Riguardo a
“Il Cacciatore” di Michael Cimino moltissimo è stato
scritto, pertanto non ho la pretesa di trattare qualcosa di nuovo od
insolito riguardo a quello che rimane, a quarant'anni di distanza, un
grande film. Mi piace comunque, seguendo la mia personale idea di
cinema, sottolineare la forza narrativa dell'opera, che
risiede anche, ma forse soprattutto, nella scansione dei capitoli
temporali e nel ferreo rigore che sublima, superandolo per certi
versi ma allo stesso tempo esaltandolo, la componente maggiormente
narrativa del film, così da portare in evidenza la portata
romanzesca del racconto stesso.
“Il
Cacciatore” ha quello che si potrebbe definire un prologo,
una presentazione, pare incredibile che sia della durata di un terzo
dell'intero film, ma che tale rimane in tutto e per tutto. Con
rapidi, potremmo definirli rapinosi movimenti di macchina, fluidi e
spesso discendenti dall’alto, l’autore sceglie di costringere lo
spettatore ad immergersi completamente in un luogo, in una realtà,
che è assolutamente già data, per nulla “spiegata” e che scorre
come un flusso continuo sotto i suoi occhi, un flusso che poi
continua per l'intera durata, idealmente iniziato prima e finito dopo
il film. Esemplare in tal senso è la
presentazione dei protagonisti, cinque operai della cittadina di
Clairton in Pennsylvania: Michael (Robert De
Niro), Nick (Christopher
Walken), Steve (John
Savage), Stan (John
Cazale) e Axel (Chuck Aspegren), colti
nell’incipit del film al lavoro nella locale acciaieria. Seguono i
caratteri e gli accadimenti che orbitano intorno a loro, ma a cui
loro stessi orbitano attorno, in uno scambio di ruoli e funzioni che
hanno il pregio di farci vedere tutto, senza bisogno di dialoghi o
voci fuori campo che ci illustrino quanto osserviamo, che ci
spieghino qualcosa. Il dopo lavoro al bar, la caccia in montagna, i
preparativi per il matrimonio ed il matrimonio stesso, dove c'è una
delle scene maggiormente significative e bella da vedere, ci
raccontano di una realtà e di una serie di personaggi, uomini e
donne (tra cui una ancora giovane e
relativamente poco conosciuta Meryl Streep).
Ebbene, dopo
quello che sembra quasi un film a sé stante, la cui lunghezza (più
di un'ora) si rivela poi necessaria nel corso
della visione del film e dell'intera narrazione, ancora di più una
volta giunti all’epilogo, si passa ai successivi ideali capitoli.
Cinque capitoli
quindi, che hanno la peculiarità di una durata decrescente e di una
contrazione del numero dei personaggi: la città di Clairton con i
cinque amici, il Vietnam con solo tre di loro, il rientro a Clairton
di Mike (da qui in avanti unico
protagonista del film), il suo viaggio
in Vietnam per cercare Nick, infine il ritorno a casa.
Tutto si contrae progressivamente in Il
Cacciatore: il tempo, i personaggi, i
loro sogni.
Non procedo
oltre, anche solo per questa caratteristica il film dovrebbe essere
visto. Poi ci sono i temi della perdita, della sconfitta personale e
collettiva, del destino di ogni individuo e di una Nazione, della
morte e del dolore, delle radici e dell'identità. Inoltre il film è
un romanzo di formazione, di passaggio di età, di scoperta e ricerca
di un'appartenenza, un messaggio al pubblico “di casa” ed un
invito a quello “di fuori”. Ma sono altre storie, altre
questioni, che ogni spettatore, vecchio o nuovo, merita di gustare
totalmente.
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