In questi giorni è in programmazione nei cinema
italiani un film documentario su Steve McQueen.
Presento la mia personale cinquina di film dell’attore
statunitense morto 35 anni fa e come mio solito aggiungo due film in veste di
bonus.
La
grande fuga
(The Great
Escape), di
John Sturges (1963): ne ho già parlato a proposito dei film sulla SecondaGuerra Mondiale. Probabilmente il primo in cui ho fatto la conoscenza di Steve
McQueen, prigioniero dei Tedeschi in un campo appositamente creato per “metteretutte le mele marce in un paniere”. Volto con un sorriso coinvolgente ed
espressione beffarda, per un soldato deciso e determinato a fuggire, persino
compiendo evoluzioni in moto.
Scene Cult: lui che gioca con una palla da baseball in cella
d’isolamento.
La
prima volta
La
seconda
La
terza
Cincinnati
Kid (The Cincinnati Kid), di Norman Jewison (1965):
memorabile e da gustare il duetto fra Cincinnati Kid/Steve McQueen e Lancey
Howard/Edward G. Robinson, per un melodramma attorno al tavolo da poker, con
fine analisi psicologica e ottima resa dei caratteri, del contesto e degli
ambienti.
Scena
cult: la
scala reale di Robinson “in faccia” ad un annichilito McQueen.
Bullitt, di Peter Yates (1968):
cinico e disincantato con uno stile ed una eleganza che pochi sono riusciti ad
eguagliare, il tenente della squadra omicidi della polizia di San Francisco, interpretato
dal nostro eroe entra a pieno diritto fra i miei personaggi preferiti. Un
poliziesco sempre in movimento per questa Scena cult: un imperdibile e forse irripetibile reale
inseguimento a bordo di una Ford Mustang.
Getaway,
di Sam
Peckinpah (1972): film d’azione in cui gli stessi miti proposti vengono
bellamente presi di mira in un’opera di decostruzione tipica del regista.
Elementi tipici del film noir e del tema dell’inseguimento incontrano una non
disprezzabile indagine sulla psicologia dei caratteri. Da un romanzo di Jim
Thompson, uno dei più bei personaggi interpretati dal buon Steve, ovvero il
fuorilegge “Doc” McCoy.
Scena cult: la sparatoria nell'hotel.
Papillon, di Franklin J. Schaffner
(1973): nonostante tutto un film d’avventura, più che un documento sulla
disumanità e forse inutilità di un carcere duro. Il film gode delle ottime
interpretazioni dei protagonisti, Dustin Hoffman ed ovviamente Steve McQueen
probabilmente nella sua prova artisticamente più convincente, della
sceneggiatura drammatica tratta dall’omonimo romanzo e dell’ambientazione
esotica. È sufficiente per farne una ottima visione.
Scena cult: il finale, con l’abbraccio
fra Papillon e Louis e la famosa “frase di saluto” agli aguzzini.
Bonus:
Quelli
della San Pablo (The
Sand Pebbles),
di Robert Wise (1966): McQueen marinaio.
Tom Horn, di William Wiard (1980):
penultimo suo film in un western che assomiglia molto ad una metafora della sua
stessa vita.
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