“E'
vero, la bellezza di Esther facilitava le cose a tutti, perché così
nessuno doveva davvero guardarla. Creava una distanza di cui nessuno
si accorgeva veramente fino a molto tempo dopo. Ma nella mia famiglia
c'era anche un ragazzo che poi, crescendo, sarebbe diventato mio
padre. Mentre tutti gli altri amavano la bellezza di Esther senza
guardarla davvero negli occhi, mio padre vedeva tutta un'altra
persona. La Esther che voleva essere vista da mio nonno da dietro
quella macchina fotografica. E mio padre la odiava. […] Mio padre
vedeva solo la Esther spaventata, inquieta, imperfetta. La Esther dei
capricci. La Esther che si faceva venire certi attacchi fino a quando
compì sedici anni. Che dava in escandescenze rotolandosi sul
pavimento della cucina, urlando che le facevano schifo i suoi capelli
e tirando le scarpe addosso a Olivia”.
(da Esther Stories, di
Peter Orner, trad. Riccardo Duranti – Minimum Fax)
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