L'episodio
IX segna la conclusione della saga più famosa del Cinema, oltre che
una di quelle che ha accompagnato il pubblico per un periodo
temporale fra i più lunghi. Infatti dal 1977, con quel “Guerre
Stellari” in seguito ribattezzato, con l'episodio IV “Una
nuova speranza”, l'universo ed i personaggi creati da George
Lucas hanno omaggiato ed allo stesso tempo saccheggiato miti,
stili e stilemi, storie e mitologie, racconti e caratteri del Cinema,
della Storia e delle varie produzioni delle fantasie e
dell'intelletto umano.
Da sempre a
cavallo fra fantasy e fantascienza, con una prevalenza del primo
rispetto alla seconda, la saga di Star Wars ha attraversato
più di quaranta anni delle nostre vite, ha accolto e perso pubblico,
conquistato o salutato nuovi spettatori, insinuandosi fra le età ed
i gusti, con il fondamentale aiuto di un marketing a volte pervasivo,
quando non molesto o di cattivo gusto, ma di fatto ha creato un mito.
Sebbene si voglia farlo giungere ad una conclusione ogni mito ha in
sé la capacità (il destino?) di rigenerarsi e di riproporsi
e secondo il mio parere Star Wars ora finisce per poi ricominciare.
Non mi riferisco ad ipotetici episodi X o XI e così via, oppure ad
ulteriori spin-off o serie TV (peraltro già in produzione),
ma all'essenza stessa di un mito.
“L'Ascesa
di Skywalker” aveva dunque il difficile compito di “finire”
ciò che era stato iniziato ed allo stesso tempo eternare lo spirito
e la peculiarità dell'unica vera Saga cinematografica degna di
questo nome fino a questo momento prodotta. Con imperfezioni e
incertezze certo, con sbavature di trama e di sceneggiatura che si
rendono quasi inevitabili, ma la missione è stata portata a termine.
J.J. Abrams con mestiere e tanta furbizia ha ripreso il tutto
ed è riuscito a prendere per mano il pubblico e condurlo fino ad una
onesta e accettabile fine. Si può rimanere delusi, scontenti,
sentirsi anche presi in giro, è diritto dello spettatore esprimersi
come può e desideri fare, ma rimane il fatto che anche in questo
film bastano le prime note della Colonna Sonora (la più
conosciuta e riconoscibile ad ogni latitudine) e che le righe
comincino a scorrere in diagonale perché ci si senta “a casa”.
La narrazione, in ogni suo aspetto, anche qui giunge a livelli
che difficilmente riescono ad essere raggiunti altrove, così come
permane e pervade il senso di affidarsi ad un contesto fatto di
pianeti e rotte spaziali, scontri, incontri, morti e rinascite, fughe
e dialoghi che vivono di suoni, colori e contrasti fondamentali.
Il senso
di epico resiste e sebbene il compito di giungere a
mettere a posto trama e trame, elementi narrativi e interrogativi
decennali, miriadi di personaggi e di caratteri potesse schiacciare e
appiattire il tutto, il risultato c'è e si fa accettare. Una terza trilogia che si chiude in crescendo, ritrovando (in buona
parte) quell'equilibrio che è alla base della saga e del mito
fin da quando tutto fu fatto iniziare. Si ha la sensazione di
ritrovare vecchi amici e di rivivere atmosfere e situazioni, ma il
senso di deja-vu non è limitante, dal momento che i caratteri
principali giungono alla loro maturazione per loro vie e anche se gli
escamotage narrativi a volte appaiono frettolosi e fin troppo
“allegri”, in barba ad una complessità che una parte di pubblico
agogna, tutto rientra nello spirito della saga.
Si obietta
che per due ore e venti il ritmo è fin troppo veloce e che si è
voluto mettere troppa carne al fuoco, osservazione che condivido, ma
aggiungo che questo è il prezzo da pagare per arrivare, ora, ad una
fine, che è definitiva in merito a quanto lasciato in sospeso due
anni fa, fino all'episodio VIII (che aveva smarrito molto e messo
sul piatto altro). Il prezzo da pagare per consolidare e
sancire l'eternare del mito a cui si faceva riferimento.
Perché non
siamo di fronte ad un singolo film, bensì a 13-14 produzioni, fra
trilogie, spin-off, serie TV e speciali vari. Per cui si può
scegliere se valutare ogni film a sé stante, come opera unica,
oppure all'interno di un contesto, una galassia narrativa ed
estetica. Inevitabilmente, a seconda di quale opzione si sceglie, i
giudizi si modificano e possono ribaltarsi. Nello specifico, per
quanto concerne “L'Ascesa di Skywalker”,
come film unico può coinvolgere in modo limitato oppure farsi
gustare per il cromatismo appagante e la sontuosa messa in scena,
d'altro canto quale parte di un magnifico ed immaginifico tutto
giunge a sollazzare e colmare occhi, cuore e anima o lasciare
perplessi come fosse la parte 2 del “Ritorno dello Jedi”.
Personalmente
ho sempre apprezzato l'incontro fra tragedia greca e commedia, fra
fantasy e western, fra oriente ed occidente, fra sacro e buffonesco
che ha fatto sì che un ibrido si ponesse come elemento originale e
fondamentale di un Cinema che a volte si ripiega su sé stesso e non
riesce a creare e ricreare. Star Wars è la frontiera di John
Ford, le battaglie corpo a corpo dei film di cappa e spada, il senso
dell'onore e del rispetto dei samurai di Kurosawa, i duetti di varie
coppie comiche, lo slancio e i sentimenti di una love story, il
fantasy ed il fantastico, la luce e l'oscurità, il singolo ed il
collettivo che si sublimano vicendevolmente, eroi e masse ed altro
ancora.
Anche
nell'episodio IX rileviamo questo. Assistiamo a ciò che fin
dall'inizio, fosse quello del 1977 o della “Minaccia Fantasma”, è
un affare di famiglia e di destino, uno scontro fra concetti e
caratteri, fra visioni e ideologie all'interno di un confronto fra
padri e figli, naturali o acquisiti che siano. Per
cui alcune sorprese e rivelazioni non sono realmente tali, ma
tasselli di una circolarità e di una specularità che è parte
fondante del racconto e della cultura, che dal particolare si fa
universale.
Così come universali sono i fardelli da portare, i destini da
compiere o da comprendere, le sfide da affrontare ed i gesti di cui
si accettano le conseguenze, nell'incontro Passato/Presente/Futuro,
Jedi/Sith/Cavalieri Ren, luce/oscurità e sintesi delle stesse.
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