martedì 4 dicembre 2018

Captain America, al cinema con la Marvel



Captain America all'interno del progetto in fasi della Marvel e del Marvel Cinematic Universe è giustamente uno dei personaggi principali. Compare in diversi film della serie, dando il suo contributo in termini di azione, pensiero e spettacolarità. Si intende con alcuni Avengers, con altri è spesso in disaccordo se non addirittura ne contrasta la funzione e le azioni.

Sono alla data attuale tre i film Marvel Cinematic Universe che portano il nome di Captain America nel titolo, pertanto sull'onda dell'entusiasmo di alcune recenti chiacchierate vado a parlarne sinteticamente senza far mancare il per me sempre divertente gioco dei voti.

 Captain America – Il Primo Vendicatore (2011): uscito nelle sale in occasione del 70° anniversario della prima commercializzazione del fumetto a lui ispirato, nonché dell'entrata in guerra degli USA nel secondo conflitto mondiale, quest'opera offre i pregi ed allo stesso tempo i difetti di tale operazione. Con l'idea (la pretesa?) di rimanere fedeli al personaggio cartaceo, sceneggiatori e regista rimangono un po' intrappolati nell'allineamento ai testi originali. Cosa non necessariamente negativa in linea di principio, ma poiché il buon Captain fu creato anche con intenti patriottici, se non proprio per sposare la causa interventista negli USA e con più di qualche risvolto necessariamente militarista se non peggio, probabilmente una maggiore attenzione alla caratterizzazione e conseguente attualizzazione del personaggio sarebbe stata opportuna. Punti di vista, certo, ma scene d'azione a ripetizione, anche se non proprio tutte coordinate ed anzi qualcuna troppo caotica e poco coreografata, uno scudo che vola verso lo spettatore e una serie di buoni sentimenti sparati quasi a caso senza efficace sceneggiatura, non nascondono la natura primigenia della creazione di Captain America, che odorava e anche qui odora di retorica militarista. Non troppo smaccata, ma comunque evidente. Va bene, Captian America è uno dei primissimi personaggi della Marvel, il soldato perfetto e mutante, il difensore degli oppressi contro la barbarie nazista e (anche) le sue deviazioni eugenetiche, per cui se ci si vuole mantenere sostanzialmente fedeli al fumetto, Joe Johnston alla regia ed i suoi collaboratori hanno avuto vita difficile nel riproporlo, di fatto evitando fin troppo la necessità o comunque la possibilità di aggiornarlo, ripulendolo magari della funzione di propaganda pre-bellica americana, allora tutta incentrata sull’arruolamento di giovani reclute deputate a sconfiggere Hitler.

Il cinema ed ancora prima la letteratura statunitense hanno avuto personaggi che minati nel fisico, se non proprio geneticamente tarati, si sono poi rivelati efficaci portatori dei principi fondativi degli USA, divenendo caratteri positivi in toto, al di là di patriottismi funzionali a strategie politico-militari o commerciali di sorta. John Steinbeck con “Uomini e Topi”, il Forrest Gump di Robert Zemeckis, oppure William Faulkner nel suo “L'Urlo e il Furore”, giusto per proporre degli esempi. Ma qui il mingherlino e poco allenato ragazzo di Brooklyn diviene un eroe grazie ad una mutazione genetica indotta, forse l'equivalente “post” di una eugenetica nazista (ho esagerato?), per cui si smarrisce quell'allure democratica e di sani principi. Detto questo ne esce un protagonista fin troppo piatto, ma alle prese con un antagonista direttamente equiparabile e proporzionale. Sul confronto fra i due la sceneggiatura avrebbe potuto insistere meglio e con maggiore cura, facendolo divenire non solo uno scontro fisico, ma anche di visioni, di principi, di valori, così da rendere il film più degno di essere visto. 

