“Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
…”sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Ho ascoltato Fiume
Sand Creek, la canzone di Fabrizio
De Andrè, per la prima volta all’età di 15 anni, da un vinile che, barando
e con un po’ di malizia, avevo regalato a mio padre. La forza del brano, allora
e ancora adesso, mi si impone soprattutto grazie alla scelta di presentare un
evento drammatico attraverso gli occhi e le parole di un bambino ed il suo
rapporto con il nonno.
Istintivamente le immagini che le parole, il testo,
mi suggerivano e facevano scorrere nella mia mente, erano quelle prese a
prestito da “Il Piccolo Grande
Uomo” (1970), il film di Arthur Penn
con protagonista Dustin Hoffman. Più
precisamente la scena in cui, durante
la stagione invernale, Custer e il suo Settimo Cavalleggeri attaccano di
sorpresa l'accampamento indiano dove si è rifugiato il Piccolo Grande Uomo, che
assiste, per l’ennesima volta, a un eccidio compiuto dall’esercito, che, al
suono di una marcia militare, stermina la sua tribù e durante il quale sua
moglie è trucidata insieme ad altre donne e bambini.
Dustin Hoffman e Chief Dan George |
Avevo visto quel film, ancora poco più che bambino,
durante il pomeriggio di una pigra domenica invernale, rimanendone affascinato
e allo stesso tempo inquietato, poiché è un Western statunitense
decisamente singolare, molto lontano da tanti altri che già conoscevo, se non
altro per come sono rappresentati gli Indiani, i Nativi, e la loro
cultura, per il comportamento e l’immagine che di sé danno i “bianchi” e l’esercito
in giacca blu. Con l’età adulta è venuta la consapevolezza che quest’opera
si era distinta, all’epoca, per l'impostazione che tende a rivalutare la
popolazione dei pellerossa, attraverso un sunto filosofico a doppio
registro, disegnato in una forma di condanna storica partecipativa
all'annientamento totale del mito della frontiera.
Il mondo civile del West, da cui è poi scaturito il
patrimonio di valori degli USA, è infatti spogliato di retorica, messo a
nudo, in una parola smitizzato. Esso è presentato come un ambiente dominato
dalla brama di guadagno e da valori fittizi e disumanizzanti (tra cui
anche la religione puritana anglosassone), dove la violenza regna sovrana e non
vi è rispetto verso gli avversari, selvaggi da annientare per poter espandersi
nei loro territori. Ci viene presentato il militarismo esasperato e
spietato, finalizzato allo sfruttamento delle risorse di altri popoli, che
avrebbe caratterizzato fin dalle origini gli Stati Uniti, dove la
violenza, che pervade i rapporti interpersonali, è celebrata come mezzo per
risolvere ogni problema sociale, ma in realtà è priva di ogni funzione
catartica ed anche insensata.
Solo molti anni dopo ho scoperto che, in realtà,
sempre nel 1970, il massacro a cui si riferiva De Andrè, e Massimo Bubola
con lui, quello di Sand Creek per
l’appunto, era stato proposto e presentato in un altro film, “Soldato Blu”, diretto da Ralph Nelson.
Qui le scene relative sono violentissime nella
cruenta rappresentazione del massacro e di altri fatti simili presenti
per tutta la durata del film. È un Western di stampo politico: genocidio
di stato raccontato ad incastro attraverso il parere congiunto dei
protagonisti, non filo-indiano come potrebbe sembrare, allusivo al
contemporaneo conflitto in Vietnam, metaforico, non manicheo ma che
utilizza le immagini, decisamente impressionanti e “forti”, come prova della
crudeltà alla base dello scontro tra gli uomini, come simboli della sopraffazione
del forte sul debole (i due ruoli vengono ricoperti sia dai selvaggi
indiani che dai civili bianchi).
Data la crudezza con cui vengono rappresentate le
azioni dei militari, Soldato Blu
rende meglio la realtà e con maggiore aderenza e fedeltà i fatti narrati in Fiume Sand Creek (fatti realmente
accaduti, nel caso ci fosse bisogno di chiarirlo), ma io tuttora rimango legato
a quei sentimenti di pre-adolescente e alle immagini di Dustin Hoffman e Chief Dan
George (Cotenna di Bisonte) che fuggono.
L’episodio non è lo
stesso (“Il Piccolo Grande Uomo” mostra la battaglia di Little
Big Horn, dove morì il generale Custer) ma le note e le parole di
quella canzone mi hanno donato l’opportunità di conoscere ed apprezzare un film
e scoprire ed imparare se non una lezione, quantomeno un po’ di Storia,
ritengo libera da retoriche e stereotipi.
Candice Bergen e Peter Strauss in "Soldato Blu" |
Chief Dan George |
Fabrizio De Andrè e Massimo Bubola autori di "Fiume Sand Creek" |
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