Ribellarsi e ribellarsi ancora, finché gli agnelli diverranno leoni.
(Robin Hood/Russell Crowe in “Robin Hood”, di Ridley Scott - 2010)
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Ribellarsi e ribellarsi ancora, finché gli agnelli diverranno leoni.
(Robin Hood/Russell Crowe in “Robin Hood”, di Ridley Scott - 2010)
“La vita dell'uomo d'oggi non è favorevole all'approfondimento. Essa rinunzia alla calma e alla contemplazione, è vita di inquietudine e di fretta, un gareggiare senza scopo e senza significato. Chi resta solo un attimo fermo, è già superato nell'attimo seguente. E con le urgenze della vita esteriore, si rincorrono anche impressioni, esperienze, sensazioni. Siamo sempre dietro alla novità, ci domina quanto è ultimamente accaduto, ed è dimenticato quel che lo precedeva, prima che si avesse il tempo di distinguerlo, non diciamo di comprenderlo. Viviamo da sensazione a sensazione. E si infiacchisce il nostro acume, si ottunde il nostro sentimento del valore, nella caccia al sensazionale.”
(Nicolai Hartmann, da “Etica”, trad. V. Filippone Thaulero)
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Yves Montand guarda Marilyn Monroe che guarda Arthur Miller che guarda Simone Signoret che guarda Yves Montand
Sono una ladra. Sì e della peggiore specie: ti ho rubato a un'altra donna.
(Phoebe Frost/Jean Arthur in “Scandalo internazionale”, di Billy Wilder - 1948)
Titolo: L’ultima casa a sinistra
Autore: Unni Lindell
Traduttore: Irene Peroni
Editore: Newton Compton – 2012
Il romanzo si presenta con una trama intricata e ricca di colpi di scena. Tanto intricata da avermi creato qualche difficoltà, lo riconosco, perché a mio avviso non proprio semplice da seguire. Qualche pagina e passaggio possono mettere alla prova il lettore, che potrebbe trovarsi un po' spiazzato da una serie di (eccessivi?) colpi di scena, ma comunque Unni Lindell dimostra anche in questo caso la sua bravura, ben valorizzata dalla traduzione italiana, dal momento che sebbene la storia si presenti abbastanza complicata, si è spinti ad andare avanti nella lettura.
Da godere la caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti, così come risultano coinvolgenti le descrizioni, in grado di generare suspence, sebbene diluita, ed una certa curiosità.
Lo stile risulta semplice e pulito ed i dialoghi nel complesso efficaci, ma in fondo questa seconda storia con protagonisti i detective Cato Isaksson e Marian Dahle mi ha convinto meno de “La Trappola”.
Intendiamoci, “L’ultima casa a sinistra” si ritaglia degnamente un posto nel panorama della letteratura giallo-thriller contemporanea, ma bisogna che piacciano lo stile e l'idea che l'autrice propone.
Il corpo senza vita di Britt Else Buberg viene ritrovato sul marciapiede, di fronte al palazzone di cemento alla periferia di Oslo, dove la donna abitava. Apparentemente si tratta di una caduta dal balcone. Britt, sola e senza amici, potrebbe avere il classico profilo della suicida. Eppure un testimone ha visto con i propri occhi qualcuno che la spingeva giù dalla finestra. A distanza di poche ore, in un camping fuori città viene ritrovato anche il cadavere di Lili Rudeck: diciannove anni, lavoratrice stagionale di nazionalità polacca, la ragazza viveva in un bungalow di proprietà di un uomo che abita nel condominio di Britt. Quindi è tutto risolto? L'uomo è colpevole di entrambi i delitti? La questione non è così semplice: Cato Isaksen e la collega Marian Dahle scopriranno ben presto che nello stesso camping è stata violentata e uccisa un'altra ragazza, stranamente molto somigliante a Lili. Ma quel delitto è avvenuto molti - troppi - anni prima, nel 1972...(da ibs.it)
Ah!, Venezia, Venezia, tutta orpelli di regime, e oro, e neri, e la mondanità del lido, e nobiluomini in divisa, tra medaglie e galloni. E Goebbels, a cui leccano il culo, e Chaplin, a cui tolgono il saluto.
(Raoul Nuvolini/Vincenzo Salemme in “Baciami piccina”, di Roberto Cimpanelli - 2005)
L'intera opera di Irène Némirovsky verte su precisi argomenti e nuclei tematici, due dei quali sono magistralmente contenuti in questo folgorante racconto breve.
Il Ballo, scritto nel 1928 e pubblicato la prima volta nel 1930, presenta personaggi e temi narrativi, quali l'attacco alla classe sociale alla quale la stessa Némirovsky apparteneva e l'impietosa analisi dei rapporti familiari, fra madre e figlia in particolare, che successivamente verranno riproposti anche in romanzi e altri racconti.
In poche decine di pagine, di abrasiva concisione e con un meticoloso lavoro di analisi e rappresentazione, l'autrice costruisce la storia di una vendetta, che mostra, allo stesso tempo, la violenza e la crudeltà che si insinua nei rapporti affettivi e l'ipocrisia e la volgarità di quanti, durante gli anni successivi al primo grande conflitto mondiale, si sono arricchiti con metodi e comportamenti deprecabili agli occhi della Némirovsky, entrando così a far parte della “nuova borghesia” postbellica.
Questi nuovi ricchi, finemente caratterizzati nella loro grossolanità rampante, desiderano arrivare al culmine dell'agognata ascesa sociale. Genitori di una quattordicenne a suo modo ancora non intaccata dagli spasimi del padre e dichiarata antagonista della madre, intendono organizzare una serata in cui invitare tutte le persone “che contano”.
