Domani, domenica 5 giugno, nella città dove
vivo si terranno le elezioni comunali. Niente di particolarmente originale,
accade ogni 5 anni e l’interesse è esclusivamente locale, poiché l’attenzione è
diretta verso le grandi città. Cesenatico
non sembra esserlo, almeno sulla base del numero degli abitanti e
dell’estensione geografica, ma mi sembra di aver notato alcune dinamiche degne
di nota e paragonabili, quando non speculari, a quelle in corso a livello
nazionale.
Vado subito al
dunque, aggiungendo solo che recentemente, anche pochi giorni fa, Matteo Salvini della Lega Nord
(con relativa felpa per l’occasione) è
stato più volte in visita in riva all’Adriatico, oltre che per inaugurare la sede locale del partito
di cui è segretario, per esprimere il proprio appoggio a due distinti candidati alla carica di "primo cittadino". Anche nella città dei bagnini e degli albergatori, dei
ristoratori e dei commercianti, dato che di fatto qualsiasi programma si basa
sulle loro esigenze (leggasi anche
desideri, capricci, pretese), si parla di immigrazione.
foto di Alessandro Mazza, da Living Cesenatico.it |
Il concetto di
base è che gli immigrati, accolti in strutture o regolarmente residenti,
sarebbero troppi, mal gestiti e provocherebbero un danno alla città ed alla
cittadinanza. Si fa riferimento a negozi che venderebbero merce avariata (aggettivo utilizzato da uno dei candidati
sindaci durante una recente trasmissione televisiva), ad individui che
sporcherebbero le strade, alla sicurezza degli abitanti, a presunta concorrenza
sleale di esercenti di origine straniera, a minacce di tipo culturale ed
ideologico ed altre colorite e variegate argomentazioni, al fine di prendere di
mira immigrati, stranieri (ma non i tedeschi
o in russi che mangiano nei ristoranti), residenti che parlano lingue
diverse dal romagnolo o abbronzati “fuori stagione”.
Come è possibile
notare lo stile è facilmente riconoscibile: far convergere l’attenzione su un tema “caldo”, provvedere a scaldarlo
quanto e quando occorre, pronunciare frasi e slogan demagogici e populisti al
limite del buon gusto e dell’intelligenza e distogliere l’elettorato da altre
questioni ed argomenti.
Mi limito alla
tematica dell’immigrazione e della presenza di cittadini e residenti di origine
straniera. Il fatto che anche in un piccolo Comune, colpevolmente ritenuto
esclusivamente a vocazione turistica, si alzi la voce per limitare
l’immigrazione e far convergere sullo “straniero”
le cause di vari malesseri e difficoltà, mi sembra cosa seria e degna di essere
analizzata. Il mio pensiero andrebbe verso coloro che, anche se persone tutto
sommato ragionevoli e dotate di accettabile istruzione e sufficiente senso
critico, si sentono attratte, quando non rappresentate e “tutelate”, da politici
che per convinzione o cinico opportunismo pronunciano discorsi cripto-razzisti,
a volte esplicitamente razzisti, segno di intolleranza e di scarsa propensione
all’analisi ed al ragionamento.
Tali individui
fanno leva sui nostri timori, su paure concrete o aleatorie che siano, sugli
istinti e la bestialità che alberga in ognuno di noi, per cavalcare un’onda
emotiva e offrire “soluzioni” semplici, semplicistiche a problemi e temi ancora
più che complessi. Per loro l’immigrato è funzionale, è materiale di base ed
esiziale per la loro tenuta in campo politico, per la loro presenza sul
palcoscenico locale e nazionale.
Dire “Immigrazione
Zero” è una stupidità a tutto tondo, insostenibile da ogni punto di vista,
oltre che programma che nemmeno loro stessi intendono attuare, poiché senza
immigrazione è probabile che rimarrebbero senza argomentazioni, incapaci come
sono di riflettere su una realtà sociale, economica e culturale che sfugge alla
ristretta visione e carente prospettiva che li definisce. Chi applaude ad un
candidato sindaco che fa proprie determinate argomentazioni dovrebbe essere
informato delle competenze e assegnazioni di “potere” attualmente in essere nel
nostro Paese. Dovrebbe conoscere l’esistenza di Forze dell’Ordine, Questura,
Prefettura, Presidenza di Regione, Ministero dell’Interno, Consiglio dei
Ministri, ovvero di chi, secondo approssimativa scala gerarchica, dovrebbe
essere coinvolto nella questione immigrazione, secondo vari livelli, dalla
gestione dell’accoglienza alla regolarizzazione.
Persino chi in
campagna elettorale ha astutamente utilizzato le variabili della semantica e la
ricchezza della lingua italiana, al fine di non pronunciare particolari termini
ed aggettivi, di evitare scivolose dichiarazioni e compromettenti slogan,
dovrebbe essere posto di fronte ad un evidente dato. Cercare l’appoggio ed
il sostegno di determinate forze politiche e di esponenti che sono soliti
trascorrere le giornate diffondendo odio razzista, accostandosi a movimenti
politici che fanno della xenofobia la propria bandiera, non è cosa apprezzabile
e se nell’immediato porta applausi, consensi e voti, rischia di metterli in una
pessima situazione, di difficile gestione. Amministrare alimentando rabbia,
risentimento e intolleranza è un gioco pericoloso, che spesso porta alla
strategia del “rialzo” e a rischiare sempre di più, compiendo azzardi e
innescando reazioni disastrose e ingestibili con le normali tecniche e
competenze di un politico. Specie se di non eccelso livello.
Varrebbe su ogni
tema, probabilmente, quindi non riesco a farmi convincere da chi sostiene che
bisognerebbe votare un individuo che desidera essere o continuare ad essere
sindaco della città che mi accoglie solo sulla base del fatto che è una brava
persona, un buon insegnante, o un professionista competente oppure un ottimo
conoscitore della comunità locale.
Per cui un
candidato sindaco, anche se non si espone direttamente, attraverso proprie
parole, all’accusa di essere un populista xenofobo, è comunque potenziale
soggetto da biasimare, nel momento in cui cerca il sostegno, la forza e
l’apporto di voti di chi lo è e milita in una forza politica che pone alla base
di ogni azione e dichiarazione la paura del diverso, il fastidio per
l’alterità, l’odio per chi non è come ritenga si debba essere. Anche e
soprattutto se lo fa per poter poi avere spazio e margini di maneggio su altri
temi, economici soprattutto.
Se in politica
forse non vale il detto “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, magari si può
affermare “dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io”, o quantomeno “se ti
voto”.
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