giovedì 29 dicembre 2016

Un Drago fa sempre la sua figura!



I draghi vanno ancora forte!
Ne è la prova il successo di romanzi, serie televisive, opere di animazione, film e fumetti di cui questi lucertoloni, generalmente sputafuoco, sono protagonisti.
La storia comunque parte da molto lontano, anche se io scelgo di parlarne ponendo come inizio il Medioevo europeo, epoca durante la quale il Drago, nei dipinti e negli affreschi, nei racconti e nei componimenti, sostituì il serpente nel ruolo di animale maledetto, incarnazione del Male.

Da allora il drago fu visto come nemico da affrontare e sconfiggere, simbolo di malvagità, destinato a soccombere di fronte ad un giovane pretendente al trono di turno, impegnato in una estrema prova e ultimo atto di un percorso di maturazione, oppure ad essere infilzato da san Giorgio (Legenda Aura) ed altri santi che ne avrebbero imitato le gesta.

Spostandosi dall’ambito religioso e avvicinandosi a quelli che sono gli ingredienti base per una buona opera fantasy, con abbondanza di spade magiche, siano esse spezzate, appositamente forgiate o infilate in una roccia o in un ceppo di legno, anelli dotati di poteri immensi, caverne oscure e antagonisti vari, si pone il pensiero alla mitologia nordico-norrena, con il poema in lingua tedesca La Canzone dei Nibelunghi (13°secolo).

Qui l’ambizioso nano Fafnir uccide il padre per sottrargli l’anello che gli dei gli avevano donato, capace di generare oro senza limiti. Per punizione Fafnir viene trasformato in un gigantesco rettile parlante, guardiano della caverna in cui ha nascosto il magico manufatto (potremmo definirlo il suo “tessoro”).Verrà ucciso da Sigfrido, la cui mano è armata della spada che Odino in persona si era assicurato non potesse essere da alcun mortale utilizzata, perché conficcata in un possente ceppo.

Già questi primi elementi fanno pensare a Richard Wagner, poi ad opere letterarie e cinematografiche del novecento, I Nibelunghi di Fritz Lang innanzitutto, per poi giungere a Il Signore degli Anelli di John R. R. Tolkien e a La Spada Spezzata di Poul Anderson, con una serie di illustri precedenti anche in altri ambiti artistici.

Persino la Disney non si farà sfuggire l’occasione di utilizzare come personaggio un drago, ne “La Bella Addormentata nel bosco”, in “Hercules” ed in “Mulan”, modulando le scelte stilistiche e drammaturgiche. Se infatti in “Mulan”, come anche ne “La Spada nella Roccia” con Maga Magò, il draghetto cinese Mushu si inserisce nella scia dei comprimari o buffi antagonisti degli eroi/eroine di turno, con elementi comici e simpatici atti a sostenere lo sviluppo della trama e a “stemperare” eventuali tratti e passaggi tragico-drammatici, nel caso de La Bella Addormentata lo spaventoso drago sputafuoco in cui la strega si trasforma durante la resa dei conti con il principe Filippo, recupera un elemento classico della narrazione e del mito. Ovvero il drago può essere sconfitto trapassandogli il cuore, organo che possiede virtù magico-taumaturgiche. Come dimostra il caso di Sigfrido, che oltre a bagnarsi del sangue del drago, già di per sé elemento in grado di donare potenza e virtù all’eroe vincitore, ne mangia il cuore, appunto, ottenendo la capacità di comprendere il canto degli uccelli.

Elementi sempre ripresi nel corso degli anni e delle opere create, persino Dragonero della Sergio Bonelli Editore li utilizza, come anche Matteo Garrone nel film “Il Racconto dei Racconti”, dove, fedele a quanto riportato nel seicentesco “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, la Regina di Selvascura, interpretata da Salma Hayek, per ottenere la fertilità e poter così concepire, deve nutrirsi del cuore di un drago marino (che assomiglia molto ad un lucertolone).

Negli ultimi anni i draghi sono sempre più diffusi in ambito cinematografico. Alla mia infanzia appartiene Falkor de “La Storia Infinita”, anche se era solo un goffo pupazzone, ed il drago a due teste di “Willow”, mentre più recenti sono, a titolo di esempio, i casi della quadrilogia di Christopher Paolini (da Eragon a Inheritance), della dragonessa di Shrek, di Dragon Trainer, film e serie animata, della moltitudine di esemplari nella saga di Harry Potter, di quanto si vede in “Avatar” e ne “Il Trono di Spade”. Degli ultimi mesi è il remake de “Elliot il Drago Invisibile”.
Chiudo questo semplice e parziale excursus dragonesco ricordando un personaggio italiano, ovvero il piccolo drago Grisù, creato da Toni e Nino Pagot, che in barba alla tradizione vuole fare il pompiere!





2 commenti:

  1. Interessante excursus. E' vero, Falcor nel film era un pupazzone, ma nel libro era splendido. Credo tra l'altro che La storia infinita sia uno dei capisaldi che hanno consentito che la figura del drago si spostasse da connotazioni negative (ancora molto presenti fino a metà Novecento, Hobbit compreso) a positive. Poi Miyazaki ha fatto il resto. Un abbraccio!

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  2. Ciao. Grazie! Il richiamo a Miyazaki è gradito, per quanto sia un orientale. In Oriente il drago ha connotazioni positive da sempre, tanto che spesso è simbolo di fortuna o addirittura ricchezza. Un saluto grande!

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