Il ballo, di cui con maestria la Némirovsky descrive la preparazione, scandagliando con ferocia non priva di ironia l'idea di raffinatezza e di stile degli “arricchiti”, diviene per la giovane ragazza, figlia relegata a ruolo marginale e quasi infantile dalla madre che ne limita il desiderio di vita per non subirne la concorrenza in tema di affetto e visibilità sociale, occasione di vendetta.
Una serata che diviene danza grottesca e a tratti macabra, con la giovane che di fronte alle lacrime materne ed alla bruciante umiliazione procuratagli, compie un sadico passaggio all'età adulta, appropriandosi di un potere sottratto ai genitori e ormai segnata e condannata ai tratti tipici di una classe sociale. Classe sociale che viene dipinta nelle pagine del libro come instabile, a dispetto di quanto ottenuto e di quanto ritiene di possedere. Una classe sociale che crede unicamente nel denaro, solo ed unico valore, divinità pagana che diviene strumento di compravendita.
Inoltre ne “Il Ballo” si intuisce l'avanzare di un'epoca terribile e violenta, in cui le vecchie disuguaglianze di classe muteranno di aspetto. Al senso di responsabilità sociale ed alla visione etica della società europea, propria di una borghesia illuminata, si sostituirà l'assenza di scrupoli, la greve grossolanità dei “nuovi ricchi”, poveri di ethos e di visione prospettica di una relazione sociale, dotati di sordida assenza di scrupoli. Una società a cavallo fra le due grandi guerre che diviene essa stessa territorio di guerra, in cui a primeggiare sono gli individui peggiori, in ogni senso e sotto ogni profilo. Analisi che l'autrice presenta con una narrazione perfettamente calibrata e che inserisce ogni elemento come in un oliato e magnifico ingranaggio capace di nascondere i propri componenti meccanici e mostrare un brillante risultato.
Un buon capitano deve saper usare il cervello non la frusta.
(Generale Tadamichi/Ken Watanabe in “Lettere da Iwo Jima”, di Clint Eastwood - 2006)
“Un’altra locomotiva, potente questa, da espresso, con due gran ruote voraci, sostava sola, sbuffando dal fumaiolo un denso fumo nero che saliva dritto, lento lento nell’aria tranquilla.”
“Quante persone! Altra folla, una folla infinita in mezzo al rollio dei vagoni, al fischio delle locomotive, al ronzio del telegrafo, al suono dei campanelli! Era come il gran corpo di un gigante sdraiato sulla terra, la testa a Parigi, le vertebre lungo tutti i binari, le membra aperte delle diramazioni, i piedi e le mani a Le Havre e agli altri capolinea. Passava e ripassava, meccanico, trionfale, dritto verso il futuro con matematica esattezza, ignorando volontariamente quanto di umano restava ai suoi due estremi nascosto ma tenace, l’eterna passione, l’eterno delitto.”
“Agli orari regolamentari i treni passavano incrociandosi ormai sui due binari, la circolazione era stata completamente ripristinata. Passavano inesorabili, indifferenti nella loro meccanica onnipotenza, senza sapere nulla di quei drammi, di quei delitti. Che importanza avevano alcuni sconosciuti tra la folla caduti durante il cammino, schiacciati sotto le ruote?! I morti erano stati rimossi, il sangue lavato, si ripartiva per andar laggiù, verso il futuro.”
“Non importavano le vittime schiacciate dalla locomotiva in corsa! Non era comunque diretta verso il futuro, incurante del sangue versato? Senza guida, in mezzo al buio, come una bestia cieca e sorda scagliata contro la morte correva, correva, carica di carne da cannone, di soldati già rimbambiti di stanchezza, sbronzi, che cantavano.”
Brani da “La bestia umana”, di Emile Zola
(Marco Cocci e Barbara Scoppa in “Ovosodo”, di Paolo Virzì - 1997)
(Sarah Gadon e Robert Pattinson in “Cosmopolis”, di David Cronenberg - 2012) |
(Marcello Mastroianni e Massimo Troisi in “Che ora è?”, di Ettore Scola, 1989)
(Michelle Williams in “Blue Valentine”, di Derek Cianfrance, 2010) |
(Gigi Proietti in “Febbre da cavallo”, di Steno, 1976) |
Eravamo dalle parti di Barstow, ai confini del deserto, quando le droghe cominciarono a fare effetto. Ricordo che dissi qualcosa tipo "Sento la testa leggera... potresti guidare tu?" D'un tratto ci fu un terrificante ruggito intorno a noi, e il cielo si riempì di cose che sembravano enormi pipistrelli stridenti in picchiata sulla nostra macchina... e una voce urlava "Santo iddio cosa sono questi maledetti animali?!"
(Raoul Duke/Johnny Depp in “Paura e delirio a Las Vegas”, di Terry Gilliam - 1998)
(Juliette Binoche in “L'insostenibile leggerezza dell'essere”, di Philip Kaufman - 1988) |
(Ugo Tognazzi in “In nome del popolo italiano”, di Dino Risi - 1971) |
(Valerio Mastandrea in “L'odore della notte”, di Claudio Caligari - 1998) |
(Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant in “Il sorpasso”, di Dino Risi - 1962) |
(Maya Sansa in “Benzina”, di Monica Stambrini, 2001) |
Oh, Figaro, guarda! Guarda! La stella dei desideri! Stellina fatata, d'argento ammantata, che brilli nel ciel, fai in modo, fatina, che il sogno sia ver. Figaro, sai cos'ho desiderato? Ho chiesto che il mio Pinocchio diventi un bambino vero. Non sarebbe magnifico? Pensa un po', un bambino vero...
(Geppetto in “Pinocchio”, di Hamilton Luske e Ben Sharpsteen - 1940)