. In questo caso rientra una riflessione ed una considerazione sul Tempo e sul tempo dei vari protagonisti, sulla Terra e la terra vissuta dagli abitanti della Val Resia.

Intrigante, ma richiede pazienza, dal momento che pur non mancando pathos e ritmica scansione, alcune pause appesantiscono la lettura e ci si gioca quel tanto di adrenalina che qualche lettore magari avrebbe preferito trovarvi in dosi maggiori.


Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi, ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d’improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l’inferno, ogni giorno l’inferno mi abita e mi divora. Perché c’è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l’ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa. (da Longanesi.it)

giovedì 22 ottobre 2020

Ritratto della giovane in fiamme (2019)


Si ha ancora bisogno di opere cinematografiche o letterarie che ci illustrino quanto fosse precluso alle donne un tempo, che ci invitino a riflettere su quanta strada sia tuttora necessario percorrere per una effettiva e concreta parità di genere in molti campi e situazioni, che evidenzino in modo serio l'urgenza di operare perché non vi siano discriminazioni in tema di orientamento ed abitudini sessuali?

Dopo aver visto “Ritratto della giovane in fiamme” la risposta sembra essere sì, in ogni caso. Altrimenti perché scrivere e girare un film come quello? Una storia d'amore senza la classica colonna sonora dei film d'amore. Un film in costume che non si risolve in una sfilata di moda del 700. Un'opera cinematografica che sembra fare a meno degli esterni, ridotti all'essenziale ed utilizzati con una rara sensibilità pittorica e grande attenzione alle luci ed ai colori. Una storia di sole donne, dove le uniche figure maschili, presenti o non presenti che siano, sono marginali e pressoché trascurabili.


Le due brave protagoniste mettono in scena una naturale sensualità, che non scade nell'esposizione triviale tanto meno nel volgare, mostrando con i loro volti, le loro espressioni ed i gesti un amore negato tra due donne, ma non solo. Vi sono anche la difficoltà e spesso l’impossibilità di essere artiste, creative, o anche semplicemente studiose e intellettuali.


Dal punto di vista prettamente cinematografico un bel po' del film assume i contorni del programmatico, con qualche sequenza per così dire “telefonata”, ma vi sono anche una sceneggiatura indovinata, felici intuizioni registiche e attenzione alla luce e a come questa incontra i volti, le mani e le emozioni delle protagoniste.

Una certa compostezza impedisce di vivere appieno le emozioni, che nello spettatore rimangono compresse, ma la regista Céline Sciamma ha così scelto, permettendo, d'altro canto, di godere di ciò che maggiormente funziona. Ovvero la teorica e pratica sovrapposizione degli sguardi della pittrice Marianne, della Sciamma stessa e della macchina da presa, con l’amoroso soffermarsi sugli occhi, sul volto, sulle mani della giovane promessa sposa Haenel/Héloïse.


In questo senso, dunque, “Ritratto della giovane in fiamme” si presenta e vale come dichiarazione d’amore, come testimonianza di quello che un tempo era negato alle donne e che oggi, alla luce del sole (non solo metaforicamente), le donne/artiste possono, o almeno potrebbero vivere.


1770. Marianne, pittrice di talento, viene ingaggiata per fare il ritratto di Héloise, una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per sposare l’uomo a lei destinato. Héloise tenta di resistere al suo destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre, Mariane dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta un amore travolgente e inaspettato.



martedì 20 ottobre 2020

Sogni, di Vittorio Corcos

 

Sogni, di Vittorio Corcos, 1896 - Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea

Dipinto di grande modernità, poiché seppur datato 1896 restituiva alla società e visione del tempo l'immagine di una donna consapevole di sé, diremmo oggi emancipata ed indipendente.

Ne sono testimonianza e prova la posa e l'atteggiamento molto inusuale, che testimonierebbero confidenza fra la modella ed il pittore. Vittorio Corcos infatti ritrae una ragazza reale, Elena Vecchi, in una situazione di grande naturalezza ed aderenza al vero.

L'osservatore è colpito dal fatto che la giovane lo guarda dritto negli occhi, con sicurezza, dando l'idea di un rapporto più che alla pari, anzi come se lo sfidasse. Ulteriore elemento da notare sono le gambe accavallate di Elena, una posizione all'epoca ritenuta non decorosa.

