François Ozon
è
un regista che mi attira e spesso coinvolge attraverso i suoi film.
Sono
consapevole che sia una questione di preferenze, non solo in fatto di
cinematografia, perciò non mi meraviglia che alcuni, ad esempio la
mia compagna di vita, invece non apprezzino particolarmente Ozon,
soprattutto per una sua certa propensione a mettere in scena elementi
morbosi, che effettivamente tendono a far apparire morbosa buona
parte della sua opera.
“Nella Casa” non
fa eccezione, sia per l'effetto avuto su di me che per la componente
morbosa, non propriamente esposta ma presente. Lo vidi al cinema con
soddisfazione e mi piace in questa sede sottolinearne la brillantezza
con cui celebra la
forza del raccontare, il potere delle storie e della scrittura.
Lo
psicoanalista James
Hillman
sosteneva la necessità, per un efficace svelamento e sviluppo del
talento e delle capacità di un giovane, della presenza di un
mentore, la cui guida deve fungere da guidato riconoscimento. Il
regista francese, in questo film, partendo da tale spunto, esplora il
potere conturbante della scrittura, che da mezzo di riconoscimento di
se stessi e degli altri, può sfociare nella manipolazione
identitaria attraverso la propria e l’altrui falsificazione.
L'espediente
che veicola l'intera vicenda è, invero, non propriamente
originalissimo, ossia il rapporto privilegiato tra uno studente
meritevole, le cui doti non sono state ancora svelate e adeguatamente
conosciute, e un professore di lettere atipico quanto basta. L'uno
mentore dell'altro, nel rispetto dell'anagrafe e dei ruoli.
La
vicenda si sviluppa con classe e vira dalla commedia, a tratti
vivace, a elementi e spunti thriller, composti di seduzioni,
allusioni, tentativi di rivoluzione di ruoli e posizioni, con
drammatici esiti. A tal fine centrale è la figura femminile, moglie,
madre, frustrata come da abusato copione, ma essenziale per le
interpretazioni, dei caratteri e degli attori maschili. Un triangolo
che tende al quadrilatero, per rimanere triangolo e svolgersi su
rapporti binari, risolti o solo accennati.
“Nella
casa” è, fra le altre cose, una lucidissima
intellettualizzazione sull’ambiguità della scrittura,
con le solidissime basi di una sceneggiatura dotta, ma non
stucchevole o lontana dal grande pubblico, poiché anche lo
spettatore meno avvezzo a certi giochi di rappresentazione e di messa
in scena, può sentir vibrare le corde di una intelligente suspense.
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