Morgan Lost è una recente
serie della Sergio Bonelli Editore.
Prende il nome, anche se è superfluo dirlo, dal
protagonista, un
cacciatore di serial killer, che vive a New Heliopolis, ovvero una
alternativa New York anni '50, dove convivono contaminazioni architettoniche
antico egizie, esempi di tecnologia più o meno alternativa, una burocrazia
pervasiva che controlla e determina la vita delle persone, mass media
decisamente singolari ed una sconvolgente percentuale di assassini seriali,
tanto che la televisione trasmette quotidianamente un bollettino di
aggiornamento sulle loro “imprese”.
Un
ucronia, di base, ma anche qualcosa di più.
Se
ne è parlato soprattutto, inizialmente, per la scelta in tema di colorazione
delle pagine, ovvero in grigio e rosso,
come appare la realtà al protagonista, affetto da daltonismo. Scelta che
indubbiamente crea un’atmosfera, dona volume alle pagine, al limite di una
trasfigurazione e di una reinterpretazione che però non tutte le tavole
riescono a sostenere al meglio, in termini di risultato visivo e accessibilità
interpretativa del lettore.
In
questo momento io vorrei soffermarmi invece sulle copertine degli albi, che presentano una loro originalità, con un
interessante risultato visivo e di proposta delle storie contenute.
Ogni copertina è
composta come se fosse una locandina cinematografica.
Come
nelle locandine, come anche in alcuni manifesti cinematografici, sulle
copertine, al potenziale acquirente, al lettore, vengono proposti i vari
personaggi presenti nelle storie, non in una singola azione o momento della
trama, spesso rappresentativo della vicenda.
Al
contrario di quanto accade in gran parte delle serie Bonelli, in Morgan Lost le
copertine sono scomposte in riquadri,
immagini che mostrano e propongono un’idea, un concetto, non semplicemente una
storia, senza spingersi troppo in là, ma per presentare in modo affine alla
locandina cinematografica quello che lo spettatore/lettore troverà sulle pagine
che presumibilmente terrà in mano.
I
diversi riquadri giustapposti finiscono così quasi per dialogare tra loro,
comunicando o magari suggerendo a chi li osserva una vicenda, il potenziale
dipanarsi di una storia, quasi come se stesse osservando la locandina di un
film che lo interessa o ha stimolato la sua curiosità.
L’effetto
mi sembra originale, aiuta a distinguere Morgan Lost fra le varie proposte in
edicola e a mio parere può essere ritenuto un buon esempio di incontro fra
strategie di marketing e scelta stilistica.
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