giovedì 7 settembre 2017

Vedere una donna

Egon Schiele. Due donne che si abbracciano, 1915. Museum of Fine Arts, Budapest

“Vedere una donna: solo per un secondo, solo nel breve spazio di uno sguardo, per poi perderla di nuovo, da qualche parte, nell'oscurità di un corridoio, dietro una porta che non ho il diritto di aprire -
ma vedere una donna, e sentire nello stesso istante che anche lei mi ha vista, che i suoi occhi si fissano su dime, interrogativi, come se dovessimo incontrarci sulla soglia dell'ignoto, questa frontiera oscura e malinconica della coscienza...
sì, sentire in questo secondo che anche lei si arresta, quasi dolorosamente interrotta nel flusso dei suoi pensieri, come se i suoi nervi si contraessero, sfiorati dai miei.
Suono, il boy dell'ascensore chiude la porta dietro di me, tengo la testa bassa mentre l'ascensore si ferma nella hall: per un istante la cabina è invasa dal calore e dal rumore, alzo gli occhi, di fronte a me c'è una donna, indossa un cappotto bianco, il suo viso è abbronzato sotto una capigliatura scura, pettinata all'indietro con rudezza maschile, rimango colpita dalla forza, bella e luminosa, del suo sguardo, e ora ci incontriamo, per lo spazio di un secondo, e provo l'irresistibile impulso di avvicinarmi a lei, un impulso ancora più aspro e doloroso di seguire l'immenso ignoto che si desta in me come un desiderio ardente e un invito -
Abbasso gli occhi e arretro di un passo. L'ascensore si ferma. Il boy apre la porta, la donna sconosciuta mi passa accanto con un cenno del capo appena percepibile - ”

(da “Ogni cosa è da lei illuminata”, di Annemarie Schwarzenbach – trad. Tina D'Agostini)



Nessun commento:

Posta un commento