Ero molto
incuriosito e forse anche impaziente di vedere “Polar”
prodotto da Netflix, per cui appena avuta una serata disponibile mi
sono organizzato per farlo. Il film con Mads Mikkelsen è
tratto dall'omonimo graphic novel e la cosa si nota per uno
spettatore affezionato a quella parte del genere noir dove l'azione è
continua ed il ritmo serrato. In questo adattamento cinematografico
ci sono passaggi un po' tirati e qualche momento di “stanca”,
probabilmente a causa di una scrittura che cerca di far convivere più
temi e suggestioni tipici del genere, senza riuscire del tutto a
trovare un accettabile equilibrio fra di essi.
Intendiamoci,
le ambientazioni e la cura dei dettagli sono mirabili ed efficaci,
anche le musiche svolgono bene il loro ruolo, ma il film a mio parere
si basa fin troppo sulle spalle del protagonista, il già citato
Mikkelsen che qui è anche produttore esecutivo. Il suo killer
prossimo alla pensione, obiettivo delle gesta di altri killer
ingaggiati per ucciderlo, è un bel personaggio, che incarna
caratteri e tipi propri del noir-thriller, ma l'attore danese non è
riuscito a gestire da solo due ore di film, poco supportato, come è,
dagli altri personaggi, non tutti sufficientemente caratterizzati e
sviluppati, quando non si cade nella caricatura.
Violenza
a profusione, sangue che gronda praticamente in ogni fotogramma,
sesso francamente eccessivo ed in almeno un caso utilizzato
arbitrariamente (quasi come a voler
intercettare alcuni gusti non propriamente afferenti all'arte
cinematografica), ma
al tutto sembra mancare quella auspicabile forma d'ironia che invece
avrebbe smorzato ed allo stesso tempo reso accettabile la generosa
dose di pallottole, pozze e schizzi di materiale ematico.
A parte qualche momento in cui sembrano provarci, la sceneggiatura ed
il regista Jonas Åkerlund mostrano di prendersi fin troppo sul
serio, non intuendo che quando si sceglie di andare “sopra le
righe” sarebbe utile introdurre elementi e dettagli che mostrino
come se ne abbia la consapevolezza e quindi, senza scadere nella
macchietta, si possa anche far sorridere o anche ridere lo
spettatore.
Dal
momento che la trama, o quantomeno il punto di partenza, non è
originalissimo, bensì fin troppo spesso utilizzato e visto, basare
tutto “Polar” sul Black Kaiser di Mikkelsen si rivela una scelta
non azzeccatissima e le numerose scene da estetica
di videoclip, con toni
esagerati e un tantino nevrotici, peggiorano la situazione, in
particolare quando si tenta la via di un velleitario minimalismo
nelle immagini che vi si dovrebbero contrapporre.
Forse
il film potrebbe soddisfare i fan dell'ultraviolenza un po' fine a se
stessa, quelli che apprezzano qualche tetta e culo sparati per
riempire del vuoto, chi si esalta per l'ultrapop coloratissimo e
vicino alla nausea visiva, ma gli estimatori del noir e dei thriller
probabilmente avrebbero desiderato qualcosa di diverso, magari di
migliore.
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