lunedì 1 maggio 2017

1° MAGGIO 2017 - Il Lavoro al Cinema


Chicago, 11 novembre 1887. Quattro operai, quattro organizzatori sindacali e quattro anarchici vengono impiccati. Colpevoli di Primo Maggio. Giustiziati perché l'anno precedente, il primo giorno di maggio del 1886, avevano organizzato uno sciopero e una manifestazione, per chiedere che l'orario quotidiano del loro lavoro venisse limitato a otto ore.
La festa dei lavoratori ricorda in tutto il mondo il loro sacrificio, le tante altre stragi del lavoro che sono avvenute da allora e le lotte che hanno consentito al movimento internazionale dei lavoratori di conquistare diritti e libertà rimessi costantemente in discussione e mai scontati.

Questo lunedì 1° maggio 2017 la serie “Citazioni Cinematografiche” si concede una pausa, per lasciare spazio ad una riflessione interna al mondo del cinema.

Quello del lavoro, delle sue caratteristiche, dei suoi problemi ed evoluzioni è un mondo complesso, che il cinema ha saputo e continua a raccontare attraverso lo sguardo di registi che hanno dedicato il loro, di lavoro, a illuminarne i volti, gli aspetti belli e quelli drammatici, i lati gloriosi e quelli bui.

Di seguito 10 pellicole scelte per festeggiare il Primo Maggio:

Tempi Moderni (Charlie Chaplin - 1936)
Chaplin denuncia l’alienazione del lavoro in fabbrica nella sua ultima apparizione nelle vesti del Vagabondo: Charlot che avvita bulloni in accelerazione convulsa, Charlot a cavalcioni di giganteschi ingranaggi, alienato, disoccupato, sfruttato, anche innamorato e infine sulla strada verso un futuro incerto, ma non più solitario.

Tutta la vita davanti (Paolo Virzì - 2008)
Una commedia che suscita un sorriso amaro e un po’ fa arrabbiare: uno sguardo sul mondo del precariato, in particolare su quello dei call center.













Risorse umane (Laurent Cantet - 1999)
Il film intende far riflettere sulla pratica dei licenziamenti per razionalizzare la forza lavoro interne alle fabbriche. Un operaio francese riesce a fare frequentare, con profitto, l’università al proprio figlio. Il ragazzo viene mandato come stagista nella fabbrica dove lavora il padre.

Sciopero (Sergej Michajlovič Ėjzenštejn - 1925)
Provate ad organizzare uno sciopero “vero” di questi tempi, se ne vedrebbero e sentirebbero delle belle, o meglio delle brutte! Non poteva mancare quest’opera, che, nonostante la smaccata propaganda, presenta una magistrale tecnica espressiva ed eccezionali doti registiche. Nel 1912, anno di ambientazione del film, la Russia è ancora governata dallo zar. Un lavoratore viene ingiustamente accusato di aver rubato. Amareggiato si suicida, impiccandosi in fabbrica. Gli operai scioperano per protestare contro l’ingiustizia. Vanno avanti per giorni e quando arriva la polizia a cavallo ha inizio un massacro. Gli Yo-Yo Mundi anni fa musicarono l’opera.

La classe operaia va in paradiso (Elio Petri 1971)
Vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972, il film racconta la classe operaia, i ritmi lavorativi, il rapporto alienato degli operai con la macchina e i tempi di produzione e fa riflettere sul periodo degli anni 70 in Italia, con il movimento studentesco, ritratto troppo distante e “astratto” dai reali problemi degli operai, e i sindacati, considerati collusi con i padroni con cui concertano e decidono della vita degli operai stessi. Non manca una considerazione più “privata”, con l'alienazione dell'uomo-macchina che continua anche nella vita di tutti giorni, contaminando i rapporti personali.

We want sex (Nigel Cole - 2010)
Ispirato a fatti realmente accaduti, il film racconta lo sciopero del 1968 di 187 operaie alle macchine da cucire della Ford di Dagenham. Costrette a lavorare in condizioni precarie per molte ore e a discapito delle loro vite familiari, le donne, guidate da Rita O’Grady, protestarono contro la discriminazione sessuale e per la parità di retribuzione.

Smetto quando voglio (Sydney Sibilia - 2014)

Da pochi mesi uscito nelle sale il seguito, il film è una commedia dolce-amara, che grazie ad un’ottima sceneggiatura e ad un buon ritmo che non cede neanche un istante, racconta la mancanza di lavoro, la cecità di una classe di amministratori, il precariato, il vuoto d’identità di molti giovani italiani generato dal vuoto di impiego e dalla mancanza di prospettive.

 

 

 

Bread and Roses (Ken Loach 2000)

Il regista britannico Ken Loach ha posto tra i temi centrali dell’intera sua opera cinematografica diversi temi sociali, tra i quali non poteva mancare il Lavoro. “Bread and Roses” forse non è il  migliore da proporre, ma con tutta probabilità il più “godibile” anche per chi non fosse particolarmente avvezzo alla sua produzione. 

 

Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorni e Nuvole (Silvio Soldini - 2007)

Una riflessione sull’incertezza del lavoro, l’ansia del futuro e le conseguenze sull’armonia e stabilità familiare. Lo sguardo acuto ed originale del regista permette allo spettatore di gustare un’opera ricca di connotazioni estetiche ed eleganze formali e di contenuto percependo allo stesso tempo la drammaticità di questioni vere ed esistenziali. Il precariato come perno di un sistema socio-economico, forza di un metodo di condurre le vite altrui da parte di chi si trova in una condizione di vantaggio senza possedere virtù o morale. Eccezionale anche la resa delle conseguenze di ciò sulla vita di coppia e sul rapporto con gli altri.

 

 

 

Full Monty (Peter Cattaneo - 1997)

Un film in grado di far ridere sulla disoccupazione. Ma non solo, ci sono anche l’umiliazione dell’ozio obbligato, la perdita del lavoro che si trasforma in perdita di identità e autostima e la presa di coscienza del proprio corpo. Il tutto è raccontato con intelligenza, leggerezza, rispetto e affetto.
 




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