giovedì 10 maggio 2018

Un Uomo solo al Comando?

Un Uomo solo al Comando?

Recentemente parlavo con un giovane collega di Politica e di partiti politici.
La cosa purtroppo non è così frequente, tanto meno scontata e mi rendo conto che pago e magari un po' patisco la distanza anagrafica fra chi, come me, è nato negli anni 70 ed ha conosciuto i “partiti storici”, italiani e non solo, ed un giovane uomo per cui nomi come Occhetto, Craxi, Clinton, Blair o Schroeder (non il piccolo pianista amico di Charlie Brown) stanno accanto a quelli di Garibaldi ed Enrico VIII.

Per farla breve il mio curioso e simpatico interlocutore si stupiva del fatto che il PD avesse indetto un Congresso straordinario due mesi dopo la “scoppola” rimediata alle ultime Elezioni Politiche. O meglio, si chiedeva, in fondo, che diavolo fosse un Congresso, non a cosa potesse servire (in merito al PD me lo chiedo anch'io, ma per ragioni differenti), ma proprio cosa indicasse il termine.


Ed io giù a raccontargli di come un tempo PCI, PSI, DC periodicamente si radunassero in momenti collettivi, dove i vari esponenti si confrontavano su temi e prospettive, si presentavano e votavano mozioni, si eleggevano segretari e segreterie, si componevano direzioni, si litigava su tesi e interpretazioni, nascevano correnti e così via. Stupore e incredulità negli occhi del paziente collega, che faticava a capacitarsi di come ci fosse bisogno di nominare delegati, ascoltare discorsi fiume, votare su programmi e discutere su parole e messaggi come “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre”, “convergenze parallele”, “unità nazionale”, “eurocomunismo” e altro ancora.

La confusione e lo smarrimento aumentava nel momento in cui accennavo al concetto di “strutture intermedie”, ovvero quelle che un tempo caratterizzavano le democrazie dell’Europa occidentale: le sezioni, le associazioni, i circoli politici, le organizzazioni giovanili che preparavano i futuri leader, i sindacati e altro ancora che svolgevano l'importante ruolo di connessione e contatto tra la politica a livello locale/statale e gli individui, fossero iscritti/attivisti o semplici simpatizzanti.

Tutto questo fa ormai parte della Storia, solo parvenze di ciò che un tempo fu rimangono, sbiadite ed incolore, in una marginale parte delle forze politiche attualmente presenti sullo scenario europeo. Prevale la ricerca di un leader, che rende obsoleta e fastidiosa ciò che ormai viene considerata una sovrastruttura, antica e perniciosa. La rappresentanza non viene cercata attraverso passi intermedi, che ricevano e trasmettano, bensì mediante la individuazione di un leader, unico e totale, a cui rivolgere una forma inedita e riveduta di culto assoluto, persino al di là di temi e riflessioni, messaggi e visioni politico-sociali.


La figura del Segretario, per quei casi in cui sia ancora nominalmente presente, non riveste più il ruolo che aveva un tempo, ovvero capace leader cresciuto nella e attraverso la partecipazione, imparando ed allenandosi a divenire tribuno del popolo, nell'accezione più positiva dell'espressione, al vertice ed al servizio di movimenti sociali ben radicati, con ambizioni politiche collettive. Situazione ancora più sconsolante in quelle formazioni politiche che non prevedono alcun processo democratico di investitura e riconoscimento di leader, o che, coscientemente e con calcolato opportunismo e plateale ruffianeria, si negano la qualifica di Partito.

Si sono smarrite le connessioni tra sindacati, cooperative, sezioni di partito e lo Stato, che hanno fatto sì che ci fosse vera politica rappresentativa, ovvero che si creasse e curasse il collegamento fra la politica rappresentativa stessa ed una più ricca rete di coinvolgimento, che per decenni ha fatto sentire partecipi milioni di cittadini.


