martedì 24 settembre 2013

La Pazienza del Destino – Le Storie n. 12


La Pazienza del Destino – Le Storie n. 12

Chi ha la pazienza (ed il tempo) di visitare questo mio spazio avrà notato che apprezzo le opere di Edward Hopper. Pertanto non poteva non emozionarmi la copertina del numero 12 de “Le Storie”, serie della Sergio Bonelli Editore che non posso fare a meno di acquistare e leggere e conseguentemente consigliare.

 

“La Pazienza del Destino”, infatti, presenta una rivisitazione, da parte del sempre apprezzabile Aldo Di Gennaro, del famoso Nighthawks, quale copertina più che azzeccata ed adatta ad introdurci nelle atmosfere hard-boiled dell’albo in edicola questo mese.

Storia, sceneggiatura, dialoghi e passaggi narrativi sono quelli classici di un noir vecchio stampo, con tutte le caratteristiche e gli stereotipi ben presenti e chiari. Niente di veramente originale, tutta va come ci si aspetta che vada, per una lettura che si svolge piacevolmente accattivante e soddisfa le aspettative di chi ritrova una trama e personaggi già centinaia di volte incontrati. Già questo è un elemento da sottolineare, poiché tale totale aderenza ad uno stile, ad un genere così fortemente connotato, è, sostanzialmente, una novità all’interno di una serie che ha fatto della commistione di stili e stilemi, di generi e caratteri, un marchio ed una precipua caratteristica. 

Gli albi scorsi presentavano una compresenza di generi e di stili di composizione dei dialoghi, così come le trame ed i disegni ne venivano chiaramente influenzati, così che si faceva fatica ad “incasellare” un albo all’interno di un filone, a dare un’etichetta ad una storia narrata. Avventura, introspezione, ricostruzione storica, cronaca, fantascienza e realtà venivano mescolati, ed al lettore rimaneva il gusto di “scoprire” riferimenti e rimandi, oltre naturalmente al piacere della lettura, mai banale o scontata.

 

Questa aderenza ad un genere, il noir hard-boiled nello specifico, potrebbe risultare un rischio, allora, ma Paola Barbato gioca con i protagonisti, con Douglas Monroe in particolare, per regalarci, ad un certo punto, quando ormai pensiamo di aver capito come tutto andrà a finire, una variazione clamorosa, un “colpo di scena” che si dipana per le ultime 30 tavole circa e che sovverte l’intera storia fin lì narrata, donando nuova luce sulle vicende presentate e facendole vedere da un altro punto di vista.

 

Sopra tutto e tutti è Douglas Monroe (un riconoscibilissimo Humphrey Bogart), che è il vero motore della storia, capace di “accendere e spegnere” le luci su di sé e gli altri personaggi. Pertanto gli stereotipi, le situazioni ormai arcinote, i caratteri al limite del banale sono funzionali a creare un’atmosfera ed un clima che facciano da sfondo alla figura di questo detective apparentemente senza morale e quasi senza una vera e chiara connotazione, a tratti antipatico e irritante nella sua dissonante indagine privata.

 

La conclusione dell’albo è invece un’epifania, un momento in cui tutto va al suo posto, pur rischiando di appesantire la lettura, rischio che viene evitato grazie a quanto seminato fino a quel momento ed alla bravura della sceneggiatrice.

 

Un’ultima annotazione sui disegni di Giovanni Freghieri, che ben illustrano e sottolineano la trama e gli eventi, anche se, a mio parere, seppur avvicinandosi all’ottimo, stonano leggermente con l’atmosfera ed il clima che dialoghi e sceneggiatura creano.

 

In sostanza uno dei migliori albi di questa collana, anche perché si differenzia da molti che l’hanno preceduto, sotto il profilo della composizione e della presentazione. 

 


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