Le
copertine dei 33 giri, i dischi in vinile, hanno una lunga
storia di arte ed espressività, in particolare quelle risalenti agli
anni 60 e 70. Vere opere d'arte spesso firmate da illustratori e
disegnatori di fama mondiale o che di lì a poco lo sarebbero
divenuti. Negli anni 80, modificandosi la cultura e
l'immaginario, cambiando gli stili musicali ed i look di gruppi e
cantanti, si virò verso le foto, spesso patinate, che sovente
campeggiavano sulle copertine dei dischi maggiormente venduti.
Agli
inizi della mia non particolarmente originale adolescenza avevo preso
l'abitudine di frequentare un paio di negozi di musica ed altri
articoli vari, dove erano presenti sia dischi in vinile che cd,
ancora spesso troppo costosi per le mie tasche, perciò mi
accontentavo di “sfogliare” file e colonne di dischi e cd.
Non
era raro che rimanessi colpito, incuriosito, a volte persino
affascinato dalle foto e dalle immagini presenti su questi,
dispiacendomi molto di non poter leggere e ammirare liberamente il
contenuto dei booklet interni.
Una
volta mi capitò sotto mano “Boy”
degli U2,
album del 1980. La copertina ospitava un bambino, il volto spaurito
ed il petto nudo, che incrociava le mani sulla nuca. Al di là
dell'impatto delle canzoni, che un generoso addetto alla vendita mi
fece ascoltare in tre distinte occasioni all'interno del negozio,
quella copertina mi colpì molto. Il viso del bambino, che ancora non
sapevo chi fosse, sembrava così immediato e chiaro come buona parte
delle tracce del cd, tanto da rimanere nella mia mente strettamente
legato a brani come “I Will Follow” o “A Day Without Me”,
“The Electric Co.” o “An Cath Dubh/Into the Heart”.
Qualche
settimana dopo, in un altro negozio, sotto la lettera “U”, dopo
Ultravox e Ute Lemper (chiaramente
ancora troppo per me allora),
ritrovo ancora gli U2. L'album questa volta è “WAR”
del 1983, quello di
“Sunday Bloody
Sunday” per
intenderci.
Il
bambino sulla copertina mi sembra proprio lui! Cavolo sì, è proprio
lui! Ma l'effetto è diverso, fa quasi impressione. A valutare dalla
data indicata sono passati appena tre anni fra i due scatti, eppure il
suo volto è molto diverso. Dalla
tenerezza si passa ad una cupezza definita, non più dolcezza e
tenerezza infantile, ma uno sguardo triste ed allo stesso tempo
risoluto.
Le mani dietro la
nuca se nel primo caso sembravano richiamare una spensieratezza da
gioco fra amici, ora appaiono come quelle di un ragazzo pronto a
confrontarsi con gli adulti, senza concedere sconti di alcun genere o
condiscendenze di sorta.
Con
il tempo avrei capito che, in fondo, poteva risultare una metafora
della musica del gruppo irlandese. Ancora energia da vendere, corse
verso il mondo affamate di vita e di stimoli, ma anche un sottile
tormento e la fatica di vivere una realtà, privata e
pubblica, a tratti insostenibile e che inquieta e fa arrabbiare allo
stesso tempo.
Nessun commento:
Posta un commento