Sono
imbottigliata da mezz'ora in un groviglio di macchine sul lungofiume.
Adesso non si va né avanti né indietro, e per di più piove. Un
signore mi lampeggia e suona ripetutamente. Non so cosa posso fare
per lui, non lo conosco. Spengo i tergicristalli e lascio che il
parabrezza si ricopra di gocce, che il mondo esterno si offuschi, che
le luci delle macchine e dei lampioni diventino cristalli di zolfo in
fusione. Penso al tempo che passiamo sui mezzi di trasporto,
all'eternità di semafori, a chi ha detto che forse è meglio
spendere la vita in una sola notte, come fa il fuoco. Penso al caos
delle gocce luminose sul parabrezza, al turbinio degli atomi, al
funerale di questa mattina. Vorrei già essere a casa.
(Alessandro
De Benedetti, in “Purpureo e
giallo è l’ultimo respiro”
– Foschi Editore, 2007)
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