giovedì 18 giugno 2020

Re, Principi e Federico il Grande


Noi Italiani non abbiamo una positiva, diretta esperienza di principi, probabilmente anzi abbiamo pessimi trascorsi in merito a monarchia. Indifendibili i Savoia, nel complesso mediocri ma colpevoli di pagine tra le più tristi del '900, con la vergogna del Fascismo e delle leggi razziali del 1938. Pessimi i Borbone e via dicendo, pressoché trascurabili i vari che hanno “amministrato”, per conto di monarchie ben più illustri, porzioni del territorio della Penisola.

Andando più indietro nella storia, nonché nella cultura, il pensiero va all'opera di Niccolò Macchiavelli “Il Principe”. In quella che era ancora “un'espressione geografica” Machiavelli descrive e racconta, in un qualcosa che contiene tratti di un trattato politico, di un manuale e di un vaudeville rinascimentale come, secondo la sua visione si sostanzierebbe la figura e la condotta di un regnante, di come si potesse conquistare e mantenere un “principato”. 
 
Al di là del famoso aforisma secondo cui “il fine giustifica i mezzi”, in realtà non contenuto dall'opera ma semplicistica sintesi che travia e forza alcuni passaggi dell'opera stessa, Machiavelli fu studiato e finanche preso a modello e fonte di ispirazione.
Ancora oggi si sente dire quanto sia “molto più sicuro essere temuti che amati”, infatti nel testo possiamo leggere “E gli uomini hanno men rispetto di offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere; perché l’amore è tenuto da un vincolo di obbligo, il quale, per essere gli uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto; ma il timore è tenuto da una paura di pena, che non abbandona mai”.

Inoltre noto è il seguente passaggio: “Quanto sia laudabile in un Principe mantenere la fede, e vivere con integrità, e non con astuzia, ciascuno lo intende. Nondimeno si vede per esperienzia, ne' nostri tempi, quelli Principi aver fatto gran cose, che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con astuzia aggirare i cervelli degli uomini, ed alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in su la lealtà”.

Perché, come ci disse Emil Cioran “Machiavelli sa troppo bene che un Marco Aurelio è un fenomeno raro, anzi unico, che è un'eccezione di cui è inutile tenere conto. I Tiberio, i Nerone, i Caligola, ecco la materia della storia. Ogni principe degno di questo nome si avvicina più o meno a loro; ogni principe che conosca il proprio mestiere è un mostro dichiarato o attenuato e corretto. I suoi sudditi lo meritano. Per questo Machiavelli lo mette in guardia contro i pericoli della bontà. Uno Stato non si compone né di angeli, né di agnelli: è la giungla organizzata. Tale è l'idea, talora espressa, talora sottintesa, del Principe”.

Le case regnanti europee non dimenticarono la lezione. Chi più chi meno, tutte misero in pratica molto di quanto suggerito, mettendoci anche del proprio probabilmente. Con una luminosissima ed emozionante eccezione, incarnata in Federico II Hohenzollern Re di Prussia detto "il Grande”.
Egli scrisse: “Machiavelli ... è stato criticato soltanto da qualche moralista e malgrado loro e la sua morale perniciosa è stato considerato un maestro della politica fino ai giorni nostri. Voglio assumermi la difesa dell’umanità contro questo mostro che la minaccia, opporre la giustizia e la ragione al crimine e al sofisma: ho tentato di esprimere le mie riflessioni sul “Principe” capitolo per capitolo, affinché l’antidoto seguisse immediatamente il veleno […] La storia dovrebbe eternare solo i principi buoni […] I libri di storia sacrificherebbero molto alla verità, ma l’umanità ne trarrebbe vantaggio […] tutti sarebbero convinti che la vera politica dei re, fondata sulla giustizia, la prudenza e la bontà, è preferibile in tutti i sensi al sistema incoerente e orrendo che Machiavelli ha avuto la sfrontatezza di presentare al pubblico”.

Non furono vacue parole scritte, riflessioni vuote, ma trovarono corrispondenza non solo nel suo operato di regnante, ma anche nella sua condotta quotidiana, pubblica e privata. Se ricevette l'appellativo di “Grande”, grande lo fu certo per la varietà dei suoi talenti, a partire dalla strategia militare, campo a lui non congeniale inculcatogli con una durissima educazione dal non amato padre Federico Guglielmo, ma Federico fu soprattutto un illuminato governante, capace di essere di esempio al suo Paese e aperto alle più innovative visioni di una politica sana e saggia.

Inoltre diversi dettagli della biografia di Federico, che fu Re dal 1740 alla morte nel 1786 appaiono di interesse politico, storico ma anche artistico e di costume.
Arte e cultura sono per Federico indispensabili ad un governo di successo: nota la sua amicizia con Voltaire, che visse a lungo suo ospite; noto l’ambiente raffinato e cosmopolita creato da Re Federico nella splendida reggia di Sans Souci, detta la Versailles di Berlino
 
In merito alla musica non fu un semplice appassionato o dilettante ma interprete virtuoso e musicista di talento.
Federico II compose molta musica di discreta qualità: Concerti, Sinfonie, Arie cantate e libretti d’opera, oltre a ben 121 Sonate per flauto e clavicembalo, da lui eseguite a corte con abilità e gusto in duo con l'amatissima sorella Guglielmina.
Di seguito esempi di sue composizioni.


Nessun commento:

Posta un commento