sabato 4 luglio 2015

Sovvertimento dei sensi


Titolo: Sovvertimento dei sensi
Autore: Stefan Zweig
Traduttore: Berta Burgio Ahrens
Editore: Garzanti - 2015

"Del più gran segreto del mio sviluppo spirituale il libro non dice una parola: per ciò mi misi a sorridere. Tutto vi è detto bene, ma l'essenziale manca. Mi descrive, ma non mi spiega. Parla di me, ma non mi rivela. L'accurato registro contiene duecento nomi: ma ne manca uno, quello da cui ebbe vita l'impulso creativo, il nome di chi determinò il mio destino e che adesso mi richiama con forza alla mia gioventù. Di tutto fu detto, eccetto che di chi mi diede la parola e attraverso il cui fiato io parlo: e mi sentirei colpevole se vigliaccamente continuassi a tacere".

Torno a proporre un’opera di Stefan Zweig, autore che credo possa ambire ad occupare un po’ di spazio nel mio cuore, o comunque nei miei pensieri.

Il suo stile elegante, a tratti “alto”, in questo “Sovvertimento dei sensi” reso ancora più affascinante dall’impegno di Berta Burgio Ahrens nella traduzione, mi soddisfa e mi raggiunge per donarmi appagamento e allo stesso tempo lasciarmi con il desiderio di gustare altre pagine, così dense e coinvolgenti. In merito alla scrittura mi permetto di aggiungere che la scelta di una certa cura nel tradurre un autore raffinato come Zweig, con momenti narrativi al limite del solenne ma che possono essere resi “alla portata” di tutti senza tradirne l’essenza, può consentire di rendere maggiormente fruibili le sue opere, anche all’attuale popolo di lettori e aspiranti, auspicabili tali.

Stefan Zweig riesce a basare la sua narrazione unicamente sul vissuto del protagonista, del cui monologo il romanzo è costituito, creando un coinvolgente ritmo narrativo, che pone il lettore ad assorbire una serie di eventi e dinamiche intime e private dei personaggi presentati.
I “fatti” e gli avvenimenti passano ad un certo punto in secondo piano, per lasciare l’onore della ribalta alle reazioni emotive ed alle esperienze e vicende psicologiche che quegli stessi fatti ed avvenimenti hanno generato nella profonda umanità ed individualità di chi si trova a viverle.

A conti fatti ci si trova di fronte ad un breve romanzo di formazione, nella tradizione del Bildungsroman di liceale memoria, dove Zweig, abilmente e finemente, riesce a proporre il tema del desiderio e dell’amore, dell’impossibile convivenza fra passione e morale, con al centro l’incontro di un giovane studente con un appassionato professore di letteratura. L’omosessualità doveva essere una questione delicata da proporre alla metà degli anni 20 del novecento, per cui la mia ammirazione aumenta, soprattutto per la maestria nel presentare e analizzare desiderio, conflitto, turbamento e senso di colpa che compongono una ardente passione, dotata di irreprimibile e a tratti oscura forza.

Mi sono immaginato quale ambientazione una città come Heidelberg, sede della più antica università tedesca

Nella Berlino di inizio Novecento, il giovane Roland de D. vive perso in un turbine di dissoluzione e oblio. Fino a quando suo padre decide di iscriverlo alla piccola università di una sonnolenta città di provincia. Qui Roland si appassiona alle lezioni di un rispettabile e affascinante professore di letteratura. Il professore accoglie benevolmente il giovane e tra i due si sviluppa un rapporto intimo e amichevole, ma anche profondamente contraddittorio, sconvolto dagli improvvisi cambi d'umore del professore che sempre più spesso ripudia il giovane protetto. Roland è disorientato, non comprende il motivo di questa "confusione dei sentimenti" che, presto, diventa un doloroso tormento interiore. Ne capirà il motivo solo all'indomani di una sconcertante rivelazione del suo mentore. (da ibs.it)


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