Ma ciò che sopra ogni cosa mi colpisce è lo sguardo di Elena Vecchi. Uno di quegli sguardi che, qualche volta nella vita, ho incontrato sul mio cammino e non sono riuscito a dimenticare, perché ti entrano dentro e al medesimo tempo ti turbano e ti conquistano. Come se ti attraversasse dentro, la giovane ragazza ti legge e ti invita, con sicurezza, a parlarle. Lei, con le labbra chiuse ma pronte ad aprirsi a te, se vincendo timori e il senso di spaesamento che ti travolgono, ti decidessi a rivolgerle la parola, o anche solo un saluto.

lunedì 19 ottobre 2020

Citazioni Cinematografiche n.377

Padre Montgomery: Questo è stato un anno duro per te Mildred, lo sappiamo tutti, davvero. Se per caso avessi bisogno di qualcosa noi ci saremo, sempre. Ma la città sa anche che tipo di uomo sia Bill Willoughby e sono assolutamente tutti contro i tuoi manifesti.

Mildred: Lo pensa davvero padre?

Padre Montgomery: Sai Mildred, se non avessi smesso di venire in chiesa adesso tu sapresti bene quali sono i sentimenti che prova la gente. Almeno dieci persone sono venute da me in chiesa. Quindi sì, lo penso davvero. Tutta la communità è con te riguardo ad Angela. Nessuno è con te riguardo a questo.

Mildred: Sa che cosa stavo pensando oggi? Stavo pensando a quelle gang di strada che hanno a Los Angeles - i Crips e i Bloods - e mi sono venute in mente le nuove leggi che sono uscite negli anni 80, se non sbaglio, proprio per combattere quelle gang - i Crips e i Bloods. Se la memoria non mi inganna il senso di tutte quelle nuove leggi era che entri in una di quelle gang e ne vuoi farne parte e metti che una notte a tua insaputa uno dei Crips o dei Bloods spara a qualcuno o lo accoltella, beh allora, anche se tu non ne sai nulla magari o anche se sei rimasto tranquillo in un angolo a pensare a gli affari tuoi, quelle nuove leggi dicono però che sei colpevole. Sei colpevole anche solo per il fatto di essere entrato a far parte di quelle gang. E mi fa pensare padre che tutta questa situazione funziona anche per voi uomini di fede, no? Avete delle divise, le chiese dove vivete, voi siete per così dire... una gang. Cioè se lei è di sopra che fuma una pipa e legge la Bibbia mentre uno della sua gang è di sotto con un chirichetto a scopare - beh, padre! - così come i Crips e i Bloods lei è colpevole, è entrato nella gang ormai! Non importa se non ha fatto un cazzo, non ha visto un cazzo, non ha sentito un cazzo, è entrato nella gang, è colpevole! E quando una persona è colpevole di scoparsi un chirichetto o un ragazzino qualunque non è che voi state tanto a fare gli schizzinosi. Allora rinunci al diritto di venire a casa mia a sputare sentenze di me, sulla mia vita, su mia figlia o sui miei manifesti. Quindi perché non finisce il suo tè, padre, e se ne va affanculo fuori dalla mia casa?

(Padre Montgomery/Nick Searcy e Mildred Hayes/Frances McDormand in “Tre Manifesti a Ebbing, Missouri”, di Martin McDonagh - 2017) 




domenica 18 ottobre 2020

Fede?

"When politicians use faith as an excuse to pass and uphold laws that seize control of people’s bodies but not guarantee them healthcare, feed the poor, shelter the homeless, or welcome the stranger, you have to wonder if it’s really about faith at all."


Quando i politici usano la fede come scusa per approvare e sostenere leggi che prendono il controllo dei corpi delle persone ma non garantiscono loro l'assistenza sanitaria, non sfamano i poveri, non danno rifugio ai senzatetto o non danno il benvenuto allo straniero, devi chiederti se si tratta davvero di fede.”

(Alexandria Ocasio-Cortez)






giovedì 15 ottobre 2020

martedì 13 ottobre 2020

Quando ci vuole, ci vuole

Benedict Cumberbatch e Louise Brealey in "Sherlock"

Charlie Sheen e Emilio Estévez in "Il giallo del bidone giallo" (1990)

lunedì 12 ottobre 2020

Citazioni Cinematografiche n.376

 Se lo costruisci, lui tornerà.

