Si ha ancora bisogno di opere cinematografiche o letterarie che ci illustrino quanto fosse precluso alle donne un tempo, che ci invitino a riflettere su quanta strada sia tuttora necessario percorrere per una effettiva e concreta parità di genere in molti campi e situazioni, che evidenzino in modo serio l'urgenza di operare perché non vi siano discriminazioni in tema di orientamento ed abitudini sessuali?
Dopo aver visto “Ritratto della giovane in fiamme” la risposta sembra essere sì, in ogni caso. Altrimenti perché scrivere e girare un film come quello? Una storia d'amore senza la classica colonna sonora dei film d'amore. Un film in costume che non si risolve in una sfilata di moda del 700. Un'opera cinematografica che sembra fare a meno degli esterni, ridotti all'essenziale ed utilizzati con una rara sensibilità pittorica e grande attenzione alle luci ed ai colori. Una storia di sole donne, dove le uniche figure maschili, presenti o non presenti che siano, sono marginali e pressoché trascurabili.
Le due brave protagoniste mettono in scena una naturale sensualità, che non scade nell'esposizione triviale tanto meno nel volgare, mostrando con i loro volti, le loro espressioni ed i gesti un amore negato tra due donne, ma non solo. Vi sono anche la difficoltà e spesso l’impossibilità di essere artiste, creative, o anche semplicemente studiose e intellettuali.
Dal punto di vista prettamente cinematografico un bel po' del film assume i contorni del programmatico, con qualche sequenza per così dire “telefonata”, ma vi sono anche una sceneggiatura indovinata, felici intuizioni registiche e attenzione alla luce e a come questa incontra i volti, le mani e le emozioni delle protagoniste.
Una certa compostezza impedisce di vivere appieno le emozioni, che nello spettatore rimangono compresse, ma la regista Céline Sciamma ha così scelto, permettendo, d'altro canto, di godere di ciò che maggiormente funziona. Ovvero la teorica e pratica sovrapposizione degli sguardi della pittrice Marianne, della Sciamma stessa e della macchina da presa, con l’amoroso soffermarsi sugli occhi, sul volto, sulle mani della giovane promessa sposa Haenel/Héloïse.
In questo senso, dunque, “Ritratto della giovane in fiamme” si presenta e vale come dichiarazione d’amore, come testimonianza di quello che un tempo era negato alle donne e che oggi, alla luce del sole (non solo metaforicamente), le donne/artiste possono, o almeno potrebbero vivere.
1770. Marianne,
pittrice di talento, viene ingaggiata per fare il ritratto di
Héloise, una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per
sposare l’uomo a lei destinato. Héloise tenta di resistere al suo
destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre, Mariane
dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di
compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta un
amore travolgente e inaspettato.
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