sabato 13 luglio 2019

Internet, social network, ignoranza, intolleranza


Quando, poco più di 20 anni fa, anche per me ed altri a me vicini iniziò la rivoluzione del web, principalmente grazie alle sale attrezzate nei laboratori universitari, ingenuamente buona parte di noi credette (e cedette) all'illusione di un nuovo modo di conoscere, sapere, trasmettere e condividere. La promessa di una conoscenza più diffusa, più “libera”, qualunque cosa potesse significare, anche se per noi sembrava chiaro. Una possibilità di informarsi ed informare, di farsi un'idea, anche di studiare e farsi conoscere. Perché no, anche l'ideale di una controinformazione, che si opponesse ai canali tradizionali o anche solo dialogasse in modo “battagliero” con la cultura dominante. Il miraggio di una base, di una strada per diffondere nomi, fatti, dati, ragionamenti, riflessioni e spunti che divenissero sapere controegemonico.
Chissà se eravamo solamente ingenui oppure troppo accademici, a nostro modo nuovi illuministi che credevano che quello strumento, il web, avrebbe portato solo cose buone e positive, tanto da elevarci ed elevare tutto e tutti ad una inedita ed entusiasmante dimensione, di conoscenza e di condiviso progresso verso nuovi orizzonti culturali e sociali. All'inizio sembrava effettivamente così, o almeno pensavamo lo fosse, anche perché alle prese con i movimenti “no-new global”, le tesi universitarie, i confronti su Noam Chomsky, Naomi Klein e la voglia di progresso e di crescita sostenibile, di condivisione di file musicali, di video e testi al di fuori delle “gabbie” commerciali. Si potevano leggere ed ascoltare contributi di studiosi, scienziati, storici, scrittori, professori ed altre importanti personalità, anche solo per il gusto di poterne poi discutere insieme e litigare con cognizione di causa, soprattutto sapendo il più possibile di cosa si parlasse.


Già cominciavano a sorgerci dubbi e perplessità quando ci rendemmo conto che spesso il web era pieno e prodigo di altro, sotto forma di pubblicità varie, notizie inventate, inviti a partecipare a “catene di messaggi” e milioni di foto di gattini in bottiglia ed altre bestie. La cosa, almeno dal punto di vista di chi scrive, ha preso una tragica e grottesca deriva con la diffusione degli smartphone e la disponibilità dei vari social network.
In buona sostanza, allo stato attuale, Internet ed i social network, in modo tanto repentino quanto sospettosamente sfruttato, sono riusciti a sovvertire la nostra visione di allora. Hanno tolto gran parte della loro autorità a coloro che una volta erano considerati degni di essere letti ed ascoltati, tragicamente prendendo solo il lato più negativo di una possibile rivoluzione, ovvero gettare tutto quello che anche solo aveva parvenza di accademico, di elevato, di imposto dall'alto. Ora i cosiddetti esperti, anche e soprattutto quelli che lo sono veramente in virtù di studi, ricerche ed impegno culturale e di conoscenza, non vengono più ascoltati, anzi denigrati. Internet ed i social network hanno promosso e reso più visibili i non esperti, i colpevoli ignoranti potremmo dire, quelli che sfoggiano e si fanno onore del loro anti-intellettualismo, del loro essere vicini alla “gente comune”. Come se l'ignoranza e l'incompetenza fossero una virtù, persino un punto di forza, una privilegiata condizione socio-politica. Questa spietata critica della competenza, condita di “questo lo dice lei”, “ma dove sta scritto”, “non è necessario essere laureati per...” e così via, ha avuto conseguenze nel migliore dei casi ambigue, quando non drammatiche e pericolose, poiché ha aperto la via all'ignoranza e all'intolleranza. Ignoranza ed intolleranza di successo, considerando lo spazio ad esse dedicato, le ospitate in televisione, le foto sui giornali, nonché le dichiarazioni e comportamenti di certi ministri e sottosegretari attualmente in carica.
Insomma la critica della competenza ha innalzato a merito e vanto l'incompetenza, l'ignoranza e l'intolleranza, propagate e diffuse attraverso internet ed i social network, che si sono rivelati strumenti delicati e vengono usati in modo opposto dal fornire una base ed una possibilità per il sapere, il conoscere, la diffusione del metodo scientifico ed il progresso collettivo e condiviso.

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