C'è da dire che la recitazione di Chris Evans nei panni del Captain non aiuta affatto, come se anche lui fosse rimasto intrappolato nell'operazione, senza riuscire a mettere del suo in un'opera che avrebbe potuto essere di più, non necessariamente migliore, ma con maggiore coraggio una cosa diversa e sicuramente più intrigante.
Voto: 5



Captain America – The Winter Soldier (2014): tre anni dopo la Marvel (con la Disney) ci riprova e per l'occasione cambia regista, scelta alla luce del risultato più che azzeccata, dal momento che i fratelli Russo riescono dove chi li ha preceduti ha fallito. Il nostro Captain, dopo l'avventura con gli Avengers, si ritrova a vivere nel 21° secolo, per cui la già auspicata attualizzazione del personaggio si rende quanto mai urgente e necessaria. Anthony e Joe se ne rendono conto e lo fanno a modo loro, ma anche bene, nonostante l'attore protagonista risenta ancora di una certa fissità e rigidità che in alcune scene depotenzia l'effetto complessivo. 


Al fine di non commettere lo stesso errore di Johnston, a dirla tutta un po' costretto dall'ambientazione anni 40 del primo film e dalla costruzione “solitaria” dell'eroe, i registi mettono ben a frutto la sceneggiatura, che prevede due validi supporti al Captain, molto più di comprimari, a cui donano spazio e complessità che loro ben introiettano e sfruttano. Natasha Romanoff (Vedova Nera) e Falcon donano possibilità e valide soluzioni all'azione come anche all'approfondimento, permettendo persino al Captain di essere meno monolitico (anche nell'espressione) e più complesso, con dubbi, riflessioni e domande che ne consentono una certa evoluzione e maturazione, sia come individuo che come membro degli Avengers. Il fatto poi che l'antagonista, il Soldato d'Inverno appunto, sia il suo più grande amico di gioventù, quella vera, e che ci sia del marcio nello SHIELD, dona ulteriore gusto a quello che risulta un buon thriller di spionaggio travestito da film di supereroi.

Gli effetti speciali, gli inseguimenti e le esplosioni sono ben coordinate e coreografate, si amalgamano bene non solo tra loro (efficaci le coppie simmetriche, tra cui una che vede coinvolto Fury/Samuel L. Jackson) ma anche con le parti meno fisiche e più dialogate, sebbene queste in alcuni punti rischino eccessiva verbosità. Il buon Captain si guarda allo specchio e riflesso in ciò che dicono e fanno alleati e nemici, dando così spazio ad una maggiore complessità, che permette di patire un po' meno la recitazione di Chris Evans. 
Quest'ultimo funziona meglio se supportato dalle acrobazie di una apprezzabile Scarlett Johansson e dall'ironia di Anthony Mackie, valore aggiunto di un'opera che, abbandonate le atmosfere da Stati Uniti baluardo della democrazia e della libertà (fin troppo superate dagli eventi degli ultimi 60 anni), fa tornare la voglia di vedere questi film, che troppo spesso si allontanano dall'essere cinema di qualità per limitarsi ad essere fra quelli che vengono, legittimamente, girati per divenire pop-corn movies da grande incasso.
Voto: 7,5



Captain America: Civil War (2016): terzo film con il nome del Capitano nel titolo, confermata la coppia alla regia e quella alla sceneggiatura, ma qualcosa scricchiola. Nulla di troppo grave, per carità, ci si diverte ed il mix di azione e spruzzata di thriller conferma la validità dell'opera, che però è fin troppo evidente quanto sia legata alla missione di collegare tra loro i film Marvel Cinematic, tirando la volata per i successivi sviluppi del gruppo dei Vendicatori ed i vari spin off che vengono periodicamente sfornati. Ad una prima parte che funziona più che bene, confermando quanto di buono goduto nel precedente, in questo film la seconda frazione diviene un'opera collettiva che a fatica i protagonisti ed i registi riescono a tenere unita, peggiorandone la qualità generale.

