Edward Hopper - Stanza a New York |
«Faccio
parte di quelli che vivranno peggio dei propri genitori e della generazione
che ha visto nascere Internet ed ha imparato a vivere con lei. Sono uno
di quelli che vorrebbero godersi i voli low cost, ma finisce sempre per
rendersi conto che tra tasse e balle varie il mondo è ancora troppo grande.
Faccio parte della generazione che ha festeggiato il suo primo motorino con “Italia
90” ed i 18 anni durante il genocidio del Ruanda. Faccio
parte di quelli che erano troppo giovani per votare DC o PCI ed
ora trovano sulla scheda elettorale almeno dieci partiti che se ne dichiarano
eredi, uno addirittura di entrambi. La mia è la generazione che le inventava
tutte per vedere “Colpo Grosso” ed il wrestling in tv ed ora ha
scoperto il poker on line, la generazione che forse conoscerà tutte le
proprietà intrinseche di queste oscure materie, a cui non interessa se
un uomo va sulla Luna ma che è convinta che Luke Skywalker fosse un
pirla ed il maestro Yoda un gran rompicoglioni.
La mia è la generazione delle crisi,
scegliete voi quale (finanziaria, del gas, dei valori, del lavoro, di coppia),
quella del buco dell’ozono e dell’effetto serra, che è partita dai
documentari di Quark ed è arrivata a quelli sulle foibe. Sono uno
di quelli del “pane e nutella” che ora deve ascoltare le maestre
parlargli della merenda biologica, che guardava “Bim Bum Bam” ed
ora, pur di non ascoltare politici che raccontano barzellette e comici che si
atteggiano a riformatori della politica, acquista i dvd di Lamù e La
Casa nella Prateria. Sono uno di quelli che poteva snocciolare (anche se
non ho mai capito che centrassero i noccioli) la formazione tipo di Inter
o Juve ed ora no, che continua a citare Fantozzi, I Fichissimi e
l’Allenatore nel Pallone perché è divertente.
La mia è la generazione che diventa più povera,
la generazione che paga le pensioni, che si ricorda del biondo degli 883
e spera venga raggiunto dal suo ex collega, quella che impara ad odiare i
vecchi. La mia è la generazione di quelli con le magliette di Emergency
e la cioccolata dell’equo solidale, a cui hanno spiegato tutto e fatto
fare poco, che prendevano 44 alla maturità senza chiedersi se Dante
fosse un uomo libero o un servo di partito. Sono uno di quelli che sa dove sono
Tuzla e Timor Est, ma anche Marzabotto e Genova, che ha visto chi
era campione vincere la Coppa dei Campioni, che si ricorda dell’Hotel
Rafael e di Capaci e gli cadono le braccia quando “bisogna convivere
con la mafia”, sono uno di quelli che era meglio Saronni, che ha capito
che lo yogurt ai frutti di bosco fa schifo e che Batman è uno
squilibrato, ma non se la fa con Robin.
La mia generazione è fatta di chi pensa di non
essere uguale a tutti gli altri, perché ognuno è libero ed indipendente con
le sue idee e qualità, oppure è semplicemente solo. Alla mia generazione
hanno allargato l’alfabeto per poterla definire. Faccio parte di quelli che non
hanno mai lavorato, di quelli che tanto un lavoro lo si trova, di quelli
che non c’è lavoro, di quelli che se hai voglia c’è lavoro per tutti, di
quelli che ci sono lavori che non li vuole fare più nessuno, di quelli che
esiste un contratto per tutte le esigenze, tranne quella di essere
pagati dignitosamente. Sono uno di quelli che ha studiato ma non sa fare
nulla, che “si impegna ma non sa come va il mondo”, a cui hanno fatto
credere che il merito è l’unico criterio per guadagnare denaro e poi
hanno invitato a guardare in diretta TV chi non fa un cazzo tutto il
giorno.
La mia generazione sa che è meglio prevenire che
curare, ha capito che una frase è giusta o sbagliata a seconda di chi la
dice, che un aperitivo costa come un pieno di benzina, che pensa
alla giornata e non legge i quotidiani, che quando c’è una manifestazione
va al mare, che si alimenta di solipsismi letterari, grafici ed estetici,
quando non si prende cura di un figlio, e lo fa perché non può
permettersi di indignarsi, figuriamoci farsi carico del male e delle
ingiustizie che incontra».
(Adriano Brandolini)
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