giovedì 10 dicembre 2015

Giallo, Noir & Thriller/29


Titolo: Il Postino suona sempre due volte
Autore: James M. Cain
Traduttore: Franco salvatorelli
Editore: Adelphi - 1999

Trama semplice ed essenziale, quasi banale per “Il Postino suona sempre due volte”. Lui, lei, l’altro.
Strade polverose della Provincia Americana mortificata dalla Grande Depressione, un vagabondo senza arte né parte che cercando di rimediare un pasto si ritrova coinvolto in una spirale di passione, inganno, violenza e morte.
Lui è Frank Chambers.
Lei è Cora.
L’altro il di lei marito, il greco Nick Papadakis, proprietario della tavola calda e pompa di benzina dove Frank finisce per essere assunto.
Accetta il lavoro a causa di Cora, ed il lettore già dopo poche pagine è coinvolto nella sua ossessione per lei, che ha “un’aria imbronciata e un certo modo di sporgere le labbra che mi fece venir voglia di masticargliele.”
La passione fra i due è totale e assoluta, non ammette pause o intralci. Il marito è un ostacolo da eliminare, perché i due amanti possano continuare la loro relazione selvaggia e bollente come solo una dark lady, seppur non propriamente bella, ed uno spiantato affamato di vita possono vivere.
L’epilogo sembra già scritto e gli eventi infatti, quasi casualmente, precipitano, fino al drammatico finale.
Quello che mi rapisce, oltre la scrittura agile di Cain, scattante, al limite dell’essenziale, è la drammatica purezza emotiva dei protagonisti. Del greco Nick, tanto impegnato a lavorare e a far sua una fetta del “sogno americano”, da non rendersi conto di quanto accade accanto a lui, e quella criminale degli amanti, tanto detestabili quanto beneficiari di una certa perversa benevolenza, animati da un trasporto quasi infantile fino all'omicidio.
Nessuna introspezione psicologica, poiché ci sono solo i fatti, non da giudicare, ma da prendere così come sono, all'insegna di un noir come nessuno prima e come molti dopo cercheranno di scrivere.










Una trama che ho definito semplice, ma dannatamente efficace, tanto che persino Luchino Visconti ne fu ispirato, per il suo film opportunamente intitolato “Ossessione” (1943), anche se la versione cinematografica più nota è sicuramente la omonima, bollente, pellicola di Bob Rafelson (1981) con Jessica Lange e Jack Nicholson.


Sulla copertina dell’edizione Adeplhi c’è un’immagine del film diretto nel 1946 da Tay Garnett, e le mie simpatie vanno verso questa versione, non fosse altro che per la presenza di Lana Turner.


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