("Shoeless" Joe Jackson/Ray Liotta in "L'Uomo dei Sogni", di Phil Alden Robinson - 1989) 


 

 

 

sabato 10 ottobre 2020

Nathan Never #352 - I Combattenti dell'Isola


Una certa emozione mi ha accompagnato all'acquisto del numero 352 di Nathan Never. Emozione ed aspettative nutrite dal fatto che questo albo è opera di uno degli autori del personaggio, Michele Medda, e di uno dei disegnatori storici della testata nonché fra i miei preferiti anche oltre le produzioni Bonelli, Stefano Casini.

I combattenti dell'isola”, soddisfacendo al completo le aspettative di cui sopra, presenta una sceneggiatura che si poggia su dialoghi efficaci, duri e sferzanti quanto serve per un episodio di avventura, violenza, guerra, fughe e duri confronti. La trama ne guadagna in ritmo e coinvolgimento e regala entusiasmo e spazi di riflessione al lettore, una volta conclusa la storia.

Le tavole di Casini non sono da meno, disegni in cui la maestria del disegnatore si esprime a tutto tondo. Il segno è dinamico, essenziale nel rendere un’ambientazione diversa dalle città ipertecnologiche in cui si muove di solito Nathan. Nonostante l’azione sia cruda, la violenza a tratti spietata, viene valorizzata l’intensità e la recitazione dei personaggi, mediante frequenti primi piani e controcampi con lo sfondo che scompare. La sinergia fra i dialoghi e la scrittura di Medda e i disegni di Casini offre tutta una serie di emozioni: paura, disperazione, angoscia, rabbia, orgoglio, odio, ma anche desiderio di serenità.






mercoledì 7 ottobre 2020

Hong Kong Express, di Wong Kar-wai (1994)


Ci si può innamorare di un film al punto tale da farlo coincidere con l'amore, con l'idea di innamoramento e tanto da sentire l'esigenza di rivederlo accanto alla persona di cui ci si sente innamorati in quel momento?

A me è accaduto ed accade con “Hong-Kong Express”, il film che preferisco fra quelli di Wong Kar-wai.

Uno shock alla prima visione, non ancora ventenne, ed una continua e ripetuta emozione e scoperta ad ogni successiva occasione. Da diversi anni tengo in un angolo del cuore la voglia, la pulsione di scrivere qualcosa su quest'opera sulle pagine di questo blog. Finora ho cominciato decine di volte nella mia mente, mai soddisfatto o convinto delle parole scelte, delle frasi utilizzate, con sincera emozione pari solo ad una forma di ritrosia, quasi come se volessi tenermi stretto il film. Le immagini e le musiche, i colori ed i dialoghi, ancora oggi dopo più di venti anni, arrivano con una freschezza espressiva che ha del prodigioso, con quella fotografia dai tratti ipercinetici che si esprime in immagini sbavate ed instabili, specie nel primo dei due episodi di cui è composto il film.


Profonda emozione ed eccitazione che dall'intimo risalgono all'epidermide, fotogramma dopo fotogramma, per due lui e due lei. Nel primo episodio lui, abbandonato dalla fidanzata, si innamora di lei, che non lo prende in considerazione, nel secondo lei si innamora di lui, pure suo malgrado single da poco, che non la nota, e se ne va rassegnata proprio quando lui comincia ad accorgersi di lei. Una certa leggerezza, vaga ma sostanziale, che rimanda un po' alla Nouvelle Vague, ma che Wong Kar-wai racconta con il proprio stile che qui si definisce e si mostra splendidamente, per un racconto che tiene in considerazione ciò che è/era una città come Hong Kong alla vigilia del ritorno alla Cina, ma che allo stesso tempo lo sublima e si fa eterno e simbolo di sé stesso e del fenomeno dell'innamorarsi.

Che bello gustarsi ed immedesimarsi negli incontri casuali, le collisioni, i dialoghi e le manie dei personaggi (tra cui la ripetizione quasi ossessiva delle stesse canzoni), smarrirsi e poi sentirsi accolti e quasi coccolati tra gli infiniti possibili in quelle che sono due vicende per certi versi banali, al cospetto di una metropoli di moltitudine umana.


Ma “Hong Kong Express” è anche altro ed oltre questo. È un film dove una sua importanza e fondamentale ruolo lo ricopre il tempo, la temporalità. Un'opera costruita su flussi di coscienza (tutti da godere), dove il tempo riesce a divenire una funzione soggettiva, qualcosa di malleabile, al punto da poter essere dilatato, espanso, rallentato, bloccato. Le linee temporali possono procedere in parallelo o intersecarsi, persino contraddirsi tra loro, fascinosamente vestite di ambiguità, a maggior ragione godibile durante le successive visioni. consecutivi. 

