“Sapevo che l’avrei persa non appena quella notte fosse
trascorsa e il dolore e la solitudine che la consumavano si fossero azzittiti.
Sapevo che aveva ragione, non perché fosse vero quello che aveva detto, ma
perché in fondo lo credevamo entrambi e sarebbe sempre stato così. Ci
nascondemmo come due ladri in una delle stanze senza osare accendere una
candela, senza osare nemmeno parlare. La spogliai lentamente, percorrendo la
pelle con le labbra, consapevole che non l’avrei mai più rifatto. Cristina si diede
con rabbia e abbandono, e quando la stanchezza ci vinse si addormentò tra le
mie braccia senza bisogno di dire nulla. Resistetti al sonno, assaporando il
calore del suo corpo e pensando che se il giorno dopo la morte avesse voluto
venirmi incontro l’avrei accolta in pace. Accarezzai Cristina nella penombra,
sentendo oltre le pareti il temporale che si allontanava dalla città, sapendo
che l’avrei persa ma che, per qualche minuto, eravamo appartenuti l’uno
all’altra, e a nessun altro.”
(Carlos Ruiz Zafón - in “Il Gioco dell’Angelo",
trad. Bruno Arpaia)
Félix Vallotton - Donna addormentata |
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