sabato 25 luglio 2015

Predestination


Difficilmente potrà piacere a chi desidera capire tutto quello che accade o non accade in un film e sente l’esigenza di una spiegazione razionale, oltre che di una totale coerenza logica interna.

Infatti “Predestination”, scritto e diretto dai fratelli Michael e Peter Spierig, lascia spiazzati e nel solco della narrativa di fantascienza effettivamente genera una serie di domande su trama, sviluppo della storia e personaggi proposti.

È un thriller fantascientifico, dove non ci sono effetti speciali, che si sviluppa interamente con tre protagonisti che sono, a conti fatti, la stessa persona. Quindi è possibile fare fantascienza con pochi mezzi e senza necessariamente utilizzare effetti visivi digitali, centrando più della metà del film su un lungo flashback che altro non è che un racconto-prologo che ritorna su sé stesso per autogenerarsi.
Messa giù in questo modo non è effettivamente chiaro cosa accade, altrimenti ne rovinerei la visione, che comunque consiglio, pertanto posso aggiungere che i riferimenti alla migliore narrativa di genere (Robert A. Heinlein) sono godibili e rendono il film un piccolo gioiello.


Le interpretazioni di Ethan Hawke, molto efficace, ma soprattutto quella (doppia) di Sarah Snook donano un valore aggiunto al prodotto, facendo sì che la presenza pervasiva di una voce narrante che predomina sui comunque azzeccati dialoghi venga accolta di buon grado dal pubblico, che si lascia convincere a farsi guidare nella straniante storia di una donna che diventa uomo essendo nata donna/uomo.


Il ritmo è per circa un’ora abbastanza lento, ma i fratelli Spierig sanno quando ed in quale momento pigiare sull’acceleratore, dosando suspense e gestendo l’azione con molto mestiere e padronanza del soggetto. I viaggi nel tempo non sono una novità, ma qui tutto viene ben gestito e non manca il gusto di sorprendere lo spettatore e proporre l’imprevedibilità. Pochi mezzi, per fare qualcosa che Cristopher Nolan, con i suoi esercizi di stile al limite dello sterile, fa con budget elevatissimi, avvicinandosi al contempo al Terry Gilliam de “L’Esercito delle 12 scimmie” per scelte estetiche. Conquista l’idea di presentare un antieroe che si guarda e si interroga, ponendosi in fondo sempre le solite fondamentali domande (Chi sono? Da dove vengo? Dove sto andando?), ma senza la pesantezza spesso legata a tali tematiche. Già sottolineato il valore della prova di Sarah Snook, che in una doppia (tripla?) veste regge su di sé più della metà del film. 

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