sabato 30 settembre 2017

La solitudine di chi corre

Dai Belle & Sebastian a Tony Richardson.
Da Gioventù Amore e Rabbia a The Loneliness Of The Middle Distance Runner.


La canzone dei Belle & Sebastian “The Loneliness of the Middle Distance Runner” è quasi omonima del film di Tony Richardson del 1962 “The Loneliness of the Long Distance Runner”, in italiano “Gioventù Amore e Rabbia”.



Il testo della band pop-rock scozzese è un po' triste, non possiede la carica di ribellione e rabbia propria del film, che si inseriva nel filone del battagliero “free cinema”, che negli anni cinquanta e sessanta smosse le acque della cultura britannica.
Più propriamente ne è uno dei prodotti più belli e riusciti, in grado di entrare di diritto a far parte di una sorta di nouvelle vague del Regno Unito, che aprì la strada alla swinging London dei Beatles e allo svecchiamento della cultura britannica in teatro, letteratura e cinema.

Fu effettivamente meno brillante e radicale sul piano delle forme di quanto non sarebbe stata quella francese, ma certamente più solida nel rifiuto del conformismo perbenista e classista. Ebbene Gioventù Amore e Rabbia ha origine da uno degli scrittori più attivi nel periodo, Alan Sillitoe, che riuscì a trasferire nella sceneggiatura il furore proprio del suo duro e acre romanzo (qualche anno fa riedito da Minimum Fax).


Il regista Tony Richardson, coadiuvato dall'intelligente e benemerito lavoro dell'operatore Walter Lassally, che mette in atto un servizio asciutto, senza compiacimenti di sorta per una fotografia sporca ed impastata, crea intorno al personaggio centrale della storia, un giovane delinquente interpretato da Tom Courtenay, un ambiente tetro e sordido al limite dell'immaginabile.

Courtenay è Colin Smith, vissuto soffrendo all'interno di una famiglia che gli è sempre sembrata distante, così come la scuola e le istituzioni in generale. Si ribella, come volevano ribellarsi, ad ogni costo, gli esponenti del “free cinema”. Finito in riformatorio, nel momento in cui si rende conto, prende consapevolezza, reale, della propria realtà, privata e pubblica, di come stia andando incontro al destino deciso dalla società, emblematicamente impersonata dal direttore della struttura in cui è stato inserito, mette in atto una paradossale ribellione, rinunciando ad una fallace ed ingannevole gloria personale.



Il film, per quanto ad una visione odierna potrebbe sembrare datato, forse anche poco equilibrato a causa di un lungo flashback centrale e troppo distante dalle condizioni e situazioni, nonché delle posizioni di molti ragazzi di oggi, si mostra come un racconto con rabbia dei giovani proletari e dei precari di quegli anni, quando era ancora la fabbrica a formare la loro cultura e a nutrire la loro rivolta. Ora invece si nota tra i ragazzi una certa scarsità di visione ed idee, per non per parlare di ideali, schiacciati come sono, come siamo, da incertezza, precarietà, struggente e dannoso individualismo che altro non è che solitudine. Come si nota nel testo della canzone dei Belle & Sebastian. Per cui a rivedere, a ripensare al film di Richardson, si vorrebbe avesse dei corrispettivi nel cinema dei nostri giorni, non sempre totalmente in grado di cogliere la situazione e magari innescare vera consapevolezza, autentica presa di posizione e sana rabbia.

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