Torno, finalmente, a parlare di Dragonero, la
serie fantasy della Sergio Bonelli Editore.
Come scritto in precedenza i primi quattro albi componevano un’unica lunga storia, una sorta di romanzo grafico dallo stile
dark/steampunk, dove il fantasy incontrava un’indagine dal sapore di spionaggio
a tinte fosche.
Dal numero 5 si è arrivati a definire meglio il
taglio della serie, che ha mostrato ampi margini di narrazione, con temi
e tematiche varie e stimolanti, dal sapore decisamente più fantasy, con accenni,
gustosi, di Sword & Sorcery che si sono integrati bene con Ian
Aranill, Gmor e gli altri protagonisti della serie. Albo dopo albo il mondo
dove hanno luogo le missioni e le avventure di Ian “uccisore di draghi”
ha preso sempre più forma, anche grazie alle mappe e cartine inserite nelle
pagine iniziali ed al relativo blog, on line da molto tempo prima che la serie
iniziasse la sua vita in edicola.
In particolare, dopo i primi quattro albi, si è
cominciato a respirare nelle ambientazioni e nelle tavole quell’aria fantasy
che mancava in Italia, offrendo inoltre al lettore splendidi disegni e una
galleria di personaggi veramente interessante e di buon auspicio per i mesi a
venire.
Se è vero che la sensazione di essere “fuori tempo
massimo” permane, ovvero il dispiacere di avere tra le mani un fumetto
espressamente fantasy molto tempo dopo rispetto al resto dell’Europa, mi
sento di essere moderatamente ottimista, poiché quanto letto fin ad ora mi
sembra interessante e quando, almeno, incontro belle storie, mi reputo un
lettore fortunato.
Ovviamente siamo un po’ lontani da capolavori su
queste pagine già presentati, specie pensando all’area francofona, ma Luca
Enoch e Stefano Vietti stanno svolgendo un lavoro che merita
attenzione e rispetto, anche perché mescolano elementi rodati e novità con un
certo mestiere, dando opportuno spazio ai disegnatori e permettendo a Giuseppe
Matteoni di regalarci invitanti copertine, tra cui quella, bellissima, del numero
8 “Il Fascino del Male”.
Gmor, ai “vecchi” lettori di Nathan Never come
me, ricorda fin troppo Branko, ed anche le dinamiche fra lui e Ian sono
speculari a quelle presenti fra i due agenti Alfa, ma il resto dei personaggi,
compresi quelli di contorno, donano il loro contributo alla buona resa delle
storie, arricchendo la narrazione e mantenendo “tonico” il ritmo, persino nei
passaggi di raccordo, spesso non banali e ben utilizzati a livello di
sceneggiatura.
Per quanto riguarda Ian, invece, sembra che
il discorso sia ancora aperto, nel senso che lo stiamo scoprendo passo dopo
passo, intuendo o ammirando le sue capacità e qualità, anche se il quadro non è
ancora (volutamente?) ben chiaro.
Mi soffermo un po’ sull’ultimo albo uscito, il numero
8, già ricordato, poiché i disegni di Antonella Platano (altra
vecchia conoscenza nathaneveriana) mi sono molto piaciuti. La sua rappresentazione
grafica della Driade, il “male” per l’appunto, è tanto inquietante da
risultare fascinosa ed affascinante, come solo nelle tavole di Dampyr sono
abituato a vedere (a proposito, a breve conto di ritornare a scrivere di
Harlan e soci!). In questo albo sembra tutto girare per il verso giusto,
anche il “classico che più classico non si può”, anche il “già visto” o il “già
letto” svolgono al meglio la loro parte e rendono una delizia una storia
onesta e perciò efficace.
Tensione e attesa, mistero e sorpresa per una storia
decisamente alla Vietti, resa molto bene dalla Platano e che ci fa affezionare
sempre di più a questa serie, che, lo ammetto, mi sembrava una forzatura, per i
motivi di cui sopra, ma che ora mi dispiacerebbe se dovesse interrompersi.
Le scene sulla neve sono uno spettacolo e le ho
rimirate più volte. Che belle!
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