giovedì 18 aprile 2019

Isola, di Siri Ranva Hjelm Jacobsen - Iperborea

Titolo: Isola
Autore: Siri Ranva Hjelm Jacobsen
Traduttore: Maria Valeria D'Avino
Editore: Iperborea - 2018


Ci si può innamorare di un libro? Oltre la sua materialità e l'odore che la sua carta emana? Nel caso di “Isola” di Siri Ranva Hjelm Jacobsen la risposta è affermativa.
È affermativa per la scrittura elegante ed evocativa per quanto accessibile, per le immagini che offre audacemente al lettore, per il viaggio fra memoria e presente, per l'amore rivolto ad una terra lontana che viene narrato e cantato pagina dopo pagina attraverso un racconto di ispirazione autobiografica che riesce a trascendere il particolare per farsi universale.

La scrittrice ha il passo sospeso fra prosa ordinaria e sobria ma stupefacente potenza evocativa, con un che dal sapore da saghe nordiche a cui evidentemente è debitrice, riuscendo allo stesso tempo a donare tra personaggi, panorami, parole e ambientazioni qualcosa che va oltre un “semplice” canto alle Faroe. Ovvero un viaggio nella memoria e nel tempo, con il rimpianto che si fa motore di un racconto su emigrazione, sul ruolo di affetti e legami familiari e amicali, sul bisogno di identità e di appartenere ad un luogo, un'isola, una Itaca anche solo dell'anima, la struggente necessità di radici e di un pugno di terra che si possa chiamare casa. In “Isola” questo è espresso anche attraverso la lingua, le lingue che i personaggi usano in famiglia e con “gli altri”, mediante i gesti quotidiani, i racconti e le canzoni per i giorni importanti, la natura in cui si vive ed altro ancora che è appagante scoprire.
La casa editrice Iperborea mi ha regalato una lettura emozionante e piena, da cui mi staccavo con riluttanza ma anche con il lieto pensiero di potervi presto tornare.
Le isole più piccole possono nascere in una notte, e sparire in una notte. Laggiù, sotto il mare, tutte le terre emerse s'incontrano.”

Una giovane ragazza danese ha nostalgia di un’isola verde e impervia battuta dai venti del Nord, un’isola delle Faroe dove non ha mai vissuto ma che ha sempre sentito chiamare «casa», perché da lì emigrò la sua famiglia negli anni Trenta. Comincia così, dall’urgenza di riappropriarsi delle sue origini e di una cultura che ha ereditato ma non le appartiene, il suo viaggio di ritorno a Suðuroy, da cui nonno Fritz, pescatore dell’Artico, partì alla ricerca di un destino migliore, e nonna Marita, sognatrice irrequieta, fuggì verso il mondo e la modernità. (da iperborea.com)

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