Pubblicato all'interno della bella ed interessante collana Historica di Mondadori Comics, "La Morte di Stalin" è una lettura che mi ha intrigato e catturato.
Il lavoro di Fabien Nuy alla sceneggiatura e testi e di Thierry Robin ai disegni si occupa di uno dei personaggi cruciali della storia del Novecento,
Iosif Vissarionovič Džugašvili, ovvero Stalin, ovvero il prototipo del dittatore, l’uomo che regnò indisturbato su tutte le Russie nel segno della Rivoluzione Socialista.
L'albo si concentra sul periodo
immediatamente successivo alla sua morte. Sebbene il tiranno
esca quasi subito di scena, però, è comunque onnipresente: nei discorsi
dei seguaci e negli incubi e nei pensieri dei cittadini russi.
Stalin è
il "convitato di pietra" di un serio ed approfondito lavoro di ricostruzione e di narrazione di un periodo e di una fase storica, tanto terribile quanto affascinante.
Il ritmo narrativo risulta avvincente, mai si concede spazio ad eccessi didascalici, quasi come se si stesse leggendo una matura opera narrativa, seria nei toni e ben calibrata, come se si trattasse di un
romanzo di spionaggio.
La
scomparsa del dittatore, sulla cui dinamica ci si sofferma per illustrare il clima che si viveva in Unione Sovietica all'epoca, dà il via a una sequela di avvenimenti drammatici, provoca il caos tra i
componenti del Comitato Centrale, ufficialmente composto da strenui
sostenitori del comunismo staliniano, in realtà uomini meschini avidi di potere.
L’obiettivo è uno solo: prendere il posto di Stalin e
assumere il comando della Russia. Questo scatena una feroce e sfibrante lotta interna al Comitato, depositario delle sorti e del destino di una Nazione dei suoi popoli.
Ogni membro viene magistralmente presentato e caratterizzato, nelle proprie ambizioni e paure, nei propri desideri e fini da perseguire.
Una lotta di tutti contro tutti, dove si creano alleanze temporanee e tregue che potranno durare quanto occorre.
A voler essere un po' schematici, due personaggi su tutti assumono il ruolo di capifazione, ovvero Lavrentij Pavlovič Berija, capo della polizia segreta, e Nikita Sergeevič Chruščëv.
La profondità dell'opera non si risolve, come ad una lettura superficiale potrebbe risultare, in una condanna del Comunismo, dell'URSS e delle aberrazioni e tragedie che ne sono nate, bensì presenta una attenta analisi di un periodo storico, ma soprattutto dei meccanismi del potere e della sua mancanza di scrupoli, che non esita a schiacciare deboli e indifesi,
giustificando l’ingiustificabile con i falsi miti dell’ideologia.
I testi sono profondi e intensi, con dialoghi vivaci ed
efficaci. I disegni di Thierry Robin non sono realistici, risultano anzi caricaturali. Risulta una scelta azzeccata, poiché i
tratti grotteschi dei personaggi evocano la natura contorta delle loro
anime e le pulsioni animalesche che li ossessionano.
La Morte di Stalin è una lettura intrigante e stuzzicante per chi ama la Storia e l'analisi delle dinamiche che l'hanno fatta e la fanno.
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