Titolo: Un errore di inesperienza
Autore: Errico Nero
Editore:
Libromania – 2017
In qualità
e ruolo di lettore, uno degli elementi che ritengo fondamentali nella
stesura di un giallo-thriller risiede nella capacità ed
impegno dell'autore di presentare personaggi, principali ma anche
secondari o comprimari, che “arrivino” a chi legge, che
conquistino la sua attenzione e suscitino qualche sentimento o anche
semplici reazioni.
Desidero e
mi aspetto protagonisti che donino parte di sé o al limite che ne
nascondino porzioni creando una sorta di collegamento con il lettore,
se non proprio un legame, magari temporaneo giusto il tempo di
concludere il romanzo, quanto meno una via di comunicazione o di
contatto.
Durante la
lettura di “Un errore di inesperienza”, esordio di Errico
Nero (pseudonimo) per la casa editrice Libro/Mania, purtroppo mi è mancato
questo elemento.
A lasciarmi
non completamente soddisfatto non è tanto la mancanza di descrizioni
fisiche o psicologiche dei vari personaggi, che sono comunque molti e
vari e non tutti facilmente inquadrabili e in grado di farsi
ricordare da chi legge, ma il fatto che l'autore sembri
deliberatamente scegliere una caratterizzazione degli stessi
“leggera” e poco approfondita. Tale scelta a mio vedere
penalizza un po' la vicenda che invece ha molti interessanti spunti e
tocca temi attuali, per nulla banali e con diretto contatto con la
realtà di questi anni.
Il plot,
tanto per dire, è ricco e ci sono molti spunti interessanti, ma la
protagonista Agnese Sloe solo occasionalmente suscita in chi legge
sensazioni ed emozioni, personalmente neanche troppo positive, anzi
alla fine mi risulta quasi più antipatica, lei “la buona”, dei
vari “cattivi” presentati nel romanzo.
Forse solo
ingenuità da parte dell'autore, magari, riprendendo il titolo, un
po' di inesperienza, e non aiuta la scelta editoriale (almeno
nell'edizione da me letta) di presentare capitoli molto lunghi,
in cui sia lo scenario che la voce narrante tendono a cambiare più
volte.
Detto questo
rimangono elementi di originalità ed una certa tensione
che si sviluppa per tutte le pagine, con una conclusione che non è
tale e potrebbe far pensare ad un seguito con ulteriori interessanti
sviluppi. Magari nel prossimo libro anche io mi potrei affezionare di
più ai personaggi.
Di
ritorno dalla gita scolastica annuale, il professor Serafini voleva
godersi finalmente una domenica casalinga. L’aroma del caffè aveva
già riempito tutte le stanze quando il professore decretò che fosse
giunto il momento di uscire sul balcone a fumare una sigaretta.
Mentre si crogiolava nel piacevole tepore mattutino, qualcosa di
inconsueto lo disturbò. Doveva recuperare gli occhiali da miope e
mettere subito a fuoco quello che sospettava di aver visto. Sul
muretto laterale del giardino stavano i corpi di un ragazzo e una
ragazza fissati in qualche modo al muro come statue di cartapesta o
animali impagliati. Guardando ancora meglio gli sembrò di
riconoscere quei corpi, ma non voleva essere lui a decretarlo, non in
quel momento e nemmeno con sua moglie. Meglio lasciare le indagini al
Sostituto Procuratore. Agnese Sloe, a cui di sicuro non sarebbe
sfuggito che le due vittime Rebecca Mozic e Andrea Povelli erano,
fino al giorno prima, due studenti del professore. Ma perchè i due
ragazzi non erano andati in gita con il resto della classe? Perché
erano stati uccisi in quel modo proprio nei pressi dell’abitazione
del Serafini? (da
libromania.net)
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