venerdì 27 settembre 2013

Dove c’è Barilla c’è casa. Ma non per i gay



Dove c’è Barilla c’è casa. Ma non per i gay


«Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri».

Guido Barilla a La zanzara, su Radio24, 25 settembre 2013


Incuriosito dalla polemica e dalle discussioni che si sono generate mi sono informato sulla questione Barilla. Ovvero le dichiarazioni  radiofoniche di Guido Barilla, di cui ho riportato l’estratto più significativo.

Personalmente ritengo che sia sacrosanto, ovvio, che un’azienda possa scegliere come e con quali testimonial o simboli pubblicizzare i propri prodotti. Fossero anche spot con gattini sperduti sotto la pioggia, una bambina asiatica che mangia spaghetti e (forse) si integra con una famiglia italiana, un noto calciatore brasiliano od un sexy attore spagnolo che parla con una gallina e così via. 


Va bene anche una improbabile colazione in mezzo ad un campo di grano o in mulino di alto design con il sole splendente, alto e a picco anche se è solo mattina presto.  Accetto (con qualche riserva) anche una famiglia di quattro persone con la madre perfettamente truccata e con la messa in piega, il padre rasato di fresco e vestito di tutto punto che sorride amabile ai figli (maschio e femmina) pettinati, puliti, biondi, senza brufoli o apparecchio ai denti che ridono felici all’idea di andare a scuola e via di fantasia.


È questione di marketing, di pubblicità, di promozione di un marchio, di un brand, di un prodotto, anche di una idea di consumatore. Probabilmente alla Barilla studiano bene le pubblicità e sanno come muoversi, a chi rivolgersi, quali sono i consumatori a cui vogliono arrivare e che magari si aspettano tali messaggi. Tutto bene, ok, se si vende si va avanti, l’azienda lavora e crea lavoro e siamo felici che un marchio italiano faccia fortuna anche all’estero.

Allora dove sta l’inghippo? Dov’è che il meccanismo crea un inciampo e perché le dichiarazioni del Barilla urtano anche me, che, tra le altre cose, so poco di pubblicità, guardo con parsimonia la televisione (senza farne motivo di orgoglio) e mangio relativamente poca pasta e pressoché per niente merendine o fette biscottate (del sexy attore di cui sopra)?

Lasciamo da parte, almeno per ora, il fatto che all’interno della Barilla potrebbero lavorare, e quindi contribuire alla fortuna dell’azienda, uomini e donne omosessuali, parenti ed amici di omosessuali, persone “sensibili” ai temi dei diritti civili, poiché se il Guido Barilla ritiene opportuno non tenerne conto sono affari suoi (“in casa degli altri” si sa… “questa è casa mia e qui comando io” e vai di luoghi comuni). Sorvoliamo sul fatto che l’illustre imprenditore, di fatto, rischia anche di arrecarsi un danno, di minare (magari solo in parte) le sorti dell’azienda, perché è molto probabile, quantomeno possibile, che nelle famiglie felici e tradizionali delle campagne Barilla si riconoscessero perfino alcuni appartenenti a famiglie gay: il sistema di valori e principi, la legittima aspirazione alla serenità, alla condivisione, la ricerca di un’intimità affettiva familiare, anche solo il desiderio di bere un caffèlatte e ingozzarsi (sorridenti ed in armonia) di biscotti e merendine, e tante altre belle cose non cambiano in base all’orientamento/identità sessuale (omofobi e intolleranti vari se ne facciano una ragione). D’altronde, è evidente, quelle delle pubblicità sono famiglie proiettive, non ritratti puntuali, precisi dell’attuale società italiana, che è andata molto cambiando dai tempi in cui un piccolo mugnaio bianco sfornava deliziosi tegolini per la sua bella Clementina.


Allora è il “noi siamo per la famiglia tradizionale” che mi crea imbarazzo.
È un’opinione legittima, per carità. Ma è un’opinione personale del proprietario, espressa con un atteggiamento greve e con poca grazia, anzi brutalmente, poiché non credo che fosse legittimato a parlare a nome di tutti i dipendenti della Barilla, tantomeno incaricato di esporre un marchio accanto ad opinioni strettamente personali.

Allora, noi chi?

Non c’è scelta di mercato o strategia aziendale, bensì mera posizione ideologica. Espressa, con scarsa lungimiranza, identificandola con il marchio che porta il nome del padrone di una importante azienda italiana. Il Barilla compie una scelta, da cui nasce un principio che non è inclusivo, ma è esclusivo. Allora non più “dove c’è Barilla c’è casa” o “c’è amore”, bensì, per bocca del suo sventurato padrone, questa azienda, nei pensieri di molti, “tifa” esclusivamente “per la famiglia tradizionale”, cosa che esclude e potrebbe anche dare fastidio a chi non ne fa parte.


Ma, a pensarci bene, anche questo potrebbe starci, in questi cupi e difficili tempi, dove omofobia ed intolleranza ce ne fanno vedere e vivere di ogni colore, dove il ritenere che la questione omosessuale sia un tema di civiltà che riguarda tutti, non solo gay ed il mondo LGBT, automaticamente ti fa entrare nella categoria “frocio e amico dei froci”, fine sillogismo tipico della destra nostrana.

No, quello che veramente mi fa uscire di testa è il passaggio “Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”!

Caro Barilla, Cara Barilla,
come le “scelte” e la “vita” delle persone omosessuali possono infastidirvi?
Perché le loro “scelte”, anche quella di non consumare la vostra pasta, devono essere descritte come potenzialmente fastidiose rispetto alla “norma” eterosessuale?

Vi rendete conto che questo alimenta, tra le altre cose, quell’atteggiamento per cui una minoranza, per vivere in pace o esser degna di essere parte della società civile, deve rimanere ai margini, “tenere un basso profilo”, persino dimostrare di avere una moralità maggiore rispetto al popolo dei “normali”? Vi accorgete che le frasi pronunciate durante una trasmissione radiofonica e diffuse in lungo ed in largo, sostengono l’idea che ai gay sia “permesso” vivere in Italia ma senza eguale dignità giuridica?

Certo, poi se non ci piace, possiamo sempre cambiar paese, pardon, marca di pasta.










1 commento:

  1. Dai, non essere troppo duro... Il signor Barilla rimedierà... chessò, magari devolve 10 centesimi, per ogni pacco di pasta acquistato, ad un'associazione che si occupa dell'accoglienza, della cura e del reinserimento sociale di gay ed ex-gay...

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