giovedì 21 febbraio 2019

Un topo oltre Topolino: Brisby e il segreto di NIMH

Quando mi trovo a parlare di cinema d'animazione con qualcuno ben al di sotto dei 30 anni spesso devo fare i conti con qualche abitudine consolidata, da parte mia e loro s'intende, ed anche con il fatto che per buona parte di loro i film d'animazione partono essenzialmente da Toy Story (con uso del computer e stilemi di caratteri che lo connotano irriducibilmente). Ebbene i miei interlocutori danno per scontate determinate tecniche ed anche per unica una modalità d'approccio alla narrazione ed alle immagini. Perciò noto la tendenza a semplicistiche, ma in fondo non del tutto colpevoli, distinzioni ed a qualche tutto sommato innocuo pregiudizio.





Questo però rende loro più difficile considerare e approcciarsi a prodotti più vecchi, differenti per tecniche utilizzate, per scrittura e narrazione (tema a me sempre molto caro). Per fare un esempio, senza cadere sempre nell'animazione giapponese ed i suoi “mostri sacri”, recentemente ho fatto cenno ad un film del 1982 per la regia di Don Bluth, “Brisby e il segreto di NIMH”.


Fino a qualche anno prima il buon Don Bluth aveva lavorato per più di vent'anni per la Disney, collaborando a diversi successi della “Casa del Topo”, senza però essere riuscito ad esprimersi compiutamente come avrebbe voluto. Destino tra l'altro condiviso con altri grandi artisti, fra cui Tim Burton e John Lasseter (sì proprio il regista di “Edward Mani di Forbice” ed il fondatore della Pixar). Ebbene, una volta lasciata la Disney che cominciava un non breve periodo di crisi creativa e artistica, Bluth fondò una sua casa di produzione ed il primo lungometraggio fu proprio “Brisby e il segreto di NIMH”.

Ironicamente mise a protagonista del film un roditore, infatti lui ed i suoi collaboratori lavorarono all'antropomorfizzazione dell'animale simbolo dell'ex datore di lavoro: un topo. Così una graziosa topolina è al centro della storia, una giovane madre rimasta vedova e costretta ad affrontare un tumultuoso trasloco dalla comoda tana in cui vive. Dal punto di vista tecnico tutto nella tradizione, forse anche con un certo gusto di antico, ma il momento è storico. Ovvero la prima vera sfida alla Disney, che se non otterrà poi grande successo al botteghino comunque negli anni a seguire si rivelerà un buon prodotto, con più di un elemento tecnico e di costruzione della storia che ancora oggi dicono la loro.



Per farla breve “Brisby e il segreto di NIMH” è un film che intende presentarsi come fuori dal proprio tempo, quasi demodé, o meglio sospeso in un limbo che per conquistare una sua immortalità volge lo sguardo con struggente tenerezza al passato. Ancora oggi è come se si compisse un viaggio a ritroso, dal punto di vista tecnico, ma così facendo il film riesce a salvarsi dalle inevitabili usure del tempo, quelle che hanno colpito ed ancora colpiscono i prodotti che rincorrono i gusti del pubblico moderno e le mode del momento (ottenendo grandi incassi, si intende, ma avviandosi ben presto all'oblio ed all'essere superati da altri appetiti). Anche grazie a qualche scena “scura” e ad un sapiente utilizzo del buio e della luce, sia in senso fisico che come concetti, a distanza di quasi quarant’anni dalla sua realizzazione la storia di Brisby, tratta da un romanzo di Robert C. O’Brien, è ancora straordinariamente attuale. Merito del messaggio ecologista, senza dubbio, con la denuncia e anche la ridicolizzazione degli esperimenti umani sui topolini, ma anche del linguaggio cinematografico, elegantemente morbido, ricco di sfumature, e della sceneggiatura nobilmente semplice così da essere godibile e rigodibile.

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