Dove c’è Barilla c’è casa. Ma non per i gay
«Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi
siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre
mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono
purché non infastidiscano gli altri».
Guido Barilla a La zanzara, su Radio24, 25 settembre
2013
Incuriosito
dalla polemica e dalle discussioni che si sono generate mi sono informato sulla
questione Barilla. Ovvero le dichiarazioni radiofoniche di Guido
Barilla, di cui ho riportato l’estratto più significativo.
Personalmente ritengo che sia sacrosanto, ovvio, che
un’azienda possa scegliere come e con quali testimonial o simboli
pubblicizzare i propri prodotti. Fossero anche spot con gattini
sperduti sotto la pioggia, una bambina asiatica che mangia spaghetti e
(forse) si integra con una famiglia italiana, un noto calciatore brasiliano
od un sexy attore spagnolo che parla con una gallina e così via.
Va bene
anche una improbabile colazione in mezzo ad un campo di grano o in mulino
di alto design con il sole splendente, alto e a picco anche se è solo
mattina presto. Accetto (con qualche
riserva) anche una famiglia di quattro persone con la madre
perfettamente truccata e con la messa in piega, il padre rasato di
fresco e vestito di tutto punto che sorride amabile ai figli (maschio e
femmina) pettinati, puliti, biondi, senza brufoli o apparecchio ai denti che
ridono felici all’idea di andare a scuola e via di fantasia.
È questione di marketing, di pubblicità, di
promozione di un marchio, di un brand, di un prodotto, anche di una idea
di consumatore. Probabilmente alla Barilla studiano bene le
pubblicità e sanno come muoversi, a chi rivolgersi, quali sono i consumatori a
cui vogliono arrivare e che magari si aspettano tali messaggi. Tutto bene,
ok, se si vende si va avanti, l’azienda lavora e crea lavoro e siamo felici che
un marchio italiano faccia fortuna anche all’estero.
Allora dove sta l’inghippo? Dov’è che il meccanismo
crea un inciampo e perché le dichiarazioni del Barilla urtano anche me,
che, tra le altre cose, so poco di pubblicità, guardo con parsimonia la
televisione (senza farne motivo di orgoglio) e mangio relativamente poca pasta
e pressoché per niente merendine o fette biscottate (del sexy attore di cui
sopra)?
Lasciamo da parte, almeno per ora, il fatto che
all’interno della Barilla potrebbero lavorare, e quindi contribuire alla
fortuna dell’azienda, uomini e donne omosessuali, parenti ed amici di
omosessuali, persone “sensibili” ai temi dei diritti civili, poiché se il Guido
Barilla ritiene opportuno non tenerne conto sono affari suoi (“in casa
degli altri” si sa… “questa è casa mia e qui comando io” e vai di luoghi
comuni). Sorvoliamo sul fatto che l’illustre imprenditore, di fatto,
rischia anche di arrecarsi un danno, di minare (magari solo in parte) le
sorti dell’azienda, perché è molto probabile, quantomeno possibile, che nelle famiglie
felici e tradizionali delle campagne Barilla si riconoscessero perfino
alcuni appartenenti a famiglie gay: il sistema di valori e principi, la
legittima aspirazione alla serenità, alla condivisione, la ricerca di
un’intimità affettiva familiare, anche solo il desiderio di bere un
caffèlatte e ingozzarsi (sorridenti ed in armonia) di biscotti e merendine,
e tante altre belle cose non cambiano in base all’orientamento/identità
sessuale (omofobi e intolleranti vari se ne facciano una ragione). D’altronde,
è evidente, quelle delle pubblicità sono famiglie proiettive, non
ritratti puntuali, precisi dell’attuale società italiana, che è andata molto
cambiando dai tempi in cui un piccolo mugnaio bianco sfornava deliziosi
tegolini per la sua bella Clementina.
Allora è il “noi siamo per la famiglia tradizionale”
che mi crea imbarazzo.
È
un’opinione legittima, per carità. Ma è un’opinione personale del
proprietario, espressa con un atteggiamento greve e con poca grazia, anzi
brutalmente, poiché non credo che fosse legittimato a parlare a nome di tutti i
dipendenti della Barilla, tantomeno incaricato di esporre un marchio
accanto ad opinioni strettamente personali.
Allora, noi chi?
Non c’è scelta di mercato o strategia
aziendale, bensì mera posizione ideologica. Espressa, con scarsa
lungimiranza, identificandola con il marchio che porta il nome del padrone di
una importante azienda italiana. Il Barilla compie una scelta, da cui
nasce un principio che non è inclusivo, ma è esclusivo. Allora non più “dove
c’è Barilla c’è casa” o “c’è amore”, bensì, per bocca del suo sventurato
padrone, questa azienda, nei pensieri di molti, “tifa” esclusivamente “per
la famiglia tradizionale”, cosa che esclude e potrebbe anche dare fastidio
a chi non ne fa parte.
Ma,
a pensarci bene, anche questo potrebbe starci, in questi cupi e difficili
tempi, dove omofobia ed intolleranza ce ne fanno vedere e vivere
di ogni colore, dove il ritenere che la questione omosessuale sia un tema
di civiltà che riguarda tutti, non solo gay ed il mondo LGBT,
automaticamente ti fa entrare nella categoria “frocio e amico dei froci”,
fine sillogismo tipico della destra nostrana.
No, quello che veramente mi fa uscire di testa è il
passaggio “Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non
infastidiscano gli altri”!
Caro Barilla, Cara Barilla,
come le “scelte” e la “vita” delle persone
omosessuali possono infastidirvi?
Perché
le loro “scelte”, anche quella di non consumare la vostra pasta, devono essere
descritte come potenzialmente fastidiose rispetto alla “norma” eterosessuale?
Vi rendete conto che questo alimenta, tra le altre
cose, quell’atteggiamento per cui una minoranza, per vivere in pace o
esser degna di essere parte della società civile, deve rimanere ai
margini, “tenere un basso profilo”, persino dimostrare di avere una moralità
maggiore rispetto al popolo dei “normali”? Vi accorgete che le frasi
pronunciate durante una trasmissione radiofonica e diffuse in lungo ed in
largo, sostengono l’idea che ai gay sia “permesso” vivere in Italia ma senza
eguale dignità giuridica?
Certo, poi se non ci piace, possiamo sempre cambiar
paese, pardon, marca di pasta.
Dai, non essere troppo duro... Il signor Barilla rimedierà... chessò, magari devolve 10 centesimi, per ogni pacco di pasta acquistato, ad un'associazione che si occupa dell'accoglienza, della cura e del reinserimento sociale di gay ed ex-gay...
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