Titolo:
Autunno Tedesco
Autore:
Stig Dagerman
Traduttore:
Massimo Ciaravolo
Editore:
Iperborea - 2018
Un
libro non semplice “Autunno Tedesco” di Stig Dagerman, edito da
Iperborea.
Non
semplice, a tratti addirittura difficile da leggere, per quanto dice
e come lo dice, sebbene la scrittura sia brillante e curata, anche
grazie alla efficace traduzione.
Durante
l'autunno del 1946 il giovane giornalista svedese Dagerman viene
inviato dal suo giornale a compiere un viaggio nella Germania uscita
da circa un anno dal conflitto. Ne viene fuori una serie di
appassionati reportage, qui raccolti, che vanno oltre la semplice
visione di uno straniero in viaggio di lavoro, superano stereotipi e
frasi di circostanza, abbandonano facili semplificazioni per proporre
una riflessione etico-umanistica sul dolore, la sofferenza, la fame
ed il desiderio di un popolo, anzi di una serie di individui di ogni
età e condizione, di tornare a vivere.
Poiché
difficilmente si può considerare una vita degna di essere vissuta
quella che costringe al freddo, all'oscurità, all'umidità di
cantine e case distrutte. Una vita fatta di sacrifici e dolori, per
qualche patata o solo le bucce di patate, quasi imposta come
espiazione di una colpa collettiva. I tedeschi devono soffrire e
pagare per quanto fatto durante il nazionalsocialismo e la guerra.
Molti cronisti ed analisti abbracciano questa tesi, durante quel
periodo. Dagerman va oltre. Il suo compito è visitare le città
bombardate dagli alleati: Amburgo, Berlino, Hannover, Dusseldorf,
Essen, Colonia, Francoforte, Heidelberg, Stoccarda, Monaco,
Norimberga e Darmstad. Nel farlo non si risparmia e non risparmia al
lettore pressoché nulla. Nell’immaginario collettivo è
incredibile che qualcuno possa dire: “Si stava meglio quando c’era
il nazismo”. Eppure, quando un cittadino qualunque è costretto a
soffrire la fame, a non avere una casa, a non riuscire a mandare a
scuola i figli, è davvero possibile stupirsi di fronte a questa
affermazione? Dagerman con molta lucidità ribalta le convinzioni
comuni dell’epoca. Il mondo non si divide in bianco e nero, e lo
svedese riesce a dimostrarlo con una chiarezza disarmante, attraverso
descrizioni e riflessioni chiare ed efficaci, che giungono come
schiaffi sul viso del lettore, costretto a ragionare sul senso della
Storia, sugli aspetti dell'umano e dei sentimenti. Chiari i
riferimenti anche al Brecht de “L'opera da tre soldi”, in
particolare sulla questione della fame e della pancia vuota, ma si
procede ancora oltre, sempre di più ed implacabilmente, mettendo
alle strette anche il lettore di questa prima parte di 21° secolo.
Inoltre
in Autunno tedesco ci sono, implacabili, pagine dedicate alla farsa
grottesca della denazificazione: solo a Stoccarda devono essere
processate centoventimila persone.
“L’imputato ha sei testimoni pronti a sostenere la sua innocenza, testimoni che giurano di non averlo mai sentito esprimere opinioni naziste, testimoni che attestano di averlo visto ascoltare la radio straniera (tutti gli accusati l’hanno ascoltata) testimoni ebrei che l’hanno visto comportarsi umanamente con altri ebrei (tutti gli accusati hanno questo tipo di testimoni: costano circa duecento marchi l’uno)”.
“L’imputato ha sei testimoni pronti a sostenere la sua innocenza, testimoni che giurano di non averlo mai sentito esprimere opinioni naziste, testimoni che attestano di averlo visto ascoltare la radio straniera (tutti gli accusati l’hanno ascoltata) testimoni ebrei che l’hanno visto comportarsi umanamente con altri ebrei (tutti gli accusati hanno questo tipo di testimoni: costano circa duecento marchi l’uno)”.
L'ultima annotazione che propongo, ritenendola quantomai attuale, è sui valori su cui si fonda, o dovrebbe fondarsi, il nostro occidente, che, ricorda Dagerman, “consistono nel rispetto della persona anche se questa persona si mostra indegna della nostra simpatia, e nella compassione, ovvero nella capacità di reagire di fronte al dolore, sia esso meritato o immeritato”.
Nel 1946
furono molti i cronisti che accorsero in Germania per raccontare quel
che restava del Reich finalmente sconfitto, ma dal coro di voci si
distinse quella di uno scrittore svedese di ventitré anni,
intellettuale anarchico e narratore dotato di una sensibilità fuori
dal comune, inviato dall’Expressen per
realizzare una serie di reportage poi raccolti in un libro che è
considerato ancora oggi una lezione di giornalismo letterario. (da
iperborea.com)
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