giovedì 2 luglio 2020

Fuga per la vittoria (1981)


Risulta molto difficile rendere il gioco del calcio al cinema, sport che può risultare suggestivo e di grande seguito ma molto tecnico e, soprattutto, di squadra. Pressoché impossibile quindi da replicare con un gruppo di attori, che magari sanno recitare (si spera) ma non è detto siano tutti capaci di giocare a calcio a livelli più che buoni, tanto da riuscire a rendere al meglio e superare quella sottile (?) barriera fra finzione e realtà.
Discorso differente per il cinema che si interessi all'atletica, il ciclismo o altri sport dove magari, oltre a potersi concentrare sulle gesta di un singolo, ci si può affidare con maggior agio ad alcuni stratagemmi di ripresa e di montaggio. Così “Momenti di Gloria”, “Rocky” ed una manciata di ulteriori esempi risultano ottimi film sullo sport e con lo sport.

Le difficoltà legate alle specifiche del gioco del calcio hanno fatto sì che ci si potesse esprimere al meglio ed allo stesso tempo rendere giustizia alla bellezza di questo sport nella trasposizione animata degli anime (“Arrivano i Superboys”, “Holly e Benji” su tutti) dove molti limiti potevano essere naturalmente ovviati.

Rimane però una meravigliosa eccezione, un film dove la messa in scena del calcio raggiunge ottimi livelli e rende memorabile il prodotto finale. “Fuga per la vittoria”, che facendo a meno della computer grafica perché datato 1981, ha in fondo più di una caratteristica in comune con i cartoni animati citati. Ovvero, attraverso l'uso del ralenti (in mancanza di replay o VAR) ed un minimo di sospensione dell'incredulità, al momento giusto si dichiara il tradimento del realismo e si estremizzano i gesti tecnico-atletici. Quasi come se, in fin dei conti, la cavalcata di Pelè che scarta tutti con la mano sul petto vada a collocarsi nella memoria accanto alle corse “irresistibili” di Julian Ross (il cardiopatico di Holly e Benji), oppure il tacco di Ardiles faccia il paio con le evoluzioni dei gemelli Derrick.
A ciò si aggiunge la scelta di affidarsi ad un insieme di “veri campioni”, per ovviare al problema dei giocatori/attori e delle difficoltà tecniche, proprie del gioco così come del recitare giocando veramente a calcio. Perciò accanto a Michael Caine e Sylvester Stallone (che calciatori non lo sono neanche lontanamente e si vede!) ed al mai abbastanza lodato Max von Sydow si presentano allo spettatore, oltre ai già citati campioni sudamericani, Bobby Moore, Paul Van Himst, Russell Osman, Kazimierz Deyna e altri ancora.



Trattando di messa in scena urge rilevare come il regista John Huston riesca ad evitare la mera retorica e tutta una serie di cliché figurativi e narrativi, giungendo, quando occorre, nei momenti culminanti del film a mettere la cinepresa, e così il Cinema, al servizio del gioco e dei gesti atletici. Si allarga l’inquadratura, il tempo si dilata e così il ralenti omaggia e trasfigura l'agonismo e la tecnica, con i giocatori che sembrano danzare, a ripetere una splendida ed emozionante coreografia che fa sì che ogni gesto nella sua componente tecnico-atletica si compia, accompagnato da una musica che rimane e permane, ad eternare le immagini.




1 commento:

  1. Ti dirò che anche il film Pelé mi è piaciuto, anche se è un po' didascalico in alcuni momenti. Poi i film sul rugby? Non so se sai che i giocatori di rugby hanno un posto speciale nell'immaginario femminile. Immaginario sportivo, of course.

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