Le varie crisi che si sono succedute negli ultimi 20 anni hanno smantellato molto, se non proprio tutto, ed è mancata una adeguata risposta della Politica, della Sinistra in particolare. Ora agendo una brusca e non proprio culturalmente onesta, sotto il profilo storico-culturale, ellissi a livello temporale, giungo agli ultimi anni. I nuovi partiti/movimenti di fatto si presentano quali mere macchine propagandistiche in permanente campagna elettorale, megafoni di voci, trasmettitori di slogan mutevoli e cangianti secondo i calcoli del momento, veicoli elettorali piuttosto che raggruppamenti politici quali soggetti portatori di una visione, di una idea, di una modalità di interpretare, studiare il territorio e amministrare. Non ci sono o hanno perso importanza le sezioni, i circoli, le assemblee territoriali o qualcosa che anche solo vagamente possa assomigliare ad una struttura democratica interna.


Così M5S in Italia, Podemos in Spagna e altre sigle in Europa hanno fatto proprio il modello che 24 anni fa Forza Italia introdusse e che ha praticamente reso l'unico in cui per molti di noi sia possibile riconoscere la Politica del 21° secolo: leader carismatici che sanno utilizzare/manovrare i media, che non si definiscono politici di professione, che si circondano solo di fedelissimi che non possano fargli ombra o sostituirli, che affermano di lottare nel nome della gente contro caste, élite, poteri forti o chissà cos'altro che non rappresentino la suddetta gente, nonostante all'interno della loro entità politica non esistano strutture democratiche, o quelle esistenti siano svuotate di ruolo e significato. Non c'è più l'iscritto, il militante, il simpatizzante attivo, bensì si cerca, si crea e si stimola il “tifoso”. 

 

Così si spaccia per democrazia diretta il culto di un “deus ex machina”, agognato e riconosciuto, che si faccia carico di pulsioni e che “liberi” il popolo dalla fastidiosa partecipazione alla vita politica, roba sporca e che corrompe. In “aiuto” del leader si organizzano votazioni on-line, referendum su piattaforme telematiche od organizzate in un pomeriggio, tali da rendere inequivocabile una investitura “popolare” ed allo stesso tempo facili da manipolare, smentire o ribaltare.

Si assiste e siamo pertanto al medesimo tempo protagonisti di una declinazione post-post moderna del modello partitico, che ne viene svuotato di ogni connotazione di stimolo alla partecipazione (e quindi alla libertà ed alla interpretazione critica dei messaggi e della realtà), in favore di un culto messianico, giocato esclusivamente sul campo dei media, che si risolva nell'essere fan di uno o dell'altro. Condivisioni di post, “like” come se piovesse, slogan vuoti ma facili da imparare a memoria per essere ripetuti come mantra in ogni occasione e tutto l'armamentario a metà fra tifo da stadio e talent show.



Il declino della partecipazione democratica è così reso ancora più veloce, per la gioia dell'”eroe popolare”, che si serve della gente, del popolo, dei fan, per non essere disturbato nella sua autoreferenziale azione di protezione della propria carica, sia esso padrone del proprio ruolo o mero esecutore delle volontà di chi lo ha fatto arrivare dove si trova, sia un self made man od un soggetto eterodiretto.

La Sinistra? Rientra nello sconsolante scenario attuale. Al suo interno, storicamente, ci sono stati casi di culto del leader, al limite dell'idolatria. A lungo ciò è risultato funzionale, poiché consci del ruolo Segretari e Leader hanno utilizzato il proprio ascendente e le proprie abilità nello stimolo e nell'invito rivolto alle masse ad interessarsi alla vita politica, non limitandosi a esserne mero eroe, sapendo anche interpretare ciò che fosse utile e buono per le stesse masse, agendo con lungimiranza e visione prospettica. Ora, per le trasformazioni sociali ed economiche che subiamo e che facciamo radicalizzare per ignoranza, incapacità o anche solo pigrizia, l’azione collettiva non è più un'opzione praticabile, se non per questioni marginali e meno che locali, per cui è diventato difficile ristabilire una più profonda azione di coinvolgimento. Quindi rischiamo l'implosione culturale che ci porti ad essere spettatori in un mondo in cui la politica sia coincidente e declinata quale culto dell’uomo solo al comando. Pertanto si sostiene con parole e slogan e si vota uno schieramento politico in quanto emanazione di una figura forte, unica incarnazione di un solo carattere, non di un ideale o di una opzione, e quindi facile a cadere in disgrazia nel momento in cui ciò che era il “nostro” eroe ci diventa antipatico, non più utile oppure scomodo, coinvolgendo nella sua caduta l'intero partito o quello che ne era rimasto.







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