domenica 10 settembre 2017

Dunkirk (2017) di Christopher Nolan

Un'ora, un giorno, una settimana a Dunkerque.
Dunkirk di Christopher Nolan

Nolan, come in suoi precedenti film, con Dunkirk continua a "giocare" con il tempo ed in parte anche con lo spazio fisico, con risultati stranianti per lo spettatore medio, ma anche per quello maggiormente avvezzo a prove di regia non propriamente ortodosse e ad una narrazione densa di peculiarità e tentavi di imporre uno stile.

Ciò che risulta essere carente in questo film è proprio la componente narrativa, ovvero una delle principali caratteristiche e virtù del racconto per immagini-parole-suoni. 

 
In particolare la parte relativa alla "spiaggia" (1 settimana) non ha pressoché per nulla scrittura, una sceneggiatura che racconti oltre che mostrare. Qui si sente la mancanza del fratello del regista, Jonathan Nolan, che in altri film lo affiancava nella scrittura e sceneggiatura. Meglio le parti "cielo" (1 ora) e "mare" (1 giorno). Buona la prova dei tre attori dotati di parola e trattazione/analisi/sviluppo relativa al personaggio intepretato, tra cui Tom Hardy, il Bane nel film Il cavaliere oscuro - Il ritorno, alla guida di un aereo (forse a Nolan piace farlo recitare con una maschera a coprirgli parte del volto) e Kenneth Branagh, intenso ed essenziale nelle vesti di ufficiale della Royal Navy.



È propriamente un film essenzialmente visivo, che ha il pregio una ottima fotografia con cielo vero e luce naturale, con pochi dialoghi, rigidi e strettamente funzionali, dove all'assenza di parole e racconto si intende supplire con il suono. Il risultato è che la musica di Hans Zimmer è fin troppo pervasiva, il ticchettio di fondo che cresce tende a dar noia, gli archi dopo un po' stancano.

Forse è un originale film di guerra, dove il nemico non si vede se non attraverso le sue armi, oppure non è un film di guerra, nonostante il drammatico episodio raccontato esclusivamente dalla parte britannica, altrimenti è un film di reazionaria propaganda se non un'intensa opera su uomini che attendono, soffrono, si arrangiano, hanno paura, quando non si uniscono in nome dell'amor di Patria e della comunanza e vicinanza umana. Probabilmente è il prodotto di un nuovo (?), differente modo di fare Cinema, che mi risulta distante e freddo, quantomeno poco partecipe di quanto molto mostrato e poco raccontato, ma almeno onesto nel presentare un'idea, una visione registica, ovvero poco incline a certe “furberie” di certi kolossal o presunti tali. Io essenzialmente ritengo che una certa dose di furbizia nello scrivere, girare, montare e quindi raccontare sia necessaria nel momento in cui si sceglie di proporre un film al grande pubblico, poi sta al buon gusto, all'idea autoriale, all'onestà nei confronti dello spettatore dosare e scegliere quale e quanta furbizia utilizzare.


Non sono certo che ci sia un messaggio in quest'opera di Christopher Nolan, magari a lui non interessa inserirlo o trasmetterlo, per cui, di fatto, si differenzia da molti altri film di e sulla guerra, dove pacifismo, oppure denuncia di questo o quell'aspetto di un conflitto o di ogni conflitto, anziché approfondimento sull'aspetto tattico-militare o umano-relazionale, sulla componente civile o su quella in divisa, sui graduati o sui semplici soldati la fa da padrone.

Mi fa piacere avere visto Dunkirk, ma secondo me nel momento in cui Nolan ha messo mano a fatti reali, storici, anziché a storie completamente “sue”, o meglio a sua disposizione, ha risolto con una certa autoreferenzialità e con una involutiva prova di stile, poiché risulta differente da scrivere (facendosi aiutare) e dirigere un film su fatti inventati, dal proporre una storia originale ed in cui dare sfogo a creatività/estro/fantasia e pulsioni personali.

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