Proviamo a procedere con ordine: la base di partenza è il fumetto Civil War di Mark Millar, che prendeva la sua ragione di scontro e divisione fra i membri degli Avengers dagli anni post 11 settembre 2001 (il fumetto è del 2006), con tutto il contesto delle guerre in Afghanista ed Iraq, le conseguenze interne agli USA ed insomma una precisa fase storico-sociale e visione della storia americana (ma non solo, anche se il fumetto su quella si concentrava). Inevitabilmente, ed opportunamente a mio avviso, la versione cinematografica se ne discosta per il respiro più ampio, concedendo purtroppo qualcosa alla comunque possibile ambizione a livello concettuale e culturale. Declinando il tutto sul versante internazionale e non esclusivamente interno, si rinuncia a stringenti riferimenti alla cronaca ed all'attualità, perdendo di vista la Storia e riducendo quello che poteva avere un sapore ed un respiro epico-romantico ad uno scontro tra due primedonne. Due di cui una che lo desidera veramente e con evidente atteggiamento vanesio, ovvero Tony Stark/Iron Man, l'altra che si ritrova ad esserlo quasi suo malgrado, fedele agli ideali fondativi di una nazione e della sua personale missione e ragione di esistenza (o creazione?), quindi Steve Rogers/Captain America. Ma la pecca sta nel motivo e motore dello scontro, che nel corso della vicenda sembra divenire solo ed esclusivamente una storia di lealtà e amicizia da riconquistare: quella dello stesso Steve Rogers col Soldato d’Inverno Bucky Barnes, qui di nuovo col volto di Sebastian Stan, restringendo il dramma ad una pur onorevole motivazione. Così però si abbandona il resto e la visuale ne viene modificata, mettendo in secondo piano i livelli più alti sotto il profilo di ideali e riflessione su Democrazia, Potere e Responsabilità.

Lo sviluppo subisce una cesura dopo una prima promettente frazione, in cui il Soldato d'Inverno svolge al meglio il suo ruolo di motore drammaturgico, a cui segue una fase più collettiva ma allo stesso tempo più caotica e motivo di confusione. Arrivano in modo non propriamente in linea con la drammaturgia Peter Parker/Spider Man e Ant Man, che bruscamente trasformano il film, che stava funzionando bene ma che in seguito mostra qualche limite. Si perde il già accennato sapore epico, vengono mandate alle ortiche varie suggestioni interessanti e si nota come i due registi siano forse maggiormente a loro agio con la declinazione delle gesta superumane su un piano terreno, ovvero interno agli ingranaggi di un potere invisibile e pervasivo (come ottimamente nel film precedente), mentre abbiano difficoltà a dosare gli elementi autoironici e quella audace leggerezza di tocco forse necessari per gestire quella componente smitizzante, parte integrante delle opere Marvel. Facendolo divenire un costoso crossover i fratelli Russo fanno perdere incisività al film, che senza mordente non trova più utili meccanismi di creazione della tensione, smarrisce le sue migliori qualità e si trova costretto a puntare pressoché tutto sul processo di normalizzazione e dilatazione delle scene d'azione, prima fra tutte lo scontro collettivo fra supereroi, di cui disturba non solo la ingiustificata lunghezza ma anche l'ironia poco apprezzabile e fuori contesto (i già citati Spider Man e Ant Man ne sono le principali cause).  
Allora in seguito si privatizza lo scontro, lo si fa divenire un “confronto a due”, per riuscire a far quadrare il cerchio, a recuperare la narrazione che deve continuare per i prossimi sviluppi nei futuri film ed allo stesso tempo chiudersi per quanto riguarda questo episodio/non episodio. L'elemento di disunità che si notava viene sfumato, con un certo mestiere va riconosciuto, ma se il tuo film dura 2 ore e 20 minuti non puoi aspettarti che il pubblico non dia segnale di averlo avvertito.
Voto: 6,5





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