giovedì 19 ottobre 2017

Giallo, Noir & Thriller/46



Titolo: Un Caso Archiviato
Autore: Arnaldur Indriđason
Traduttore: Cosimini Silvia
Editore: Guanda – 2010

Torno a parlare di un romanzo di Arnaldur Indriđason, lo faccio per la quarta volta con un libro di cui mi sento di consigliare la lettura, con l'augurio che vi risulti emozionante ed appagante come lo è stato per me.

La bravura dello scrittore islandese, in grado di creare un riconoscibile ed originale personaggio seriale come il detective Erlendur Sveinsson, risiede in questo Un Caso Archiviato soprattutto nell'appassionare il lettore non in una, non in due, bensì in tre drammatiche storie di suicidio/omicidio/sparizione. Riesce a farlo con caratteri coinvolgenti e dialoghi realistici ed efficaci, opportune descrizioni di paesaggi splendidi e pericolosi, in cui si muovono personaggi complessi e quasi vivi, con un ritmo armoniosamente cadenzato dalle indagini e da vari momenti di riflessione. In realtà non si tratta propriamente di un'indagine, poiché Erlendur opera a “titolo personale”, considerando che il caso da cui tutto origina è prontamente archiviato come suicidio. Archiviati, almeno ufficialmente, sono anche gli altri due tragici eventi con cui il solitario ispettore si intrattiene, stimolato da una sua peculiare attrazione verso in casi di scomparsa e da una drammatica biografia personale.

In questo libro, anche più di quanto mostrato in precedenti romanzi, come ad esempio ne “La Voce” e “LaSignora in Verde”, Erlendur deve fare i conti con la propria famiglia, la moglie abbandonata ed i figli trascurati, oltre che con il “fantasma” del fratello, tristemente perduto durante l'infanzia.



In Un caso archiviato i fantasmi familiari si sovrappongono a fantasmi veri e propri: pur restando ancorata alla realtà, l'indagine presenta niente affatto banali risvolti soprannaturali. Il piacere della lettura pertanto risiede soltanto in parte nella ricerca della verità, nel tentativo di ricostruire con esattezza quanto accaduto, nell'indagare cosa alberghi nell'animo e nella mente dei personaggi presentati. Interrogatori, dialoghi, ricerca e scoperte, persino qualche colpo di scena, si succedono come nella miglior tradizione poliziesca, ma ad ammaliarci è soprattutto la magia che Indriđason sa regalarci con poche sapienti pennellate.

Come ne “Un Corpo nel Lago” una parte fondamentale la rivestono i magnifici e spesso funesti specchi d'acqua di cui è ricca l'Islanda, terra che l'autore ama e rispetta profondamente. Per una volta le tematiche sociali rimangono leggermente sullo sfondo, meno approfondite che in altri romanzi, per lasciare così spazio a tematiche proprie dell'intimo di ogni individuo, con i suoi dubbi e paure, meschinità e debolezze, appassionati slanci e cupe tristezze.


In una fredda sera d'autunno una donna viene trovata impiccata nella sua villetta estiva a Pingvellir. Tutto sembra confermare l'unica ipotesi plausibile: suicidio. Ma quando Erlendur Sveinsson, detective della polizia di Reykjavík, viene in possesso della registrazione di una seduta spiritica alla quale la donna aveva partecipato poco prima di morire, prova il bisogno irrefrenabile di conoscere la sua storia. Emergono così, a poco a poco, i retroscena del suo gesto: l'annegamento del padre, avvenuto molti anni prima in circostanze poco chiare, fa da sfondo a oscuri presagi di morte e all'ossessione della donna per l'aldilà e per certe strane "presenze". Nel frattempo, Erlendur riprende in mano alcuni vecchi casi di persone scomparse senza lasciare traccia. Un pensiero fisso percorre silenzioso le sue indagini: la nostalgia straziante per qualcuno che si è perso chissà dove e non è più tornato a casa. (da guanda.it)






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