Wong Kar-wai gioca quindi con il meccanismo ed il processo dell'innamoramento, tenendosi lontano da quel certo manierismo di cui farà successivamente sfoggio in “In the mood for love”, ed al medesimo momento si diverte con il Tempo, che frammenta, ingarbuglia, confonde, andando oltre la manipolazione del tempo stesso che il cinema ha sempre delegato al montaggio, evitando anche i gratuiti ed autoreferenziali eccessi che Christopher Nolan ci proporrà dopo 20 anni.

Hong Kong Express dunque ancora oggi è esempio, fulgido, di una cinematografia che persegue una poesia del tempo ed una poesia, non melensa, dell'innamorarsi.


Un giovane poliziotto, He Zhiwu, numero di matricola 223, abbandonato dalla sua fidanzata, incontra e si innamora di una misteriosa donna dalla parrucca bionda, implicata in un traffico di droga. Un altro poliziotto, senza nome e designato solo dal suo numero di matricola 663, anch'esso appena lasciato dalla sua donna, una hostess, fa la conoscenza di una giovane ragazza, Faye, che lavora nel chiosco di un fast food. La ragazza prima lo corteggia, poi lo abbandona e infine lo cerca di nuovo. (da wikipedia.org)


 

martedì 6 ottobre 2020

lunedì 5 ottobre 2020

Citazioni Cinematografiche n.375

Neil: Io non mi fido delle persone che si sposano.  
Beth: Tu sei proprio strano.  
Neil: È così. E sai perché? Perché se sei davvero così felice, sinceramente, non dovresti sentire il bisogno di sbandierarlo, no? Non dovresti mettere i manifesti. Chi lo fa è insicuro, e pensa che sposarsi sia la cosa giusta da fare in quel momento e così, sai, mente a se stesso e mente a tutti gli altri. Sul serio.

(Neil/Ben Affleck e Beth/Jennifer Aniston in "La verità è che non gli piaci abbastanza", di Ken Kwapis - 2009) 



sabato 3 ottobre 2020

Birra #5

Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti in “La pazza gioia”, di Paolo Virzì - 2016

giovedì 1 ottobre 2020

Samuel Stern #10 - L'Altro Inferno

 

Primo albo in cui Samuel, “il rosso”, è da solo, ovvero senza padre Duncan o altri degli amici che abbiamo conosciuto fino ad ora, unico protagonista de “L'Altro Inferno”.


Protagonista però fino ad un certo punto, dal momento che, ad una lettura un po' più attenta, sembra che non sia lui al centro di quanto narrato, bensì lo sia la storia, la sceneggiatura in sé, come se Samuel Stern fosse a disposizione di una trama e non il contrario. Ho avuto come l'impressione che ci sarebbe potuto essere anche qualcun'altro al posto del titolare della testata.

A parte questa valutazione strettamente personale, dettata dalla lettura dei nove precedenti albi e da un certo gusto o abitudine personale, non necessariamente condivisibile da parte di altri lettori, l'albo funziona bene. Lo spunto di partenza è un classico dell'horror e del fantasy, ovvero un libro maledetto, misterioso, che cattura il lettore e lo porta a vivere situazioni e vicende varie e avvincenti. Ovvero lo sceneggiatore Filadoro porta nel mondo di Stern un topos che tende a fare centro, come ad esempio, rimanendo negli ultimi 35-40 anni di letteratura e cinema, ne “La storia infinita” o “Pagemaster”, con l'aggiunta di elementi horror e quel brio, semplice e accattivante, che qualcuno da ragazzino avrà sperimentato in qualche riduzione di classici o, al limite, nella serie di “Piccoli Brividi”.

Per qualche lettore potrebbe bastare, anche per quanto riguarda il comparto grafico, che sceglie quel tanto di “sporco” e indefinito che a seconda delle preferenze si incontra con il tono dell'albo o, viceversa, sminuisce il valore totale. Per quanto mi riguarda ho trovato “L'Altro Inferno” un po' troppo slegato dalla continuity della serie, ma mi rimane l'idea che andando avanti, nei prossimi numeri qualche elemento possa tornare, costringendomi a rivedere la valutazione.