I PROTAGONISTI
FRANCESCO GIUSEPPE
“L’imperatore era un vecchio. Era il più vecchio
imperatore del mondo. Intorno a lui girava la morte, girava e mieteva, girava e
mieteva. Già l’intero campo era vuoto, e solo lui, come un argenteo stelo
dimenticato, stava ancora lì e aspettava. I suoi chiari e duri occhi da anni e
anni guardavano spersi in una sperduta lontananza. Il suo cranio era nudo come
una duna tondeggiante. Le sue fedine erano bianche come un paio d’ali fatte di
neve. Le rughe sul suo viso erano un intrico confuso dove i decenni avevano
dimora.”
(Joseph Roth, “La Marcia di Radetzky” – trad. Laura
Terreni e Luciano Foà)
Francesco Giuseppe I d’Austria nacque a Vienna nel
1830. Riceve una severa e religiosa educazione. Presta servizio militare in
Italia durante i moti del 1848 ed alla fine dello stesso anno viene proclamato Imperatore,
in seguito all’abdicazione dello zio Ferdinando ed alla rinuncia al
trono del padre, l’arciduca Francesco Carlo.
Espressione degli ambienti militari, inizia un
programma di restaurazione dell’autorità imperiale su basi centraliste, ma le
sconfitte contro i franco-piemontesi ed i prussiani ridimensionano fra 1859
e 1866 le ambizioni austriache. Nei primi anni del novecento, anche a
causa di una serie di lutti che dovette affrontare, si presenta come un gigante
stanco, ancorato ad un mondo che non esiste più, dibattuto tra il rapido
sviluppo economico e sociale dell'Europa occidentale e la sua concezione
ereditaria di monarca per "grazia di Dio", nonché dai suoi
doveri di sovrano nei confronti del suo popolo, che era estremamente diverso
per lingua, cultura e nazionalità.
Con questo atteggiamento affronta, nel 1914,
la guerra, rinunciando ad interferire nella conduzione della stessa. Muore nel 1916,
prima di assistere al crollo dell’Impero.
“La gente pensava che Francesco Giuseppe ne sapesse meno
di loro perché era tanto più vecchio. Invece ne sapeva forse più di molti.
Vedeva tramontare il sole sul suo Impero ma non diceva nulla. Sapeva che
sarebbe morto prima di quel tramonto.”
(Joseph
Roth, Op. Cit.)
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