Titolo: Il Postino suona sempre due volte
Autore: James M. Cain
Traduttore: Franco salvatorelli
Editore: Adelphi - 1999
Trama
semplice ed essenziale, quasi banale per “Il
Postino suona sempre due volte”. Lui, lei, l’altro.
Strade
polverose della Provincia Americana
mortificata dalla Grande Depressione, un vagabondo senza arte né parte che
cercando di rimediare un pasto si ritrova coinvolto in una spirale di passione, inganno, violenza e morte.
Lui
è Frank Chambers.
Lei
è Cora.
L’altro
il di lei marito, il greco Nick Papadakis, proprietario della tavola calda e
pompa di benzina dove Frank finisce per essere assunto.
Accetta
il lavoro a causa di Cora, ed il lettore già dopo poche pagine è coinvolto
nella sua ossessione per lei, che ha “un’aria
imbronciata e un certo modo di sporgere le labbra che mi fece venir voglia di
masticargliele.”
La
passione fra i due è totale e
assoluta, non ammette pause o intralci. Il marito
è un ostacolo da eliminare, perché i due amanti possano continuare la loro
relazione selvaggia e bollente come solo una dark lady, seppur non propriamente bella, ed uno spiantato affamato
di vita possono vivere.
L’epilogo
sembra già scritto e gli eventi infatti, quasi casualmente, precipitano, fino
al drammatico finale.
Quello
che mi rapisce, oltre la scrittura agile di Cain,
scattante, al limite dell’essenziale, è la drammatica purezza emotiva dei
protagonisti. Del greco Nick, tanto impegnato a lavorare e a far sua una fetta
del “sogno americano”, da non
rendersi conto di quanto accade accanto a lui, e quella criminale degli amanti,
tanto detestabili quanto beneficiari di una certa perversa benevolenza, animati
da un trasporto quasi infantile fino all'omicidio.
Nessuna
introspezione psicologica, poiché ci sono solo i fatti, non da giudicare, ma da
prendere così come sono, all'insegna di un noir
come nessuno prima e come molti dopo cercheranno di scrivere.
Una
trama che ho definito semplice, ma dannatamente efficace, tanto che persino
Luchino Visconti ne fu ispirato, per il suo film opportunamente intitolato
“Ossessione” (1943), anche se la
versione cinematografica più nota è sicuramente la omonima, bollente, pellicola
di Bob Rafelson (1981) con Jessica
Lange e Jack Nicholson.
Sulla
copertina dell’edizione Adeplhi c’è
un’immagine del film diretto nel 1946 da Tay Garnett, e le mie simpatie vanno
verso questa versione, non fosse altro che per la presenza di Lana Turner.
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