Quando, poco
più di 20 anni fa, anche per me ed altri a me vicini iniziò la
rivoluzione del web, principalmente grazie alle sale
attrezzate nei laboratori universitari, ingenuamente buona parte di
noi credette (e cedette) all'illusione di un nuovo modo di
conoscere, sapere, trasmettere e condividere. La promessa di una
conoscenza più diffusa, più “libera”, qualunque cosa potesse
significare, anche se per noi sembrava chiaro. Una possibilità di
informarsi ed informare, di farsi un'idea, anche di studiare e farsi
conoscere. Perché no, anche l'ideale di una controinformazione, che
si opponesse ai canali tradizionali o anche solo dialogasse in modo
“battagliero” con la cultura dominante. Il miraggio di una
base, di una strada per diffondere nomi, fatti, dati, ragionamenti,
riflessioni e spunti che divenissero sapere controegemonico.
Chissà se
eravamo solamente ingenui oppure troppo accademici, a nostro modo
nuovi illuministi che credevano che quello strumento, il web, avrebbe
portato solo cose buone e positive, tanto da elevarci ed elevare
tutto e tutti ad una inedita ed entusiasmante dimensione, di
conoscenza e di condiviso progresso verso nuovi orizzonti culturali e
sociali. All'inizio sembrava effettivamente così, o almeno
pensavamo lo fosse, anche perché alle prese con i movimenti “no-new
global”, le tesi universitarie, i confronti su Noam Chomsky, Naomi
Klein e la voglia di progresso e di crescita sostenibile, di
condivisione di file musicali, di video e testi al di fuori delle
“gabbie” commerciali. Si potevano leggere ed ascoltare contributi
di studiosi, scienziati, storici, scrittori, professori ed altre
importanti personalità, anche solo per il gusto di poterne poi
discutere insieme e litigare con cognizione di causa, soprattutto
sapendo il più possibile di cosa si parlasse.
Già cominciavano a
sorgerci dubbi e perplessità quando ci rendemmo conto che spesso il
web era pieno e prodigo di altro, sotto forma di pubblicità varie,
notizie inventate, inviti a partecipare a “catene di messaggi” e
milioni di foto di gattini in bottiglia ed altre bestie. La cosa,
almeno dal punto di vista di chi scrive, ha preso una tragica e
grottesca deriva con la diffusione degli smartphone e la
disponibilità dei vari social network.
In buona
sostanza, allo stato attuale, Internet ed i social network, in
modo tanto repentino quanto sospettosamente sfruttato, sono riusciti
a sovvertire la nostra visione di allora. Hanno tolto gran parte
della loro autorità a coloro che una volta erano considerati degni
di essere letti ed ascoltati, tragicamente prendendo solo il lato più
negativo di una possibile rivoluzione, ovvero gettare tutto quello
che anche solo aveva parvenza di accademico, di elevato, di imposto
dall'alto. Ora i cosiddetti esperti, anche e soprattutto quelli
che lo sono veramente in virtù di studi, ricerche ed impegno
culturale e di conoscenza, non vengono più ascoltati, anzi
denigrati. Internet ed i social network hanno promosso e reso più
visibili i non esperti, i colpevoli ignoranti potremmo dire, quelli
che sfoggiano e si fanno onore del loro anti-intellettualismo, del
loro essere vicini alla “gente comune”. Come se l'ignoranza e
l'incompetenza fossero una virtù, persino un punto di forza, una
privilegiata condizione socio-politica. Questa spietata critica della
competenza, condita di “questo lo dice lei”, “ma dove sta
scritto”, “non è necessario essere laureati per...” e così
via, ha avuto conseguenze nel migliore dei casi ambigue, quando non
drammatiche e pericolose, poiché ha aperto la via all'ignoranza e
all'intolleranza. Ignoranza ed intolleranza di successo,
considerando lo spazio ad esse dedicato, le ospitate in televisione,
le foto sui giornali, nonché le dichiarazioni e comportamenti di
certi ministri e sottosegretari attualmente in carica.
Insomma la
critica della competenza ha innalzato a merito e vanto
l'incompetenza, l'ignoranza e l'intolleranza, propagate e diffuse
attraverso internet ed i social network, che si sono rivelati
strumenti delicati e vengono usati in modo opposto dal fornire una
base ed una possibilità per il sapere, il conoscere, la diffusione
del metodo scientifico ed il progresso collettivo e condiviso.
Nessun commento:
Posta un commento