Titolo:
Fiori
sopra l'inferno
Autore:
Ilaria Tuti
Editore:
Longanesi - 2018
A volte mi
capita di leggere libri contemporanei in cui i dialoghi risultano
finti, al limite dell'artefatto e dell'innaturale, facendomi chiedere
se esista veramente qualcuno che parli in quel modo, con una
stupefacente ricerca di vocaboli ed una particolare cura nella scelta
dei tempi e modi verbali. Sono d'accordo che la letteratura debba
cercare, almeno un po', di salvaguardare l'educazione di una lingua e
magari aiutare qualche lettore ad esprimersi in modo corretto, ma è
mai possibile che tutti i personaggi di un romanzo riescano a
dialogare tra loro come fossero usciti dall'Accademia della Crusca?
Nel caso di
“Fiori sopra l'inferno” questo non accade, dal momento che
i dialoghi sono molto vivi e reali, opportunamente dosati fra le
pulsioni umane concrete, le enfasi e cadute proprie di persone comuni
e la doverosa necessità di giungere alle “orecchie” di ogni
lettore. Il discorso è diverso per quanto riguarda le descrizioni
ambientali ed i passaggi di raccordo, dove invece ho notato un certo
eccesso di enfasi, probabilmente voluta dall'autrice Ilaria Tuti
proprio per evidenziare una comunque non disprezzabile distanza fra
il parlato ed il raccontato/rappresentato.
Al centro di
tutto c'è un bel personaggio femminile, Teresa Battaglia, una
profiler che tra le montagne del Friuli (molto
riconoscibili i luoghi descritti per chi li ha frequentati)
si trova a fronteggiare sia una serie di eventi drammatici legati ad
un passato angosciante che le sue problematiche fisiche ed emotive,
che rischiano di farla precipitare in una rischiosa condizione
psicologica . Questo aspetto, seppur qui ben esposto e oggettivamente
coinvolgente, personalmente comincia a venirmi un po' a noia.
L'ennesimo commissario dal passato cupo e misterioso, che si porta
addosso cicatrici e spigolosità di ogni tipo, burbero e brusco con
chi lavora e così via. Tutto vero, ma il fatto che Teresa
Battaglia sia una profiler ed una donna oltre i 50 dona una certa
originalità al tutto, il resto lo fanno i dialoghi e l'amore per
i luoghi e le psicologie dei personaggi. Un thriller che procede
molto serrato per due terzi abbondanti delle pagine, poi rallenta e
qualche passaggio è al limite del “telefonato”, del prevedibile,
anche se capacità di scrittura e solidità dell'idea non vengono mai
messe in discussione.
Il lettore,
superate le legittime riserve legate alla tipologia di protagonista,
una donna molto “vera” seppur su un solco già ampiamente
sfruttato, si gode la vicenda e in qualche modo si appassiona sia
alla sorte delle vittime che dei colpevoli che, quali testimoni così
come agenti dei fatti, donano un certo brio al tutto. Si perdonano
quindi alcune lentezze, si gusta il mix fra tensione, violenza,
tematiche sociologiche ed azione, con il desiderio, alla fine, di
saperne di più sui protagonisti e sull'ambiente.
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