Chicago, 11 novembre 1887. Quattro operai, quattro
organizzatori sindacali e quattro anarchici vengono impiccati. Colpevoli di
Primo Maggio. Giustiziati perché l'anno precedente, il primo giorno di
maggio del 1886, avevano organizzato uno sciopero e una manifestazione, per
chiedere che l'orario quotidiano del loro lavoro venisse limitato a otto ore.
La festa dei lavoratori ricorda in tutto il
mondo il loro sacrificio, le tante altre stragi del lavoro che sono avvenute da
allora e le lotte che hanno consentito al movimento internazionale dei
lavoratori di conquistare diritti e libertà rimessi costantemente in
discussione e mai scontati.
Questo lunedì 1° maggio 2017 la serie
“Citazioni Cinematografiche” si concede una pausa, per lasciare spazio ad una
riflessione interna al mondo del cinema.
Quello del lavoro, delle sue caratteristiche, dei
suoi problemi ed evoluzioni è un mondo complesso, che il cinema ha saputo e
continua a raccontare attraverso lo sguardo di registi che hanno dedicato il
loro, di lavoro, a illuminarne i volti, gli aspetti belli e quelli drammatici,
i lati gloriosi e quelli bui.
Di seguito 10 pellicole scelte per festeggiare il
Primo Maggio:
Tempi Moderni (Charlie Chaplin - 1936)
Chaplin denuncia l’alienazione del lavoro in
fabbrica nella sua ultima apparizione nelle vesti del Vagabondo: Charlot che
avvita bulloni in accelerazione convulsa, Charlot a cavalcioni di giganteschi
ingranaggi, alienato, disoccupato, sfruttato, anche innamorato e infine sulla
strada verso un futuro incerto, ma non più solitario.
Tutta la vita davanti (Paolo Virzì - 2008)
Una commedia che suscita un sorriso amaro e un po’
fa arrabbiare: uno sguardo sul mondo del precariato, in particolare su quello
dei call center.
Risorse umane (Laurent Cantet - 1999)
Il film intende far riflettere sulla pratica dei
licenziamenti per razionalizzare la forza lavoro interne alle fabbriche. Un
operaio francese riesce a fare frequentare, con profitto, l’università al
proprio figlio. Il ragazzo viene mandato come stagista nella fabbrica dove
lavora il padre.
Sciopero (Sergej Michajlovič Ėjzenštejn - 1925)
Provate ad organizzare uno sciopero “vero” di questi
tempi, se ne vedrebbero e sentirebbero delle belle, o meglio delle brutte! Non
poteva mancare quest’opera, che, nonostante la smaccata propaganda, presenta
una magistrale tecnica espressiva ed eccezionali doti registiche. Nel 1912,
anno di ambientazione del film, la Russia è ancora governata dallo zar. Un
lavoratore viene ingiustamente accusato di aver rubato. Amareggiato si suicida,
impiccandosi in fabbrica. Gli operai scioperano per protestare contro
l’ingiustizia. Vanno avanti per giorni e quando arriva la polizia a cavallo ha
inizio un massacro. Gli Yo-Yo Mundi anni fa musicarono l’opera.
La classe operaia va in paradiso (Elio Petri 1971)
Vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival
di Cannes 1972, il film racconta la classe operaia, i ritmi lavorativi, il
rapporto alienato degli operai con la macchina e i tempi
di produzione e fa riflettere sul periodo degli anni 70 in Italia, con il
movimento studentesco, ritratto troppo distante e “astratto” dai reali problemi
degli operai, e i sindacati, considerati collusi con i padroni con cui
concertano e decidono della vita degli operai stessi. Non manca una
considerazione più “privata”, con l'alienazione dell'uomo-macchina che continua
anche nella vita di tutti giorni, contaminando i rapporti personali.
We
want sex (Nigel Cole - 2010)
Ispirato a fatti realmente accaduti, il film racconta lo
sciopero del 1968 di 187 operaie alle macchine da cucire della Ford di
Dagenham. Costrette a lavorare in condizioni precarie per molte ore e a
discapito delle loro vite familiari, le donne, guidate da Rita O’Grady,
protestarono contro la discriminazione sessuale e per la parità di
retribuzione.
Smetto
quando voglio (Sydney Sibilia - 2014)
Da pochi mesi uscito nelle sale il seguito, il film è una
commedia dolce-amara, che grazie ad un’ottima sceneggiatura e ad un buon ritmo
che non cede neanche un istante, racconta la mancanza di lavoro, la cecità di
una classe di amministratori, il precariato, il vuoto d’identità di molti
giovani italiani generato dal vuoto di impiego e dalla mancanza di prospettive.
Bread and Roses (Ken
Loach 2000)
Il regista britannico Ken Loach ha posto tra i temi centrali dell’intera sua opera cinematografica diversi temi sociali, tra i quali non poteva mancare il Lavoro. “Bread and Roses” forse non è il migliore da proporre, ma con tutta probabilità il più “godibile” anche per chi non fosse particolarmente avvezzo alla sua produzione.
Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro.
Giorni e Nuvole (Silvio Soldini - 2007)
Una riflessione sull’incertezza del lavoro, l’ansia del futuro e le conseguenze sull’armonia e stabilità familiare. Lo sguardo acuto ed originale del regista permette allo spettatore di gustare un’opera ricca di connotazioni estetiche ed eleganze formali e di contenuto percependo allo stesso tempo la drammaticità di questioni vere ed esistenziali. Il precariato come perno di un sistema socio-economico, forza di un metodo di condurre le vite altrui da parte di chi si trova in una condizione di vantaggio senza possedere virtù o morale. Eccezionale anche la resa delle conseguenze di ciò sulla vita di coppia e sul rapporto con gli altri.
Full Monty (Peter Cattaneo - 1997)
Un film in grado di far ridere
sulla disoccupazione. Ma non solo, ci sono anche l’umiliazione dell’ozio obbligato,
la perdita del lavoro che si trasforma in perdita di identità e autostima e la
presa di coscienza del proprio corpo. Il tutto è raccontato con intelligenza,
leggerezza, rispetto e affetto.
Ma ne ho visti solo tre... Va beh, erano i migliori.
RispondiElimina😜